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Il piano regolatore ha 25 anni e l’unica certezza sono “varianti& cemento”

Cara Borgio, ti scrivo

Vederti risorgere è un sogno!

Quella volta che Angelini “sparò” sul sindaco Rembado in difesa di Nari.

La “svolta” di Vadora dura da quasi 9 anni. Don Tonino Suetta ha lasciato…

 

di Luciano Corrado


Borgio verezzi

Borgio Verezzi – Raccontare una città, la storia degli ultimi anni  40 anni, nel bene e nel male. I risultati raggiunti. Vittorie e sconfitte nella crescita sociale, civile, turistica, commerciale, alberghiera, artigianale, agricola.

Ricordare, tra le altre cose, seppure in modo sintetico, parziale, due figure, due personaggi che non si sono mai “benvoluti”. Capita ai comuni mortali.

Ai lettori-navigatori di Trucioli Savonesi offriremo una serie di puntate. In parte avevamo già scritto piccoli “ricordi” di Borgio Verezzi di unaspirante giornalista ai suoi esordi (primi anni ’80). Basta sfogliare l“archivio” e cliccare Borgio Verezzi.

La fotografia di ieri e di oggi del paese. Come è cambiato. Quale impatto. Novità e trascuratezze.

Dall’antica denominazione di Burgus Albingaunum e Viretum (ovvero gli attuali Borgio e Verezzi). Con storie parallele e invasioni saracene soprattutto per la “frazione”. Da possedimenti dei vescovi di Albenga, ai Del Carretto di Finale, alla Repubblica di Genova e alla riunificazione nel 1933. Fino ai nostri giorni.

Una realtà, tra luci e ombre, soprattutto la carente valorizzazione di un certo patrimonio storico. Di alcuni simboli-cimeli, alla luce del sole.

Mentre avanza inesorabile, tra alti e bassi, ciò che per alcuni resta l’unico motore a tempo: ferro&cemento, oneri di urbanizzazione, risanare e far quadrare i conti. Una simbiosi non proprio ideale, visti i risultati finali.

Uno strumento urbanistico col peso ed i limiti di 25 anni d’età e che affidando le sorti e le future strategie di sviluppo, crescita armonica, sinergia, a varianti singole, ad impresa, diventa formidabile strumento di contrattazione, programmazione esclusa. Pratica abituale, del resto, in una Liguria dove il “partito del cemento” (in attesa del “partito dell’amore”) raccoglie i consensi dei poteri forti trasversali, dell’opinione pubblica anche quella che è meno beneficiata. Tutti inebriati dalle verità dei media e di sponsor, sempre più muniti di antenne con il “clan trasversale” che conta e col quale bisogna fare i conti. A volte, al tavolo degli affari, si sono sedute persino le due diocesi. Avremo modo di raccontare alcune “meravigliose” operazioni “mattone&cemento”.

E questa provincia, oltre all’imperiese, è cosparsa di testimonianze di espansione speculativa, assai poco evangelica: dal mare alla collina, mentre l’unica risorsa (da lavoro continuativo e non precario), l’industria alberghiera, si sta riducendo al lumicino. Senza carburante: mancano clienti e gli investitori non intendono più indossare i panni del “benefattore”. Mentre i galli continuano a cantare. 

Iniziamo questa prima puntata su Borgio Verezzi, con un “dimenticato”, per i più “anziani” ed inedito per i giovani, scontro (17 novembre 1979) che Il Secolo XIX-Savona, con il suo capo redazione provinciale  di allora, Luciano Angelini e che arriverà alla condirezione del giornale a Genova, riservò al sindaco, Enrico Rembado, democristiano. Angelini che scrisse, il 30 marzo 2002, “il saluto, dopo trentatré anni con il mio “Secolo”


Enrico Rembado

In quell’occasione a Rembado riservò un attacco sferzante, durissimo, insolito, con pochi precedenti. Causa (vedi….) una lettera “aperta” al Secolo XIX, a firma del primo cittadino.

In breve: Rembado sindaco si doleva del comportamento del corrispondente locale Gianni Nari, periodo in cui era un apprezzato tecnico Piaggio di Finale e non nascondeva simpatie per la stessa democrazia cristiana, vicino al personaggio di spicco della zona, Angelo Nari, per anni dinamico ex sindaco di Calizzano, poi presidente della Carisa (oltre ad altri incarichi e presidenze, Usl di Albenga).

