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Parole che non leggerai

Un  racconto di Cristina Ricci*

in 5 puntate

Cap. 1/5

  Ancora una volta qui; a scriverti parole che non leggerai. Parole che ieri non leggevi perché io non avevo il coraggio di spedire.

Parole che oggi non ascolterai.

Non le affiderò a quel filo sottile che magicamente le portava a te, sono stanca di attendere una risposta che non giungerà.

Ancora una volta scrivo per te; o meglio per me.

Scrivo per me, scrivo a te.

La mia strizzacervelli dice che scrivere è, per me, una terapia.

Tirare fuori queste lettere disordinate che sono stipate da qualche parte dentro me.

Forse ha ragione.

La mia strizzacervelli dice che scrivere è, per me, un modo per riordinare le idee.

Io non lo so.

Riordinare queste disordinate lettere stipate nel cuore o nella testa a seconda del lato della medaglia che guardo. Il lato dell’emozione o quello della razionalità.

La mia strizzacervelli dice che scrivere è, per me, un modo di mettere in chiaro le cose.

Non so.

Sento solo questa cascata che ha bisogno di uscire.

Sento solo quest’energia che si riversa nei polpastrelli e li solletica.

Energia che si spegne premendo freneticamente i tasti.

Energia che va a sfiorare le lettere giuste e compone queste frasi.

Queste frasi che non avranno neppure la dignità di essere custodite da una bottiglia e affidate alla corrente, certe che prima o poi toccheranno terra e saranno accolte.

Energia che compone parole su parole mentre il mio sguardo è fisso nel vuoto.

Perso nel vuoto, non concentrato sulla tastiera alla ricerca della lettera.

Perso nel vuoto, non fisso sul monitor per controllare l’ortografia.

Punti, linee, curve, cerchi.

Simboli.

Simboli che compongono lettere, parole, frasi, discorsi.

Simboli che rincorrono a fatica i miei pensieri e li fissano qui, in balia di un black-out improvviso che può farli svanire.

Svanire, svaporare nel nulla,  come non fossero mai esistiti,

come se non avessi mai provato amore per te,

come se nulla fosse stato,

come se non ci fosse ragione di asciugare questi occhi che invano cercano di non bagnarsi,

come se io potessi ancora stringerti,

come se io potessi ancora sentire il tuo sapore,

come se…

come se lei non ti avesse portato via.

Via, lontano da me.

Il racconto proseguirà nelle prossime 4 settimane

  

 *Cristina Ricci, quarantun anni, abita a Spotorno,  ha  pubblicato il suo primo romanzo (La montagna d’acqua – ed. Il Filo, Roma), un altro recentemente finito e tanta voglia di scrivere.

A questo “scarno” curriculum si può aggiungere la collaborazione con il blog dell’Udi Savonese per il quale Cristina Ricci ha scritto alcuni pezzi

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