Una rubrica sulla bioetica a cura della Dr.ssa Bardi BIOETICA CHERCHEZ LA FEMME |
E' possibile scrivere all'Autrice di questa rubrica ed intervenire inviando una email a : collaborazioni@truciolisavonesi.it, oggetto: Bioetica in calce all'articolo A leggere storia, sorprende come la donna, che siamo abituati a riconoscere nelle virtù della passività, quali la pazienza, la mansuetudine, il sacrificio, l’obbedienza, faccia breccia, al contrario, nei territori della disobbedienza, da Antigone alle eretiche e streghe medievali alle rivoluzionarie alle resistenti alle donne in nero. A iniziare da Eva. Ora, la disobbedienza appare spesso come la rivendicazione del concreto contro l’astratto, che tende a presentarsi come “dogma”proprio in quanto intangibile, sottratto alla terra e al divenire, e ciò in tutte le figure ideologiche, politiche, economiche che esso viene assumendo. Tali soprattutto le istituzioni religiose, territorio privilegiato del dogma, del trascendente e, non a caso, dell’anti-femminile. E quando la donna viene coinvolta nella dimensione religiosa, ciò avviene in maniera legata al corpo e, per ciò stesso, religiosamente spuria, ambigua: dalla dea terra ai baccanali dionisiaci ai culti oracolari, dove la donna si fa corpo alla voce del dio, al misticismo delle sante, di cui è nota la lettura in chiave erotica, alle allegorie erotiche del Cantico dei Cantici, alla madonna, in cui Dio prende corpo.
Astrazione, trascendenza e imposizione procedono di pari passo nel mondo progettato al maschile. L’assoluto, di tutto ciò parente, è generatore di obbedienza, di imperatività sia che si configuri come teologia, sia che si configuri come scientismo o imperativo tecnologico. Ribellarsi all’astratto coincide così con la pietà che passa attraverso la terra e il corpo, il desiderio e il dolore. Grande, salutare e misconosciuta la sapienza del desiderio e dolore! Proprio per la sua familiarità col corporeo, la donna è distante da riferimenti assoluti: nulla è meno assoluto del corpo, per sua stessa natura natale e mortale. E si tratta soprattutto della familiarità con i limiti che segnano la vicenda corporea: il nascere e il morire.
A chi appartiene questa familiarità se non alla donna? La donna da sempre si occupa dell’alimentazione, dell’igiene, dell’assistenza durante le malattie e la vecchiaia, della stessa cura del cadavere. La donna è costretta a prendere contatto col proprio sangue mestruale. La donna, durante il rapporto sessuale, accoglie liquidi seminali e conosce il piacere in zone del profondo. La donna vive nel proprio corpo la generazione. Allatta. Abbraccia. Accarezza. Il suo è il corpo dell’accoglienza, e non della contrapposizione. La donna mutua dal proprio stesso calendario biologico una temporalità ciclica, che si affianca a quella lineare e verticale, tipicamente maschile. L’uomo compensa in termini legali, e quindi culturali, primariamente tramite il cognome, la deprivazione fisica rispetto alla generazione. La donna trova nel senso della vita una dimensione allargata del prossimo, capace di valicare le angustie dell’antropocentrismo. L’uomo è nomos, laddove la donna è bios. E tali ruoli sono complementari, fintanto che non diventano antagonisti.
Il pensiero della differenza, subentrato al femminismo, ci porta a identificare un punto di vista di genere in tutte le dimensioni del conoscere e dell’agire: dall’economia alla scienza alla filosofia alla storiografia alla politica etc. E certo il punto di vista femminile non è stato quello attraverso cui il mondo si è ufficialmente pensato e ufficialmente si pensa.