Enrico Rembado, andato in pensione dopo 27 anni di “dipendente della Provincia, ufficio di segreteria”, per fare il sindaco a tempo pieno, a 300 mila lire al mese. Dalla denuncia dei redditi (ci perdonerà la privacy “violata”, risulta pensionato a 1.250 euro) pare proprio non appartenga ai politici-pubblici amministratori baciati dalla fortuna (arricchimento). Si aggiunga: c’è chi svolge professioni e, grazie alla posizione di potere, ottiene strepitosi successi di clientela. Oppure l’imprenditore “fortunato”, con affari a gonfie vele.

Non solo, al di là degli errori, con qualche strascico ed eredità per il paese (almeno cosi ripete il sindaco, Giancarlo Vadora, che fu ottimo funzionario Carige nel ponente savonese), Rembado è passato alla storia della “cronaca locale” per la sua rigorosa e coerente iscrizione al “partito antispeculazione immobiliare”.

Il primo in provincia di Savona  a censire il patrimonio arboreo e anche i “pollai”, baracche. A tutelare con pignoleria, persino esasperante per i cittadini, la frazione di Verezzi, diventata meta “obbligata e rinomata”, ma forse un po’ trascurata in quanto a decoro.

Perché Svizzeri, Austriaci, Mosella tedesca, hanno trasformato in risorse curatissime e frequentatissime le loro  “perle” storiche? E da noi bisogna sudare sette camice a sottrarle a scempi?  E’ incultura popolare? Miopia di chi amministra? Ingordigia dell’uomo che finisce per fare autolesionismo di massa? Uccidere il futuro?

Il “duro Rembado  che in qualche circostanza gli riservano qualcosa di più di minacce ed intimidazioni. Tritolo di cava, perché “drizzasse le orecchie”.

E il dileggio via televisione e radio private – arrivò assai prima degli anni della violazione della privacy di rè Berlusconi -; niente foto piccanti, semmai pubbliche denigrazioni, con tanto di paternità, su amicizie e frequentazioni del “cittadino Rembado”. Non con pregiudicati o mafiosi, meglio chiarire.

E a difenderlo, dai vili attacchi, fortunatamente non furono solo gli amici veri, tra cui l’avvocato Angelo Luciano Germano che lo fece assolvere da un grottesco processo in pretura a Savona, con tanto di mandante smascherato in aula per spergiuro. La popolazione continuò a premiarlo nelle urne, dargli fiducia. Meno fortuna ebbe nella sfida, come candidato in Parlamento del centro sinistra, in contrapposizione al candidato di centro destra, Enrico Nan, avvocato pietrese.

Ma non è questo il momento di stilare pagelle o elencare i possibili guasti di Rembado sindaco (cinema-teatro). Forse è sempre opportuno, utilizzare la bilancia: più danni o più benefici, nell’ottica del “bene comune, dell’interesse comune” che deve pur sempre prevalere sull’interesse privato. Da vecchia scuola liberaldemocratica.

Enrico Rembado, nella lettera al Secolo XIX del 1979, parlava della pubblicazione di “notizie false ed inesatte”. Metteva in risalto il fatto che l’amministrazione da lui presieduta non veniva mai contattata per “ascoltare l’altra campana”. Insomma, per farla in breve, tra Rembado sindaco, Dc, e Nari, giornalista pubblicista Dc, non c’era feeling. Ruggine vera.  Per Rembado la conseguenza si traduceva nel < discredito per il più importante e letto quotidiano ligure>. Iniziando da Borgio.

Luciano Angelini oggi in pensione e scrittore, commenta via cellulare: <Non era un problema di sostanza, chi aveva torto o ragione, ma di principio. E su questa strada ho avuto scontri, nei miei diversi ruoli al giornale, sia a destra, sia a sinistra. Anche quando ci accusavano di “catastrofismo”. Il mio commento-risposta aveva l’obiettivo di tutelare un collega di fronte ai lettori, ma era anche un avvertimento alla “suocera perché nuora intendesse”. Nessuno poteva mettere le mani, né fermare, né impedire di svolgere il nostro lavoro con indipendenza.  E questo poteva avere come conseguenza di difendere pubblicamente, in qualche occasione, anche chi magari non lo meritava. Non entro nel caso Rembado-Nari. Ripeto, con quel commento, volevo mandare un preciso messaggio: non accettavamo bavagli, né pressioni. Con Rembado sono stato e sono amico, l’ho sempre apprezzato e sa che sono tra quelli a non aver mai accettato un biglietto omaggio per l’ingresso al prestigioso teatro verezzino. Ritento di spiegare quello che poteva apparire l’attacco sproporzionato ad una lettera educata, per ribadire che noi giornalisti dovremmo sempre rappresentare il cane da guardia dei cittadini. Mai essere i cani da guardia dei potenti al loro servizio>.  


