TESTIMONIANZA DA GAZA
Pubblichiamo questa testimonianza diretta della delegazione italiana in  Palestina con l' europarlamentare Luisa Morgantini, tra cui sono presenti  due "donne in nero contro la guerra di Savona".

di
Luisa Morgantini

inviato da  Mirella De Luca

Stiamo tutti bene, provati dall'esperienza del sequestro di Alessandro, ma  ancor piu provati da quello che abbiamo visto in questi giorni a Hebron,  Betlemme, Gerusalemme, Kalandia. La crescita infernale del muro i nuovi  avamposti colonici tra Betlemme e Hebron. Ma Gaza ci ha provato per la difficile situazione interna.
Siamo andati a Gaza perche` ho chiesto all` Unrwa di coordinare la nostra  entrata con gli ufficiali israeliani del check point di Eretz.
Siamo  stati al campo profughi di Jabalia dove abbiamo avuto una ventata di  speranza per il lavoro straordinario nel campo dell`educazione dei  ragazzi e ragazze dei campi e poi a visitare gli uffici dell` Unrwa preposto dalle Nazioni Unita all`assistenza ai profughi.

 La sera di capodanno l`abbiamo trascorsa al Marna House, delizioso albergo con giardino nel pieno centro di Gaza, lo avevo scelto quello perchè, l`albergo e situato al centro e quindi più sicuro.
Ma  soprattutto l`avevo scelto, a parte il prezzo abbordabile da un gruppo  come il nostro, perchè durante la prima Intifadah era l`unico albergo  aperto a Gaza e gestito da due donne fantastiche, Malika e Yala, adesso sono molto anziane e sono  il nipote con la moglie che gestiscono ristorante e albergo. Serata tranquilla, bevuto anche spumante, malgrado il divieto vigente a Gaza. La mattina quando ci siamo svegliati abbiamo  saputo che uomini armati avevano invaso il Club delle Nazioni Unite dove  vendevano alcool e messo due bombette fuori. Non so davvero se questa sia la vera ragione.

 Siamo partiti per Khan Yunis dove ci aspettavano Nahida e Tahani Abu  Dakka, abbiamo potuto vedere ben poco, abbiamo fatto un interessante e  vivace riunione con candidati e sostenitori (tra loro molti giovani)della  lista chiamata della Terza Via, capeggiata da Salam Fayyad e Hanan  Ashrawi.

 All`uscita del palazzo mentre alcuni erano  già sul nostro autobus, Alessandro,  Raffaella e altri si sono attardati sull` angola aspettando che io terminassi  di salutare i nostri ospiti, a quel punto e arrivata una jeep,  sono scesi di furia alcuni uomini armati e mascherati che con i loro  fucili hanno cominciato a sparare in aria.  Uno di loro si è precipitato verso Alessandro che era quello più a portata di mano e lo ha ficcato  di forza dentro la jeep.

 Non abbiamo perso la calma, siamo risaliti e per fortuna alcuni  palestinesi hanno riconosciuto a chi apparteneva il gruppo che aveva  sequestrato Alessandro.  Sono cominciate trattative frenetiche, nel  frattempo si era sparsa la voce che Alessandro faceva parte del gruppo di  Luisa Morgantini e piovevano telefonate da tutti, ministri, polizia, e  poi e amiche e gli amici di molte di noi. C'e stata molta solidarietà e  da parte di tutti. Tutti tendevano a tranquillizzarci e il generale  palestinese ha promettere che ce lo avrebbe riportato. Volevano  trasferirci nel posto di sicurezza di polizia, ma ho rifiutato dicendo  che mi sentivo piu sicura in quel palazzo al settimo piano, perchè era  proprio tra vari poliziotti che c`erano gli scontri.
I rapitori sono di un gruppo conosciuto a Khan Yunis, alcuni di loro pare  facciano parte delle forze di sicurezza di Dahlan, o almeno cosi si  vocifera.

 A parte la criminalità comune alcuni sostengono che in realtà si vuole  da parte di vecchi centri di potere non permettere le elezioni e che le  faide riguardano lotte interne a Fatah.

 In realtà oggi a Gaza il problema della sicurezza dei cittadini e`  fondamentale, tutti hanno paura dei piu' forti e di quelli armati che  dettano legge, crescono anche le faide familiari, le vendette, i furti.

 Sicuramente 38 anni di occupazione militare hanno pesato, ma ovviamente  le scelte che si fanno dipendono dai singoli o dai movimenti.

 Ripeto, anche dopo questa esperienza, quello che dico sempre: la maggiore  responsabilità ricade sulla comunità internazionale e sui nostri governi  che non sanno imporre al governo Israeliano il rispetto delle regole  internazionali.  Malgrado le promesse non ci sono investimenti a Gaza,

 Gaza la cittadina di Sderot in Israele. Un'altra  forma suicida perchè la  non c`e liberta di movimento a parte le possibilità, comunque  controllata, di uscita da Gaza. Le merci ancora non passano da Karni  crossing e i pomodori dei contadini rimangono invenduti, cosi come le  altri merci. Sopratutto continua la costruzione del muro e la crescita  degli insediamenti.