Per quanto concerne la medicina e la sua storia, non è un caso che sia stata proprio una donna a pensare alla “terapia del dolore”, a “disobbedire” al dolore, rendendo chiara la differenza che corre tra cura e guarigione, portando la medicina oltre i confini del suo fallimento: anche del morire ci si può prendere cura, non esistono malattie incurabili anche se vi sono malattie inguaribili. In lingua inglese, a differenza di quanto accade in italiano, vi sono due termini distinti per indicare l’assistenza verso il malato: cure (terapia bio-medica) e care (assistenza umanizzata). Anche l’affettività come tratto primariamente femminile, deve poter giocare un ruolo fondamentale nella medicina, sapere che si esercita all’interno di un rapporto empatico medico-paziente e che richiede la capacità di “incarnare” in quest’ “uomo qui” le previsioni scientifiche, aperti alla possibilità di ricevere una risposta non codificata. La validazione scientifica in medicina umana e animale non è mai, infatti, del 100%, in quanto deve sempre tener conto dell’imponderabile legato alla differenza individuale. La repulsione femminile per l’astratto appare quanto mai rispondente alla necessità di un recupero umanistico dell’arte medica, capace di collocare la malattia all’interno di un contesto biografico e narrativo, individuale e culturale, in prospettiva “olistica”(capace di guardare all’uomo nella sua totalità),che rappresenti una possibilità di recupero rispetto alla tendenza specialistica che procede anatomizzando e spersonalizzando e all’imperativo tecnologico che affida la diagnosi alle macchine e prescinde dal contatto fisico.
C’è da sperare che le donne che la esercitano sappiano valorizzare la femminilità del loro approccio e astenersi dal ricalcare gli schemi semplicemente appresi dai maestri. C’è da sperare che gli uomini sappiano porsi in posizione di apprendimento rispetto alla sapienza del femminile.
La donna, per quanto detto, è inoltre particolarmente incline a interpretare le esigenze di convivenza proprie della nostra società multiculturale, che solo nell’attenuazione dell’universalismo normativo, frutto dell’astrazione, a favore di un maggiore senso della complessità, di un maggiore senso di realtà, di un profondo senso della differenza, della capacità di gestire rapporti di fratellanza, che il punto di vista assolutizzante, da sé solo, non è in grado di fare. La capacità di cogliere il mondo al plurale, di dar ragione di un’uguaglianza pensata non come uniformità ma come uguale diritto alla differenza; dove la natura stessa possa essere pensata al plurale se al plurale si presenta: ed è il caso, ad esempio, del riconoscimento dell’omosessualità.
La donna può rappresentare un volano di cambiamento in tutti i settori ma ciò sarà difficile che possa avvenire fintanto che il fatidico “tetto di cristallo” la renderà molto presente alla base ma molto assente ai vertici, dove si decide, dove si stabiliscono le regole del mondo: molte le donne medico ma pochissimi i primari e questo vale per tutte le professioni. E questo vale per il terreno d’eccellenza del decidere collettivo: la politica. Fintanto che avremo un Parlamento maschile al 90%, si tratterrà di un Parlamento in difetto di rappresentanza, come troppe leggi “sulla pelle delle donne” dimostrano. La politica capace di farsi permeare dall’intelligenza femminile può e deve divenire non il terreno della spada, della colpa, dell’afflizione e della negazione ma della convivenza tra diverse dignità: il terreno dell’armonizzazione dei desideri, della massimazione del tasso complessivo di soddisfazione, della riduzione del tasso complessivo di sofferenza: dell’attivazione solidale delle reciproche responsabilità. Politica permeata dal principio di maternità.
la posta della rubrica di bioetica 30 maggio 2005 Le invio una lettera spedita al giornalino per ragazzi "il messaggero di Sant'Antonio", cui avevo abbonato le mie figlie.La lettera e' una critica ad un articolo, firmato Fra Simplicio, apparso sul "messaggero" contro la clonazione.La redazione del giornalino ebbe l'onesta' di pubblicarla. Saluti. Franco Tadiotto Genova in conclusione: reputo la difesa del darwinismo, dell'evoluzione, della clonazione, della ricerca, ecc. contro l'ignoranza, una battaglia di retroguardia. Caro Fra Simplicio intervengo circa una risposta sulla clonazione pubblicata sulla tua rubrica. Devi sapere che ogni cellula vivente contiene, nel suo nucleo, tutte le informazioni per essere la totalita' dell'individuo. Per