Gianni Nari

Ci pare, tuttavia, necessario proprio alla luce della durissima reprimenda che Angelini scrisse, con implacabile rigore, un’aggiunta. Tra i colleghi di redazione dell’epoca qualcuno osservava  che forse il destinatario, al di là del principio e visto il contesto in cui operava Rembado (finì nel mirino di una certa massoneria affaristica, emergerà nel corso di un processo, per altre vicende), poteva essere più opportunamente qualcun altro. Ma il rigore  ed il messaggio di Luciano Angelini non potevano essere messi in discussione. E ora è ancora più chiaro.

Enrico Rembado che si spese – visto lo scenario dei nostri tempi - senza molta fortuna per il suo paese, per valorizzare l’ambiente, qualificando turismo e qualità della vita. Evitare casermoni dormitorio, occupati pochi mesi all’anno. Spesso rinnegati dalle giovani generazioni che possono permettersi altre mete.

Un’altra battaglia, per Rembado, quasi persa, almeno su fronte dei “tempi di realizzazione”, il trasferimento a monte dei binari. Ci sono centinaia di articoli che lo riguardano. Paladino e presidente di comitati popolari comprensoriali.
Ne abbiamo scelto uno, a caso (vedi….) su La Stampa dell’11 ottobre 1981dal titolo: “Ferrovia, Borgio chiede garanzie. Abbiamo già perso troppo tempo”. Lo spostamento a monte condizione essenziale per lo sviluppo”.

Rembado insisteva: <Vorrei che i partiti tutti, assumendosi precise responsabilità, portino avanti il progetto, battendosi senza pause di riflessione, andare fino in fondo e in tempi brevi con estrema determinazione, senza tregue >. Sono trascorsi 29 anni. Il primo annuncio ufficiale dei binari a monte, da parte dell’allora ministro Dc, Remo Gasperi, a Loano, Palazzo Doria, nel novembre 1969.

La soluzione finale scelta, analisi economica e sociale alla mano, documenta (vedi studio e statistiche ingegner Filippo Bonfiglietti, ex dirigente e manager d’industria) che saranno penalizzati tutti gli utenti del comprensorio loanese.

E il tracciato risponde ad una scelta politica (non scontentare i proprietari di terreni), di pesi e contrappesi, compromessi al ribasso, piuttosto che lungimiranza a vantaggio delle future generazioni.  Il volare alto, vedi il “caso Tav”.

Passiamo allo “studioso e benemerito storico locale”, Gianni Nari. Assai vicino al sindaco Vadora (non abbiamo dubbi che lo scrittore non ha condiviso l’epiteto di Vadora in consiglio comunale “A Borgio ci sono dei bastardi”, ripetuto più volte; qualunque sia l’origine e la ragione, le parole non vanno scambiate per palloncini), il Giavanni Nari, classe 1936, iscritto all’albo dei pubblicisti dal 10 settembre 1991. Oggi è soprattutto la “voce della Parrocchia viva”.

Periodico bimestrale di cui è direttore responsabile; la direzione editoriale a don Antonio Suetta, origini di Loano (abitava con i genitori nell’unica casa in pietra vista rimasta fronte mare, acquistata dall’imprenditore Ghigliazza; un edificio che fa bella mostra sotto l’Aurelia, all’ingresso di levante a Loano. Un restauro gioiello di indicare ad esempio di buon gusto e tutela del “come eravamo”. Fotografato dai turisti, italiani e stranieri.

Don Tonino, dopo 12 anni, lascia la parrocchia di San Pietro, per occuparsi a tempo pieno come amministratore-economo della diocesi di Albenga-Imperia. Una chiamata, in sostituzione di monsignor Fiorenzo Gerini, quasi a sorpresa, con qualche interrogativo e malumore. Difficile accontentare tutti.  

Don Suetta, già presidente della Cooperativa sociale Il Cammino, ottimi rapporti con in sanremasco Marco Simeon (negata la sua asserita appartenenza alla potente Opus Dei).

Un inciso. La lettura-documentazione del libro di Ferruccio Pinotti (pure tra qualche rara smetita) dal titolo “Opus Dei segreta” è stata una mazzata per tanti credenti. 


Borgio: il gruppo dei catechisti, con don Tonino Suetta e don Giuseppe Puglisi
(foto Bollettino Parrocchiale)

 La descrizione minuziosa dei “soprannumerari” (in genere professionisti che operano in rete secondo una logica del reciproco aiuto, del tutto simile alla “fratellanza massonica”), dei “numerari e aggregati”. Compresi sacerdoti, donne e uomini.

