Affitti alle stelle, famiglie in crisi Emergenza abitativa. Il sindacato inquilini denuncia i problemi di un settore in crisi: sfratti in aumento, coabitazioni forzate e pochi aiuti.
In città si parte da 600 euro al mese per un alloggio di medie dimensioni
IL SECOLOXIX
Affittare un alloggio medio a Savona significa spendere da 600 euro in su. Va peggio per gli inquilini dei centri costieri nei quali, tra attrattive turistiche e posizioni privilegiate, la somma - sempre di partenza - tocca nella maggioranza dei casi 700-800 euro mensili (il che significa 7.200 euro all'anno nel primo caso, e 8.400-9.600 nel secondo). Somme che in molte famiglie rappresentano un salario o uno stipendio.
Lavorare per poter pagare l'affitto. «Ma non solo - dice Carmelo Lauria, segretario del Sindacato provinciale inquilini Sunia - Sono sempre di più le famiglie, specie quelle più giovani, a rimanere escluse dal mercato che non fa che aumentare i prezzi, ignorando che la casa è un bene indispensabile e non un fatto speculativo».
Dell'emergenza abitativa savonese si è parlato a lungo al recente congresso provinciale del Sunia, il problema è all'ordine del giorno, con casi che vengono a galla quotidianamente. Storie che parlano delle coabitazioni forzate delle giovani coppie con altri parenti, dell'impotenza di istituzioni e sindacati inquilini a incidere nella realtà quotidiana, ma anche dell'estrema severità da parte della proprietà edilizia di fronte ai casi di morosità, e pure di contributi casa che arrivano con il contagocce.
«Per capire quanto sia penosa questa situazione - dice ancora Lauria - basta andare un mercoledì qualsiasi dell'anno in Tribunale a Savona, quando sono in calendario le udienze civili. Non si parla altro che di inquilini inadempienti e di cattivi rapporti con i proprietari, di situazioni limite, e quindi di richieste di sfratto. Un fronte sempre aperto, sul quale sono impegnati i nostri legali, i quali spesso combattono battaglie perse in partenza».
Essere esclusi dal mercato delle locazioni perché non si possono pagare 600 e più euro al mese, tuttavia, alla fine potrebbe valere qualcosa per ottenere una casa dal Comune, dalle Opere sociali o un alloggio di edilizia popolare da parte dell'Agenzia regionale per il territorio.
«Sono altre strade, ma anche queste tutte in salita - ribatte Lauria - perché in questi casi si tratta di immobili di risulta, ossia lasciati liberi per il decesso del precedente occupante. E si parla di un numero molto esiguo di case, quantità che spesso non risponde neppure lontanamente all'emergenza, l'unico dato che domina tutto il mercato. Per nuove case popolari ci vogliono programmazione e soldi da investire. Altre possibilità concrete? Non ne esistono».
Quindi ci sono famiglie, spesso composte da giovani coppie, che sono costrette a convivere con genitori o altri parenti, perchè non riescono a permettersi una casa loro. Né sul mercato libero, né di altro tipo. Ma non erano stati istituiti contributi dallo Stato, da distruibuire attraverso la Regione e quindi dai Comuni, proprio come strumento per superare le difficoltà dei nuclei familiari meno abbienti?
«L'ultimo contributo di questo tipo per l'affitto è stato erogato, per l'anno 2003, al 40 per cento del livello teorico del costo sostenuto per la locazione: se una famiglia con dimostrate difficoltà economiche ha speso in un anno 3.000 euro, il contributo per il 2003 è stato di 1.200 euro. La realtàè che su questa vera e propria emergenza sociale, le risorse sono andate assottigliandosi di anno in anno».

Angelo Verrando
16/02/2006