esempio, la cellula muscolare contiene le informazioni per essere cellula epatica, renale, ossea...ecc. Solo che in qualche modo, queste parti del DNA non vengono lette e la cellula muscolare resta e si duplica come cellula muscolare; cosi' per le cellule del tessuto nervoso, osseo ecc. Ci sono forme cancerogene in cui le cellule di un tessuto, nervoso per esempio, cominciano a riprodursi o a deformarsi in cellule di tessuto diverso. Ritornando alla clonazione, cioe' alla riproduzione di un individuo animale (in ambito vegetale questo e' gia' alla portata di tutti gli agricoltori) a partire da una cellula, si puo' affermare che la conoscenza di questi fenomeni potra' tornare utile anche per la comprensione e la cura del cancro e dunque non e' vero che gli scienziati perdono tempo dedicandosi a queste ricerche. Una volta capito come fanno le singole cellule a leggere solo l'informazione genetica per il tessuto in cui sono inserite, potremmo impedire che le cellule sane si trasformino in cancerogene ecc. Portando alle estreme conseguenze questo discorso, e' pensabile arrivare anche alla clonazione del singolo organo, cuore, fegato, rene, senza passare per l'individuo completo, cosi' come potrebbe essere possibile coltivare i prosciutti, i quarti di bue ecc., eliminando la macellazione. Si dice che la scienza non e' cattiva; puo' essere cattivo l'uso che se fa. "E tutto porta alla rivelazione." Genova 9/12/93 Franco Tadiotto Nella mia precedente e-mail, con il testo della lettera inviata al "Messaggero dei Ragazzi", dove elenco i vantaggi, ancora solo teorici, che l'ingegneria genetica portera' all'uomo, lettera che, con molta onesta', i frati di Padova hanno pubblicato sul loro giornale (a pagina 4 del ME.RA n° 8 del 2 aprile 1994), concludo auspicando una strategia contro l'ignoranza del "volgo". La scuola ha fallito. Jules Verne, nel suo libretto "Parigi nel XX secolo), afferma che aver alfabetizzato la totalita' della gente, non ha promosso la lettura e il piacere dello studio. Testualmente nella prima pagina, capitolo "Societa' Generale di Credito Istruzionale" scrive: "A furia di moltiplicare le succursali dell'Universita', i licei, i collegi, le scuole elementari, i convitti cristiani, i corsi preparatori, i seminari, le conferenze, gli asili, gli orfanotrofi, una istruzione sia pur minima aveva permeato fin negli ultimi strati l'ordine sociale. Se nessuno leggeva piu', almeno tutti sapevano leggere, e addirittura scrivere: non c'era figlio d'artigiano ambizioso o contadino declassato che non aspirasse ad un posto nell'amministrazione; il funzionarismo si sviluppava sotto tutte le forme possibili; piu' tardi vedremo quale legione di impiegati il governo guidasse al passo, e militarmente..." Saluti. Franco Tadiotto Genova
La ringrazio per i contributi di riflessione che ci ha fornito e la ricambio con una citazione che ho appena letto e mi sembra rispondente sia alle sue considerazioni generali che al tema che in questi giorni ci riguarda più da vicino "Credo che Dio stia guardando con pazienza alla nostra confusione. Ci manca la forza creativa di ripensare il mondo anche da un punto di vista morale, come già avevamo fatto molte volte nel corso della storia. Cambiare non vuol dire perdere il filo, vuol dire allargare lo sguardo. Sarebbe terribile essere prigionieri dei capricci di una scienza incontrollata. Ma per padroneggiare la scienza e portarla al passo di quel che consideriamo buono e civile occorre conoscere e capire. Potrà essere una cosa così tremenda la scienza quando fa nascere un bambino, sia pure lungo percorsi ignoti?". (Ellen Goodman, in Chiara Valentini - La fecondazione proibita - Feltrinelli ). Savona 25 maggio Proseguendo un discorso iniziato con Gloria durante un suo intervento in un dibattito sui referendum, mi piacerebbe approfondire la relazione che si potrebbe creare tra ricerca staminale e obiezione di coscienza alla ricerca con utilizzo di animali. Giorgio in quell’ occasione mi aveva espresso le sue perplessità di animalista nei confronti di una battaglia fatta in nome della libertà di ricerca. Ora, la possibilità di ricerca in materia di clonazione terapeutica, a partire dalle cellule staminali, va proprio nella direzione da noi auspicata, perché la possibilità di riprodurre organi o tessuti consentirà una sperimentazione dei farmaci più sostenibile dal punto di vista etico, perché effettuata senza i gravi costi della sofferenza animale, e dal punto di vista scientifico, perché mirato sull’uomo e sul suo