E ancora, un documentato articolo non di Belfagor, ma di Carlo Marroni, su Il Sole 24 Ore (autorevolissimo organo della Confindustria), che ci ricordava che a 80 anni dalla nascita dell’Opus Dei, la prelatura <conta su 85 mila membri ed un patrimonio di 2,8 miliardi. E’ considerata un centro vitale della Chiesa> (fonte il libro di Giuseppe Corigliano, edito da Mondatori – della famiglia Berlusconi –  titolo “Un lavoro soprannaturale- La mia via nell’Opus).

Non meno sorprendente, ricco di dati, con amarissima di sorprese per un cattolico, ex seminarista, testimone di esempi sublimi di sacerdoti e parroci savonesi-imperiesi, vissuti da santi, nel sacrificio, nella preghiera e soprattutto nel rigore della coerenza con il Vangelo, il più recente volume “Vaticano Spa” di Gian Luigi Nuzzi, edito da “chiarelettere” (società di cui è maggiore azionista il figlio del compianto giornalista alassino, Mario Fazio, inviato speciale a La Stampa e Presidente di Italia Nostra).

 Un sottotitolo e tanti capitoli “mortificanti”: “Da un archivio segreto la verità sugli scandali finanziari e politici della chiesa”.

C’è da dire che il più coerente cattolico-praticante che a tamburo battente ha “scomunicato” gli autori dei due volumi, è stato il neo presidente della Provincia e già concittadino di Suetta. L’Angelo Vaccarezza, fedele presenzialista delle processioni religiose, ha subito dedicato i nuovi giardini, ad un tiro di fucile da una chiesa parrocchiale che una “poco accorta” operazione edilizia ha rischiato di compromettere. Onorando il fondatore dell’Opus Dei, Josèmaria Escrivà de Balaguer, spagnolo, morto a Roma nel 1975, santificato nel 2002.

Ignorando, come accade a molti e troppi cattolici “bigotti”(?) che il predecessore ed attuale vice sindaco, Francesco Cenere, promise in pubblico l’intitolazione – appena se ne fosse presentata l’opportunità – a padre Raffaele Bracco, studioso dell’Ordine Eremitico di Sant’Agostino, morto povero a Loano dove volle essere sepolto, autore del libro “Donna Zanobia del Carretto- Doria- la prima turista di Loano” (Loano, 7 ottobre 1970). Con pubblici ringraziamenti nel volume “Città di Loano”- edito dall’Azienda di Soggiorno, quando presidente era Osvaldo Pignocca.  Per la serie “reveriti da vivi, dimenticati da morti”.

Don Suetta  che aveva raccolto l’eredità di don Giovanni Doglio (1966-1997) dopo un periodo di insegnamento (matematica, geometria, francese) al Seminario Vescovile di Albenga negli anni del rettore monsignor  Giacomo Contestabile di Pornassio.

Don Suetta ha immesso alcune novità “procedurali” anche nella tenuta della contabilità di parroci e parrocchie. E si sta distinguendo tra attivismo e qualche “presenzialismo mediatico di troppo” (poco apprezzata forse in certi ambienti) meno “progressisti”.

A Borgio, per tornare alla sua ex parrocchia ed al suo “periodico cartaceo”, ha voluto lasciare tra le ultime “missioni” il progetto (vedi La Stampa del 29 dicembre 2009) di una trentina di box interrati vicino alla chiesa parrocchiale del Redentore. Incrementando la proprietà senza perdere spazi e nelle casse sono finiti 300 mila euro, destinati a nuovi locali per il parroco nel sottotetto dell’edificio, attigui alla chiesa.

In questo dinamismo parrocchiale l’eredità per ora la porta avanti il “braccio destro” Gianni Nari. Su 15 pagine del bollettino (ultimo numero) sono sette con la prestigiosa firma di parrocchiano-giornalista e foto. Si direbbe un monologo. Ancora assai che “Nari c’è”? In attesa della presa di possesso del sacerdote indiano (sono almeno una decina in diocesi), don Joy Thotankara, che è stato prescelto rispetto al vice parroco in carica, don Giuseppe Puglisi, destinato a Toirano, dopo la morte di don Zampolieri.

A Toirano, dove era stato pastore di anime, don Leandro Caviglia, che dopo il trasferimento a Ceriale è stato per ultimo “dimissionato”. Vive in un all’oggetto della parrocchia, pendolare (pare) al Santuario di Arzenano.

Don Caviglia, vice rettore del seminario ai tempi di Contestabile rettore, insegnante di italiano, origini di Vessalico e concittadino di don Gerini, da oltre mezzo secolo punto di riferimento per la comunità di Peagna. Anima di quella frazione dove la comunità originaria è rappresentata da poche decine di fedeli. Sacerdoti della vecchia guardia, secondo alcuni “passati ormai di moda”. Con qualche rimpianto.

Luciano Corrado