 Naturalmente continuano anche i razzi che cercano di colpire dal nord di  risposta di Israele sono i bombardamenti sui villaggi di Beitlahia e  BeitHannuon, lo abbiamo sentito ieri sera mentre stavamo andandocene alle  nove di sera da Gaza, rimbombi fortissimi e pensavamo a quante case  ancora venivano schiacciate o quante strade  distrutte e quanti  palestinesi potevano essere uccisi. Tra le persone che abbiamo incontrato  tutti considerano sbagliato tirare rockets su Israele ma molti hanno paura di   esprimersi nella  situazione di violenza interna che si e creata e lamentano, giustamente una mancanza di direzione dell`autorità palestinese.
Alessandro sta bene, e` un po` spaventato ma abbiamo convenuto che nella  conferenza stampa avremmo detto quello che pensiamo e cioe` che queste  azioni di criminalita servono gli interessi di chi non vuole la pace e la  stabilita per il popolo palestinese, ma che non saranno per un noi un deterrente per continuare a pensare e ad agire per la fine dell`occupazione militare israeliana e per una soluzione che veda due  popoli e due stati coesistere in sicurezza con Gerusalemme capitale  condivisa. Dura da crederci, ma andiamo avanti.

 Oggi il gruppo continua, Teresa e Alessandro si prendono una giornata  insieme  mentre  il nostro gruppo andrà al Kibbutz Metzer, e poi a  vedere l`orrore del  muro di Qalkilia e alla fine a Jaffa. Grazie a tutte quelle e quelli che hanno mandato sms o telefonato.
La  vostra vicinanza e` importante, le donne che sono nel gruppo stanno bene e  si mescolano con i giovani, era una cosa che mi premeva molto.

 Ad ogni buon conto ieri e` stata  dura, soprattutto quando siamo arrivati  a Eretz e ci hanno detto che il check point era chiuso. Telefonate  frenetiche anche con il nostro consolato e poi alla fine siamo passati.

 Quando sollevati, stavamo per passare dalla parte israeliana, in attesa  che si aprisse il cancello c'era una anziana donna palestinese  che  accompagnava il marito, ultraottantenne e invalido su una sedia a  rotelle, all`ospedale Maqassed.  I soldati non volevano fare passare la  sedia a rotelle e il vecchio non poteva camminare e comunque gli sarebbe servita la carrozzella anche dall’altra parte. Ho detto a tutti che non  saremmo passati senza che passassero anche loro, tutti d`accordo e la  rabbia di tutti cresceva. Altre telefonate frenetiche per fortuna avevo  il telefono di un ufficiale israeliano, l`ho chiamato e messa tutta su un piano umanitario, che ero sicura che lui non lo sapesse, se però poteva  fare qualcosa, attese e e attese mentre la voce del soldato  dall`altoparlante urlava che dovevamo entra dalla linea uno ed io a dirle  no, guarda questo vecchio potrebbe essere tuo nonno, noi non ci muoviamo  fino a quando non entrano loro. Insomma non vi dico tutto dopo tante  attese e telefonate alla fine arriva l`ordine che il vecchio con la sedia

 a rotelle poteva entrare. E` stato un momento di commozione per noi  tutte/i. La signora anziana mi ha abbracciata, ed io mi sono sentita male  perche` ancora una volta un suo diritto doveva essere implorato e accolto solo perche` qualcuno si trovava li. Ma comunque e` stato utile,  naturalmente i soldati hanno voluto cancellare dalle macchine  fotografiche le foto che avevamo fatto alla coppia palestinese, ma siamo  riusciti a salvarne qualcuna. Quando sono arrivata dall` altra parte e`  venuto l`ufficiale responsabile in quel momento ad Eretz spiegandomi che  non era colpa loro, ma dei palestinesi perche` quando avevano chiesto il  permesso di transito per il signore anziano non avevano specificato il  bisogno della sedia a rotelle e fare passare una sedia a rotelle poneva  problemi di sicurezza. In quel caso comunque più che le mie parole il mio  sguardo lo ha zittito. Finito l`iter siamo usciti,  il fedele Mike ci  stava aspettando felice di quello che era successo con la coppia di  anziani, li aveva visti e la donna gli aveva raccontato tutto, ma non  finisce qui. Mike mi dice "Luisa, adesso però c`è un altro problema" e  mi indica una donna con tre ragazzi, uno di loro talassemico, non li  vogliono fare entrare perche il check point e` chiuso, se non entrano dovranno passare la notte  all`addiaccio. Confesso, per un attimo mi sono  detta no, non ce la faccio a tornare indietro e ricominciare a discutere  con i soldati, gli ufficiali. Poi l`ho fatto, sempre con il tono  implorante di casi umanitari. Non so perchè ma ha funzionato, ero  terrorizzata dall`idea di dover restare altre ore ad attendere e  soprattutto di fallire.  Ho dato ai bambini il cioccolato e il torrone che  avevo portato e che dopo il sequestro non avevo fatto a tempo a dare al  bambino di Lama Hourani. E li ho abbracciati e baciati anche per mostrare  ai soldati israeliani dove stavamo. Non ho tempo per raccontarvi di più spero lo faranno le altre e gli  altri del gruppo.
Insomma, il nostro impegno per una pace giusta in Palestina e Israele è sempre piu urgente e necessario.

 Un abbraccio

 Luisa Morgantini