Ancora
una volta qui; a scriverti parole che non
leggerai. Parole che ieri non leggevi perché io
non avevo il coraggio di spedire.
Parole che oggi non
ascolterai.
Non le affiderò a quel filo
sottile che magicamente le portava a te, sono
stanca di attendere una risposta che non
giungerà.
Ancora una volta scrivo per
te; o meglio per me.
Scrivo per me, scrivo a te.
La mia strizzacervelli dice
che scrivere è, per me, una terapia.
Tirare fuori queste lettere
disordinate che sono stipate da qualche parte
dentro me.
Forse ha ragione.
La mia strizzacervelli dice
che scrivere è, per me, un modo per riordinare
le idee.
Io non lo so.
Riordinare queste disordinate
lettere stipate nel cuore o nella testa a
seconda del lato della medaglia che guardo. Il
lato dell’emozione o quello della razionalità.
La mia strizzacervelli dice
che scrivere è, per me, un modo di mettere in
chiaro le cose.
Non so.
Sento solo questa cascata che
ha bisogno di uscire.
Sento solo quest’energia che
si riversa nei polpastrelli e li solletica.
Energia che si spegne
premendo freneticamente i tasti.
Energia che va a sfiorare le
lettere giuste e compone queste frasi.
Queste frasi che non avranno
neppure la dignità di essere custodite da una
bottiglia e affidate alla corrente, certe che
prima o poi toccheranno terra e saranno accolte.
Energia che compone parole su
parole mentre il mio sguardo è fisso nel vuoto.
Perso nel vuoto, non
concentrato sulla tastiera alla ricerca della
lettera.
Perso nel vuoto, non fisso
sul monitor per controllare l’ortografia.
Punti, linee, curve, cerchi.
Simboli.
Simboli che compongono
lettere, parole, frasi, discorsi.
Simboli che rincorrono a
fatica i miei pensieri e li fissano qui, in
balia di un black-out improvviso che può farli
svanire.
Svanire, svaporare nel nulla,
come non fossero
mai esistiti,
come se non avessi mai
provato amore per te,
come se nulla fosse stato,
come se non ci fosse ragione
di asciugare questi occhi che invano cercano di
non bagnarsi,
come se io potessi ancora
stringerti,
come se io potessi ancora
sentire il tuo sapore,
come se…
come se lei non ti avesse
portato via.
Via, lontano da me.
Il
racconto proseguirà nelle prossime 4 settimane
*Cristina
Ricci,
quarantun anni, abita a Spotorno, ha
pubblicato il suo primo romanzo (La
montagna d’acqua – ed. Il Filo, Roma),
un altro recentemente finito e tanta voglia di
scrivere.
A questo
“scarno”
curriculum si
può aggiungere
la
collaborazione
con il blog
dell’Udi
Savonese per il
quale Cristina
Ricci ha scritto
alcuni pezzi
LE AMAZZONI
Una nuova
generazioni di
donne
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