tipo di reattività, spesso diversissimo da quella animale, come i figli del talidomite hanno tragicamente dimostrato. Inoltre, al di là degli spettri agitati dai soliti “apocalittici” che accompagnano tutte le scoperte scientifiche e conseguenti introduzioni tecnologiche a iniziare dalla locomotiva a vapore, la possibilità di una riserva personale di “organi di ricambio”consentirebbe di trovare un’alternativa, incomparabilmente migliore sul piano clinico, agli xenotrapianti (trapianti da altra specie) e alla produzione di animali allo scopo ingegnerizzati. Quanto all’obiezione di coscienza concessa agli studenti di medicina rispetto alla sperimentazione su animali, si tratta della più sconosciuta e disattesa tra le possibilità di dissociazione etica, la terza in ordine di tempo dopo quella militare e quella antiaborista, cui si aggiunge oggi quella nei confronti della fecondazione assistita. Il fatto che ci si possa rifiutare di partecipare a sperimentazioni su animali, senza pregiudizio professionale, sta ad indicare che è possibile una ricerca che utilizzi vie alternative; e infatti la stessa norma che prevede l’obiezione obbliga le strutture universitarie a dotarsi di strategie alternative. La terza obiezione risulta però la più sconosciuta, anche perché non ha nessuna Chiesa a sostenerla e diffonderne la valenza etica. I gesuiti sono insorti dinanzi all’introduzione dei “diritti animali” nella Costituzione; ma accanto a questa parte del mondo cattolico (che è poi la stessa che cerca un’ autorità capace di sbarrare la strada al desiderio di maternità, paternità e salute, al desiderio delle persone di esprimere la propria aspirazione sessuale condivisa), esiste anche un filone animalista ed ecologista, rappresentato soprattutto dal francescanesimo, che non a caso sosteneva una religiosità di gioiosa comunione con la natura, e non di affittiva venerazione della propria impietosa e autoritaria “sacralità”. Savona 24 maggio Gent.ma Dr.ssa Bardi, mi permetto di intervenire in un dibattito che ritengo utilissimo in quanto fruttuosamente provocatorio per le coscienze; nell'associarmi in toto alle osservazioni sulla falsa parità delle posizioni da tutelare, rispetto alle garanzie offerte agli embrioni, che sono oramai diventati oggetto inconsapevole di una vera e propria crociata intellettuale, volevo introdurre un elemento ancora più destabilizzante per le coscienze di coloro che presentano la posizione pro-embrione come una doverosa azione di tutela dei più deboli: perchè non assumere la stessa ferma posizione nei confronti dei veri deboli, che sono già in vita, e che, purtroppo per loro, sono destinati alla morte per fame e malattie, ogni giorno? Dei milioni di bambini ed adulti che ogni anno muoiono nell'indifferenza del mondo "sviluppato"cosa possiamo dire? Forse la sofferenza è considerata un viatico necessario, per un cristiano, ma è lecito, allora, accettarla per soggetti senzienti, con stupefacente rassegnazione, e combattere strenuamente, invece, per risparmiarla al prodotto della fecondazione che persino in natura, il più delle volte, non riesce a superare i primi stadi dello sviluppo? Giulio Magno L’argomento che lei porta è fondamentale e ben presente sul tavolo della riflessione bioetica.E’ pur vero che il papa precedente ha testimoniato, almeno nella circostanza della guerra contro l’Iraq, i valori della pace, ma, dal momento che si arriva poi sempre a stabilire delle priorità tra i valori, la Chiesa, almeno quella delle gerarchie, tra la guerra, la povertà, la fame e l’embrione sceglie l’embrione e lo fa quando accetta di far difendere i valori “teo-con” dalla spada insanguinata di Bush o dal neo-liberismo dei potentati occidentali, compresi quelli di casa nostra. Savona 24 maggio Gent.ma dott. Bardi, Le staminali embrionali hanno una caratteristica che non hanno le cellule adulte, ovvero l'essere totipotenti, vale a dire passibili di generare qualsiasi tipo di tessuto umano. Savona 24 maggio Davvero attraente la sua rubrica di bioetica, il tema dei referendum è molto difficile e delicato ma non sembra coinvolgere molto i cittadini. La sua richiesta mi ha offerto lo spunto per la rubrica di questa settimana, consistente in un prospetto riassuntivo di orientamento ai quesiti. Savona 8 maggio Gent.ma redazione, Gentile Signore, innanzitutto la ringrazio per l'attenzione attiva che dedica ai miei interventi il cui fondamentale obiettivo è non certo fornire soluzioni ma creare lo spazio del problema e mettere in moto il confronto. |