TRUCIOLI
SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni OBAMA E LE BANCHE Ovvero Davide e Golia? Credo che a spingere
Obama a dichiarazioni così audaci contro i colossi di Wall Street sia
stata la cocente sconfitta per il seggio al Senato nel Massachusetts,
feudo democratico “kennediano” da quasi 60 anni; nonché il suo vistoso
calo di popolarità negli ultimi sondaggi. La sua tentennante politica,
che ha sin qui proceduto a zigzag tra misure che scontentavano di volta
in volta gli opposti schieramenti, ne è stata la probabile causa; e a
questo punto l’uomo deve aver pensato che era meglio ritrovare una
chiara identità, quella che l’aveva portato un anno fa a conquistare
trionfalmente la più alta carica politica americana. Dopo due mandati di Bush, l’aria era satura
di un presidente così smaccatamente dalla parte delle lobby finanziaria
e bellica. E poiché a Wall Street l’unica ideologia che abbia peso è
quella del denaro e del profitto comunque e con chiunque, il mutar del
vento aveva spinto i suoi sharks a stringere un patto segreto col
futuro vincitore, affinché, in cambio di faraonici finanziamenti per la
sua elezione, non rompesse poi le uova nel paniere ai loro “bonus
osceni” e al perpetuarsi dei loro giochi in Borsa, dove facevano trading
coi soldi di salvataggio ricevuti dallo Stato e negati alle piccole e
medie imprese in crescente affanno. Avevo espresso su queste stesse pagine
parecchie riserve sulla libertà di azione di Obama a causa del “patto
scellerato” coi banchieri, proprio in considerazione della sua inerzia
nei loro confronti. Ora spero di dovermi ricredere. Forse non sono in molti a comprendere
l’audacia, se non la temerarietà, delle dichiarazioni di Obama, che
superano persino il suo programma sulla sanità pubblica. Vediamo il
perché di questa affermazione con un breve excursus storico. Un assillo costante dei primi presidenti
degli Stati Uniti, da Washington a Jefferson e Madison, è stata la
pretesa dei banchieri privati di sostituirsi allo Stato, con ripetuti
tentativi, spesso coronati da successi, e di costituire una Banca
Centrale privata dotata di prerogative pubbliche, in primis quella di
emettere moneta. Il Presidente che osò sfidare concretamente
questa minaccia fu Abramo Lincoln, con la stampa dei greenbacks,
antesignani dei dollari: moneta pubblica non gravata da interessi. Pochi
mesi dopo Lincoln fu assassinato e ai greenbacks non fu più
riconosciuto corso legale. Un secolo dopo fu John F. Kennedy a tentare
un replay, con l’emissione dell’Ordine Esecutivo È evidente che anche Obama in cuor suo
vorrebbe ritirarsi dai vicoli ciechi di Iraq e Afghanistan, ma ha sinora
dovuto piegarsi ai condizionamenti di coloro che hanno permesso la sua
ascesa al potere. I suoi tentennamenti hanno evidentemente scontentato
sia chi si aspettava provvedimenti più coerenti in fatto di economia,
finanza, sanità e fronti di guerra, sia chi auspicava invece il
proseguimento della linea Bush. Di qui, credo, il suo scatto in tutti
questi campi, ultimo in quello della finanza. Non ci resta pertanto che rinnovare
l’auspicio con cui ho chiuso il mio precedente articolo: LUNGA VITA, PRESIDENTE
OBAMA! Stai imboccando la strada giusta e quindi
corri quei rischi che corrono tutti i politici che dicono la verità,
senza le ipocrisie che infarciscono i discorsi dei servi del potere
bancario. (I nostri politici riescono ad essere
talmente più realisti del re che sono addirittura più conservatori dello
stesso Governatore di Bankitalia, Mario Draghi, contestato, quando
rivela senza veli la drammatica situazione del nostro Paese, dal
ministro Sacconi). Se
Marco Giacinto Pellifroni
24 gennaio 2010
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