FOGLI MOBILI 

La rubrica di Gloria Bardi

Un’OVVIETA’
per niente OVVIA.

“Su cose che coinvolgono problemi etici ognuno deve votare secondo coscienza”.

Sembrerebbe un’ovvietà, un’affermazione talmente scontata da sembrare quasi superflua e invece asserisce qualcosa di inaccettabile, che chiama in causa il rapporto tra etica e politica, tra i concetti di “buono” e di “giusto”.

Nel mondo classico, e anche in quello medioevale, i due concetti convergevano in ragione del comune fondamento metafisico; la separazione tra essi è invece un portato del pensiero moderno e della nuova accezione della politica che vi si accompagna.

Elaborato da un mondo che, uscito dalle guerre di religione, ha trovato sponda nel concetto di tolleranza prima e di uguaglianza dei diritti successivamente, tra cui il diritto di pensiero, di parola e di pari chances di realizzazione.

Dopo le derive totalitarie, tali principi hanno informato da Dichiarazione dei Diritti universali e i testi Costituzionali. In particolare, per quanto riguarda la nostra, l’art. 3. 

Si tratta dell’annoso tema dell’uguaglianza che, coniugandosi con la libertà,  deve conciliarsi con il rispetto della differenza, dell’uguale diritto a esprimere la propria specificità, relativamente interpretabile come diversità (ogni identità è “differenza da”). 

Ora, se l’etica resta il terreno dei riferimenti assoluti, ovvero il territorio del bene, la politica, chiamata a formulare leggi cui tutti sono sottoposti, diventa il terreno della compatibilità sociale.

Essa non si propone di realizzare il bene sposandone una delle diverse ideologie e dando luogo a uno stato etico, ma di rendere esprimibili e compatibili le diverse idee di vita buona che figurano tra i suoi membri, ponendo divieti solo dove non si dia “compatibililità” sociale.

Per usare un linguaggio lockiano, dirò che non si può “tollerare” ciò che conduce all’impossibilità della convivenza: non si può legittimare il furto, ad esempio, né l’assassinio arbitrario dei membri della società.  

Inoltre, i valori che la politica deve difendere non possono fondarsi su argomentazioni metafisiche o autoritative (testi sacri) o ideologiche ma su riscontri empirici, perché solo i riscontri empirici sono “sotto gli occhi di tutti” e quindi di universale riscontro.

Le questioni relative all’embrione, ad esempio, poggiano su argomentazioni di primo tipo, che, non essendo evidenti, implicano un’adesione volontaria, come tale libera e incoercibile.     

Torniamo ora alla nostra frase iniziale:

“votare secondo la propria coscienza” significa confondere il proprio mandato politico con un mandato etico, su cui si erge il tribunale morale della coscienza personale.

Il politico non deve domandarsi se il contenuto della legge che si accinge a votare corrisponde alla sua idea del bene ma se esso va ad aumentare o diminuire il tasso di armonia sociale, se aumenta o diminuisce il livello di compatibilità tra le parti che costituiscono quell’insieme che si chiama società. 

Poi non interessa se il parlamentare tal dei tali si varrà o meno della legge, se l’aborto o la fecondazione assistita corrispondono alla sua idea di bene, ai suoi riferimenti assoluti e irriducibili: non è come “uomo etico” che egli vota ma come “uomo politico” chiamato a operare per la convivenza di una società pluralista, comprensiva di etiche diverse.  La domanda quindi non va formulata rispetto al bene ma rispetto al “giusto”, ovvero al socialmente compatibile e fattore di compatibilità sociale.

E si badi che qui non si tratta di maggioranza o minoranza: la libertà e i diritti ad esprimersi non sono riducibili in nessun modo e non c’è prepotenza del numero che tenga.  

La vera democrazia, si sa anche se nella prassi spesso lo si dimentica, si caratterizza dal rispetto per la possibilità di esprimersi della minoranza, diversamente è dittatura del numero.

Il politico che vota non si assume la responsabilità del paradiso e dell’eterno, ma solo quella, enorme, del meglio possibile.

Ecco l’aspetto fondamentale della laicità, senza di cui si cade nello stato etico, nell’autoritarismo morale prefigurato, nella versione democratica della società, in quell’apparentemente angelico “voto secondo coscienza”.

 Gloria Bardi

   www.gloriabardi.blogspot.com