Siamo uomini o topi?

L’unica cosa certa che la vivisezione garantisce è che milioni di animali - topi, pesci, uccelli, conigli, cani, gatti, maiali, scimmie - sono torturati senza pietà

di Antonella De Paola
 

Non c’è discussione sulla vivisezione che non si concluda con l’ affermazione secondo la quale la sperimentazione su animali è certamente crudele ma, visto che può salvare la vita a degli esseri umani, è un male necessario ed inevitabile.  

Tralasciando i molti dubbi morali che questo assunto solleva – se il fine giustifica i mezzi, perché allora non sperimentare anche sulle persone in coma irreversibile, sui condannati a morte, sui malati terminali…? -,  in realtà il sacrificio degli animali da laboratorio non solo NON è utile a salvare l’umanità ma, al contrario, ostacola il progresso della scienza. 

Lo affermano gli stessi vivisettori che, in numerose occasioni, hanno ad esempio giustificato l’immissione sul mercato di prodotti che avevano provocato malattie gravi negli animali da laboratorio, sostenendo pubblicamente che i risultati ottenuti sugli animali non possono essere trasferiti alle persone e non permettono di stabilire il minimo parallelo con l’Uomo.  

L’unica cosa certa che la vivisezione garantisce è che milioni di animali - topi, pesci, uccelli, conigli, cani, gatti, maiali, scimmie -  sono torturati senza pietà: privati della libertà, isolati, devocalizzati per impedir loro di lamentarsi, avvelenati, ustionati, accecati, affamati, mutilati, congelati, decerebrati, schiacciati, sottoposti a scariche elettriche attraverso elettrodi conficcati nel cervello, infettati da virus e batteri mortali e vittime di tante altre amenità del genere. Il tutto compiuto senza anestesia nel 63% dei casi e in anestesia parziale nel 22% dei casi (dati inglesi). 

Il fatto è che ogni animale – non solo ogni specie, ma ogni singola razza e persino ogni singolo soggetto - reagisce al medesimo esperimento in maniera diversa. Talvolta in maniera così diversa da fornire risultati completamente contradditori e quindi del tutto inutili per una ricerca seria. 

Ad esempio, la stricnina è innocua per la scimmia; la morfina è eccitante su cavalli e gatti e provoca convulsioni nei topi; la cicuta è digerita senza problemi da capre, pecore, cavalli e topi; l’ amanita falloide non è in alcun modo tossica per il coniglio; la diossina è innocua per il criceto, poco tossica per il cane, parecchio tossica per conigli e scimmie, estremamente tossica per il porcellino d’India. Ciò che è letale per un animale giovane può essere tollerato dallo stesso animale adulto; ciò che è intollerabile per una femmina può non esserlo per un maschio; ciò che è dannoso ad un animale in isolamento può non esserlo per lo stesso animale a cui viene permesso di vivere in gruppo. I risultati dell’esperimento cambiano persino a seconda del tipo di alimentazione somministrata. 

Al contrario l’insulina, indispensabile per i diabetici, provoca malformazioni in galline, topi e conigli; l’aspirina uccide i gatti;  la penicillina è letale per le cavie; i beta-bloccanti, farmaci principe nel trattamento dell’ipertensione, sugli animali non funzionano... 

E’ evidente quindi che i risultati ottenuti attraverso la sperimentazione su “modello animale” (ma quali? quelli sulle cavie o quelli sui conigli? quelli sui cani o quelli sulle scimmie?) non sono in alcun modo predittivi di ciò che sarà la reazione umana. Forse saranno gli stessi, forse simili, forse diametralmente opposti. Se l’Uomo reagisce come un topo, come un gatto o come una scimmia lo si saprà solo dopo che la sostanza sarà stata sperimentata sull’Uomo stesso.  

L’inconsistenza scientifica di questa metodica è dimostrata anche dal fatto che nei soli Stati Uniti le malattie iatrogene provocano il decesso di 100.000 persone all’anno, ponendosi al quinto posto nell’elenco delle cause di morte. In Italia, poi, in undici anni sono stati ritirati dal commercio oltre 22.000 farmaci che, dopo essere risultati efficaci nel corso di anni e anni di sperimentazioni su animali, si sono rivelati poi inutili o dannosi sull’essere umano. 

I ricercatori sottolineano come la sperimentazione su animali abbia in molte occasioni favorito la ricerca ma “dimenticano” di dire che, in altri casi, la medesima sperimentazione ha rallentato o addirittura deviato il corso della ricerca.  

Ad esempio, l’effetto cancerogeno dell’amianto, già individuato nel 1907, nel 1965 veniva ancora negato dal mondo scientifico poiché non dimostrato dagli esperimenti in laboratorio. E, in effetti, i danni provocati dalla sostanza sono stati alla fine riconosciuti in virtù delle prove cliniche raccolte negli anni successivi e NON grazie alla vivisezione.  

Allo stesso modo, il fumo di sigaretta ha continuato ad essere venduto in maniera incontrollata solo perché gli animali non ne confermano la tossicità. Tutto quello che sappiamo sul cancro ai polmoni e sulle altre malattie correlate al fumo è stato infatti scoperto grazie a studi epidemiologici e clinici e NON attraverso la vivisezione. Malgrado ciò, gli esperimenti su animali per valutare i danni da nicotina continuano ancor oggi (su commissione delle multinazionali del settore) e sono esperimenti che prevedono la costrizione di cani e scimmie su sedie-trappola dove i poveri animali sono costretti ad inalare fumo di sigaretta, attraverso maschere o cannule inserite nella gola, o dove devono sopportare l’applicazione di elettrodi nel pene per studiare l’effetto sulle performance sessuali. 

Ma se la sperimentazione su animali non serve, perché continua ad essere fatta? 

Il motivo principale è che gli animali possono dimostrare tutto e il contrario di tutto. Questo è estremamente utile alle industrie che, a seconda delle necessità, possono utilizzare i dati ottenuti per far ciò che fa loro comodo: da una parte possono documentare l’efficacia e l’innocuità di questa o quella molecola ed ottenere così l’autorizzazione a vendere i loro prodotti (questo spiega, ad esempio, come mai esistano in commercio 13.000 diversi farmaci quando l’OMS ne ritiene realmente utili solo 400); dall’altra possono garantirsi un’ottima tutela giuridica in caso di contenzioso per danni subiti dai consumatori: basta tirar fuori dal cassetto il fascicolo relativo alla sperimentazione sull’animale che torna comodo allo scopo ed il gioco è fatto.  

Un’ altra importante ragione alla base del perdurare di questa obsoleta ricerca è che gli esperimenti su animali favoriscono la carriera universitaria, il superamento di concorsi, l’ottenimento di posti di prestigio ed i facili guadagni. Un esperimento su animali, per quanto inutile ed insignificante, garantisce infatti citazioni e pubblicazioni sulle riviste specializzate, cosa altrimenti molto più difficile, e quindi facili avanzamenti di carriera.  

I vivisettori ricevono infine cospicui stipendi dalle multinazionali per le quali lavorano e per le quali essi sono ovviamente disposti a dimostrare quanto il loro datore di lavoro richiede.  

Ed è così che “il crimine più nero di tutti i crimini commessi dall’Uomo”, per usare le parole di Gandhi, anziché essere severamente condannato, continuerà per molti anni ancora ad essere impunemente perpetrato in nome di un genere umano che di “umanità”, anche in questo caso, sembra proprio non possedere traccia.

Medici e ricercatori anti-vivisettori possono dare un contributo a cambiare le cose aderendo a:

Comitato Scientifico Antivivisezionista

www.antivivisezione.it 

Antonella de Paola