versione stampabile

 

URBANISTICA: MERCE DI SCAMBIO !

 

di Antonia Briuglia

 

Quando penso o proferisco il termine ” urbanistica” mi accade ancora oggi, così come mi accadeva da studentessa, di provare un senso di appassionata deferenza.

Allo studio e all’insegnamento dell’architettura e dell’urbanistica ho dedicato la mia vita, con interesse, con passione e con rispetto, lo stesso che ho sempre creduto dovesse avere chi si occupa di urbanistica e soprattutto chi la amministra.

Nelle Regioni, nelle Provincie e nei Comuni chi è destinato a occuparsi di urbanistica è, infatti, preposto allo studio e alla gestione di una città, non solo sotto il profilo progettuale e quindi nella programmazione del suo sviluppo, ma anche e soprattutto della vivibilità urbana.

Deve saper amministrare la gestione delle previsioni di espansione di un territorio, nei piccoli e grandi interventi, in modo da non pregiudicarne l’uso alle generazioni future.

Chi amministra l’urbanistica deve necessariamente avere la percezione che la materia di cui si sta occupando, avrà strette connessioni con l’architettura e l’ingegneria, ma anche con l’ecologia, l’economia, il diritto e la sociologia: tutti aspetti fondamentali per il miglioramento della vita dei cittadini di quel territorio.

Quale straordinaria responsabilità!  Quale sfida! Quale splendida occasione per occuparsi in modo efficace della città e del suo ambiente!

 

Purtroppo, oggi, non è così. Chi spesso è destinato a occuparsi della gestione dell’urbanistica non è, quasi mai, una persona messa lì a perseguire quei nobili obbiettivi prima descritti, ma è spesso destinata a ben altro tipo di interessi e  gestioni che non sempre coincidono con quelli del bene comune.

 

Già in periodo di campagna elettorale, nello stilare le liste elettorali di questa o quell’aggregazione politica, si conosce già il “predestinato” all’ ambito Assessorato, spesso accaparrato dal partito più importante o barattato da altri in cambio di qualcosa di ugual peso.


Un assessorato all’Urbanistica ne vale sicuramente due meno ambiti, addirittura può valere il posto da Sindaco o da Presidente di Provincia o di Regione.

Sì, l’assessorato all’urbanistica pesa indiscutibilmente di più e questo la dice lunga sul concetto di amministrare e fare politica dei candidati a vincere le elezioni.

Il peso sta nelle aree di competenze, ma anche nella piena convinzione che “manovrare” in campo urbanistico, significhi avere un peso contrattuale maggiore e anche la possibilità di trattare aspetti appetibili del territorio con privati, imprese, banche, gruppi imprenditoriali, etc.

 Quindi, dell’urbanistica conviene trattare subito, prima degli altri assessorati, in modo che nessuno poi possa pretendere di tornarci sopra.

“Non crederai mica che il nostro partito rinunci all’urbanistica? Per il peso politico che ha il tuo, puoi accontentarti della cultura, della pubblica istruzione o dello sport ”.

Qualunque sia la competenza del politico proposto, solo per una sommatoria di voti, deve essere collocato lì.

Talvolta, fortunosamente, è una persona preparata per quel compito, talvolta un inetto, intanto saranno altri a dirgli cosa fare, magari un Sindaco in persona.

Così l’urbanistica diventa merce di scambio, prima sul piano prettamente elettorale, poi lo diventa nel sistema politico fatto di sempre più chiari comitati d’affari, di diverso colore da renderli trasversali, solidali e indissolubili.

Un’urbanistica barattata, umiliata, comprata e venduta, ignorando spesso provvedimenti legislativi che dispongono le indicazioni per progettare in modo compatibile rispettando standard, distanze e densità fondiarie, oppure ignorando quelle a tutela del territorio  dal punto di vista ambientale e idrogeologico

Così, al posto della creazione o ottimizzazione di servizi, di concrete proposte per il miglioramento della vivibilità di una città, l’urbanistica diventa campagna elettorale, meglio se contrabbandata da grandi opere che  mascherano ulteriori colate di cemento tutte private, così come lo sono le loro rendite.

Negli apparati degli Enti Pubblici poi, gli assessori all’urbanistica sono strettamente legati alla macchina burocratica, dove spesso funzionari e impiegati degli uffici tecnici, con estrema disinvoltura, sono parte integrante di questo ingranaggio, diventando spesso intoccabili anche quando fra loro si nascondono, protetti, i nullafacenti di turno.

La degenerazione morale del sistema diventa così “l’agevolazione della pratica urbanistica” su questo o quell’improbabile terreno, a questo o quel discutibile interlocutore, con un senso di cosciente impunità anche quando, con naturalezza, si perpetra l’illecito.

 La cattiva abitudine nel migliore dei casi diventa quotidianità, d'altronde se vuoi far carriera politica, devi “saperti muovere”, “avere il pelo sullo stomaco”, non puoi fare il “filosofo” e neanche il “giustizialista”. Bisogna capire certe cose, perché la politica è “mediazione” anche quando questa vuol dire compromesso con la propria integrità morale.

Ogni tanto qualcuno inciampa su un’inchiesta o in un’indagine, ma l’assuefazione a questo genere di cose ci fa perdere di vista la gravità dei fatti che, ormai, si succedono con terribile puntualità e naturalezza.

La nausea aumenta e la vergogna diventa solo la nostra che di quel sistema abbiamo sempre rifiutato di farne parte.

Quando poi, vengono pizzicati sul fatto, nella impossibilità di negare, “sono abbacchiati e un po’ confusi” come il Presidente della Commissione Urbanistica di Milano,  sorpreso con le mazzette nel pacchetto di sigarette.

Il segnale di un marciume al quale l’opinione pubblica, invece di indignarsi, sembra assuefatta e assente, nella convinzione bieca che ormai tutto si può fare.

                                                                                                                                               

                                                         ANTONIA BRIUGLIA