Erano altri tempi,
quelli, quando gli attivisti della CGIL,
anche se facevano parte di quella che
allora si chiamava “commissione interna”
(una sorta di RSU dei nostri giorni)
venivano emarginati all'interno della
fabbrica e a volte separati fisicamente
dagli altri operai. Nonostante questo
Andrea aveva saputo conquistare il suo
spazio in fabbrica e diventare un punto
di riferimento non solo per gli iscritti
alla CGIL ma anche per altri lavoratori
e molti abitanti di Cengio.
Ho iniziato a
conoscere Andrea quando militavo sia
nella FGCI che nel Movimento
Studentesco a Savona, era
“l'autunno caldo” del 69 e, come
studenti, si partecipava ai picchettaggi
davanti alle fabbriche del savonese, si
creavano collettivi, si partecipava ad
assemblee. Io ero spesso in
Valbormida e qui appunto ho
avuto modo di fare amicizia con lui. Con
molta pazienza mi ha spiegato, e ha
impiegato molto tempo per farmelo
capire, per quale motivo i lavoratori di
queste fabbriche erano spesso “diversi”
dai loro compagni delle altre industrie
savonese, cosa voleva dire passare
dall'esperienza del lavoro dei campi a
quello dei reparti della fabbrica, le
ansie, i timori, gli scontri che
avvenivano in azienda tra gli operai più
sindacalizzati e quelli con “la paura
del padrone”. In questo senso mi aveva
spesso consigliato a non precipitare con
i giudizi drastici e a conoscere sempre
meglio la realtà in cui volevo essere
presente se, davvero, volevo combinare
qualcosa di utile.
Poi gli anni sono passati e Andrea ha
vissuto dall'interno della fabbrica e
poi da pensionato “il caso Acna”,
il processo per i tanti casi di
lavoratori ammalati di cancro alla
vescica da un lato, e, dall'altro, il
rapporto difficile con gli ambientalisti
soprattutto del Piemonte che accusavano,
giustamente, l'azienda di aver
avvelenato il Bormida e con esse lo
colture lungo il corso del fiume.
L'Acna, lo ricordo,
produceva intermedi per coloranti e
alcune lavorazioni – è stato dimostrato
– erano nocive sia per i lavoratori che
per l'ambiente esterno alla fabbrica,
visto che gli scarichi della lavorazione
finivano più o meno direttamente in
Bormida.
Terminato il suo
impegno in fabbrica, Andrea è' stato per
un periodo anche presidente dell'ASL 6
delle Bormide che aveva allora sede a
Carcare e, con la
collaborazione dell'IST di Genova, era
riuscito a pubblicare un volume – a cura
dell'ASL – sulla situazione sanitaria
della Valbormida, uno
studio coraggioso che ancora adesso è un
punto di riferimento importante per
conoscere una realtà molto complessa e
tutt'altro che risolta. Ci si incontrava
spesso in quei tempi (anni 90), io da
1980 avevo iniziato ad insegnare a Cairo
Montenotte, dove lavoro tuttora e
continuavo ad imparare. Il suo sogno era
il poter dimostrare la compatibilità tra
la fabbrica e il territorio, ma era un
sogno destinato a non potersi realizzare
mai, infatti ben presto tutto il tessuto
industriale della Valbormida era entrato
in crisi – non solo l'Acna – e alcune
aziende o hanno chiuso i battenti (la
Montecatini e la stessa Acna) e sono
state drammaticamente ridimensionate
come la 3M Ferrania.
So che Andrea ha sofferto molto dentro
di sé per questo, ma è sempre stato
capace di dire che si doveva guardare
avanti, facendo anche tesoro degli
errori commessi..
Quando ci si incontrava si parlava di
tutto e sovente raccontava del suo
passato, anche prima dell'Acna, dei suoi
ricordi di ragazzo che poi aveva deciso
di raccogliere in un bel volumetto, ma
poi fatalmente gli incontri si sono
diradati senza un vero perchè, eppure
tra Cairo e Cengio ci sono solo una
quindicina di kilometri e non stava
certo a lui il percorrerli per
riprendere le fila di un discorso
interrotto. Mi sono ripromesso di farlo
non so quante volte fino a questa
mattina....
“Ciau”
compagno Andrea, non ti ho mai scordato
e non ti scorderò mai
Adalberto
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