Perché i giovani d’oggi non “studiano” più come noi?  Perché si dedicano al calcio visto ed alle diavolerie elettroniche dove sono davvero bravi. Ma allora??
Confesso che discorso più presuntuoso, in comprensivo e sbagliato d’approccio non è possibile fare!

NEL GHETTO DI " AI MIEI TEMPI"

di Sergio Giuliani

Si riparla di scuola, ma certamente lontanissimi dallo spirito di don Milani.
Se ne parla poco convinti, più a “gossip” che per visione politica, più per accontentare e per giustificare chi legge che per convincere alla riflessione attiva e curativa.

Tutti ugualmente scontenti e poco creduli nell’insegnamento, rassegnati (genitori e docenti; forse anche i ragazzi!) ad un minimalismo sull’orlo di un baratro che si guarda per rabbrividire un poco e per giustificatamente astenersene.

Non dibattito, ma raccolta di lamentele, quasi uguali in fruitori diversi; c’è di che fondare un sindacato degli scontenti o, almeno, degli insoddisfatti.

Se ne riparla nel naufragio del morattismo (ma non solo donna Letizia è naufragata! C’è da grattarsi qualche rogna anche su pelle laica!), nell’assoluto buio di una “formazione” (o anche questo diritto è da rimuovere dalla Costituzione?) che, dove funziona, resiste soltanto per la qualità degli addetti; dove funzionerebbe (secondaria superiore, certo, nei limiti!) si propone di scardinarla con una licealizzazione scriteriata e furibonda che si vuol gabellare per premiante per sbarcare ad un’Università spesso senza risorse, senza attrattive per la carriera docente, inflazionata di iscritti e, quindi, poco capace a muoversi per obesità.

Se ne riparla, finalmente passate le fantasticherie spesso insultanti della Mastrocola, in due volumi appena editi che ho appena scorso, ma che mi sembrano di già viziati da un paradigma indiziario subito presente e che esprimerei, alla breve, così: “Noi studiavamo costretti qualcosa che, alla fine, riusciva poi a piacerci e ad interessarci: perché i giovani d’oggi non “studiano” più come noi?

 Perché si dedicano al calcio visto ed alle diavolerie elettroniche dove sono davvero bravi.  Ma allora??

Confesso che discorso più presuntuoso, in comprensivo e sbagliato d’approccio non è possibile fare!

Anch’io, mezzo secolo fa, sapevo, insieme all’aoristo di “lambàno”, la biografia di Fausto Coppi e tutte le sue vittorie,la formazione del “Torino” di Superga, i record dell’atletica etc etc. Sapevo un fottio di canzonette orecchiabili martellatemi in testa dalla radio; ancora adesso qualcuna affiora e mi costringe a canticchiarla, meravigliandomi io di quanta pattumiera non mi sia riuscito di liberare.

A dir certe cose, c’è il rischio di ghettizzare i ragazzi, di farli sentire diversi e di fondamentalizzare certe loro scelte che vanno discusse, corrette alla luce d’esperienza, ma mai negate. Si va a rischio di perdere il linguaggio d’intesa e di fare della comunicazione scolastica, indispensabile, ma non intoccabile nei mutati tempi sociali, una pappa decolorata ed indigesta.

Al solito, ci comportiamo male col passato, stra-valutandolo proprio perché si è fermato, come l’automobile di Sordi appena insultati i “lavoratori!” ed è, quindi, facile da raggiungere per ricavarne paratie.

No! Il passato è un gran tesoro, una gran miniera dinamica, però. Non è mai le tavole della Legge. Ciò che successe a noi non successe, se non in forma più rozza, ai nostri nonni e via così.

La scuola riceve ragazzi affinatissimi in certe abilità non da voto, ma non abituati (volevo dire “forzati”, ma non è il caso!) allo studio, alla riflessione critica da un iter familiare un poco gaudente, portato a risparmiare fatiche e corrivo nel proteggere dall’impegno. Poche le case coi libri che non siano evasivi, nulle le trasmissioni radiotelevisive su “cultura” e, quando vi siano, accuratamente evitate.

Scarsa, scarsissima (vedere i politici per credere!) la considerazione della scuola,che non prepara più al vivere civile per vuotaggine interiore o per gaglioffaggine degli alunni: ci penserà la “vita” (meglio, un parente “potente”!) alla formazione. Ecco il virus, diffuso in tutta la società; lo studio è noioso, non dà utili immediati nella nostra società: meglio le “tesine” già fatte (si fa per dire!) su internet.

E di questo avvento di una società edonistica e multileggera si darebbe tutta la colpa ai giovani, intanandosi nel ghetto di “Ai miei tempi” Bisogna smetterla!

Sergio Giuliani

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