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Chi si deve vergognare per le accuse all’avvocato Bottelli ad opera di Melgrati

E il ministro Taviani scrisse:

<Golpe abortito di Edgardo Sogno>

La Stampa-Liguria ha esaltato l’eroica lezione antifaziosità di Franco Quaglieni

Per l’intitolazione di uno slargo alla Medaglia d’oro della Resistenza, latitante a Savona


La copertina del libro di Taviani

Albenga-   Chi si rivede? Sentivamo la mancanza. Pier Franco Quaglieni, dopo averci dato “lezioni di giornalismo locale” (La Stampa- Liguria, 23 novembre 2009), indicando la retta via verso un “giornalismo libero, non urlato, rispettoso delle idee di tutti”, anzi “il vero giornalismo” – farina del suo sacco e sarà anche molto documentato - , ci illustra la “verità” sulla storia del conte Egardo Sogno e del mitico, amato, popolare presentatore Enzo Tortora, tra le vittime, non l’unico, di clamorosi “errori giudiziari”.

Accade in Italia. C’è di peggio, le cronache descrivono di “giustiziati a morte”, innocenti (errori giudiziari), nel paese della Democrazia compiuta, gli Stati Uniti. Seppure con qualche “verità poco conosciuta” di misfatti per “ragion di stato”. Soprattutto in altri paesi. Basti pensare alla guerra in Iraq, frutto di una colossale menzogna sulle armi atomiche del dittatore Saddam. 

Le verità del nostro studioso Quaglieni, mentre non possiamo ergersi a tanto, perché per “titolo”  abbiamo soltanto quello di vecchi “cronisti di strada” e del “palazzo”. Magari senza condanne per diffamazione; o risarcimento danni in sede civile.  

Il nostro Quaglieni, dalle pagine de La Stampa – dirette in Liguria da Sandro Chiaramonti – si dichiara pubblicamente <addolorato per la violenta (sic!) reazione dell’Anpi alassina perché di fronte alla storia ci vuole distacco critico e non può essere ammissibile l’odio oltraggioso (sic!) verso una Medaglia d’oro della Resistenza>

  Commento a caldo. Ho conosciuto persone (“Pierin da Posta”, a Mendatica) che hanno sfamato in tempo di guerra e di assedio nazifascista un intero paese (700 anime). Hanno rischiato la vita falsificando documenti che se scoperti avrebbero portato diritto alla fucilazione, ma nessuno si è mai ricordato di loro, di lui.

E alla sua morte, l’unico articolo-ricordo l’ha scritto Trucioli Savonesi.  Ricevendo come solitario ringraziamento quello della figlia “montanara”. Pierin, l’organista della chiesa parrocchiale dove ogni domenica c’è la Messa cantata dal coro - e oggi con un giovanissimo e degno successore, sempre di Mendatica - ignorato e dimenticato fino alla tomba dall’ottima destra e dall’ottima sinistra. Per non fare torti.

A Mendatica dove una coppia (Stefano e Maria Vittoria, lei di Imperia), non più ragazzini, rinuncia al “viaggio nuziale” per regalare (costo 14 mila euro) due nuove campane per completare l’effetto concerto con le 4 esistenti. E La Stampa di Imperia- con tanto di “comunicato” - non scrive una riga. Del resto neppure Il Secolo XIX. A “mamma Rai regionale” non interessa. Non c’è la “chiamata” del fratello del ministro.

Ancora Mendatica che si autotassa (ricchi e poveri) per finanziare con 46.500 euro il restauro dello storico e prezioso organo della chiesa parrocchiale. A Savona, ma con i soldi pubblici e di Fondazioni, hanno fatto la stessa cosa e a tutta pagina il giusto onore e riconoscimento del Secolo XIX, La Stampa, Rai 3 Regione. Questo sì che è ‘ giornalismo e “libera informazione”. Non “odiosa”! Non rancorosa! Che non urla!

Ricordo a caldo quanto aveva raccontato da vivo il dottor Bartolomeo (Bertin) Merlo, già medico condotto di Ceriale,  per 35 anni in servizio all’ospedale di Albenga, con gavetta da giovane medico in Valle Arroscia: Mendatica, Cosio, Montegrosso, Pornassio, Acquetico.  Testimonianze di presenze di tedeschi, partigiani, di San Marchi.  Da rabbrividire e riflettere.

Ha fatto benissimo, da maestro e coraggioso cronista, Gianpoalo Pansa, a scrivere ciò che ha scritto, alzando un “pietoso” velo. La verità, a volte fa male.

Peccato che un Pansa non ci sia in questo angolo di Liguria e Basso Piemonte; un valoroso giornalista scrittore da “voce libera”.

Qui questa voce pare affidata al responso del pure “autorevole Quaglieni”, ma con qualche dubbio sulla sua capacità di documentarsi a dovere. Frugale opinione di un anonimo cronista di provincia.

Perché? Pier Franco Quaglieni ha mai sentito parlare delle “bombe di Savona” (1974-‘75? Presto leggerà qualcosa di interessante ad opera di un cocciuto insegnante che – ignorato da molti – per anni ha cercato, spulciato. Parlando con tutti quelli che ha potuto rintracciare e alcuni che hanno “cortesemente rifiutato”. Vogliono vivere e morire in pace, senza lasciare anche ai figli e ai nipoti delle grane.

Possiamo anticipare che a proposito di “Sogno savonese” – latitante dorato – si potrà leggere qualcosa di utile. Con abituali frequentazioni e qualche pranzo da vip (con tanto di foto?) in ristorante a Varazze. E soprattutto in compagnie eccellenti, come si addice ad un “latitante” eccellente. Almeno per la giustizia italiana.      


Paolo Emilio Taviani

Quaglieni sarà d’accordo sull’uguaglianza di diritti e doveri. Un “Sogno” da prendere a modello?

Ovviamente, potrebbe accadere che chi ha i soldi per un buon avvocato, diciamo che potrebbe cavarsela. Meglio se con conoscenze altolocate che non vogliono infierire. Contribuiscono a mettere la sordina. Atteniamoci ai fatti, quelli almeno noti. Certi.

Andiamo oltre. Quaglieni ha mai sentito parlare del ministro ligure Paolo Emilio Taviani, morto senza ricchezze personali, senza che i figli possano essere tacciati di nepotismo?

Quel Taviani che frequentava pure questa terra, che trascorreva negli anni ’50 le vacanze, con la  sua numerosa famiglia, ora a Monesi (albergo Redentore, in rovina), a Bardineto all’albergo  Delle Corriere” (ora residence) che per suggerimento di un affezionato, estroso cliente-pittore albenganese (l’indimenticabile Vittorio Fiori, con abitazione in Corso Italia),  venne messa l’insegna a muro del locale alla rovescia. Facendo “ridere tutti”, incuriosire. Ottima trovata, con tanti complimenti alla famiglia Manfrino. Gli eredi sono tutti vivi. I ricordi di Taviani-ministro compresi.

Un padre costituente, Taviani, che fino all’ultimo ha saputo “nascondere” il suo ruolo primario in Gladio (spiegheremo in altra puntata il ruolo e per conto di chi) e scrive a pagina 391 nel suo libro “Politica a memoria d’uomo  (edizione il Mulino 2002) di… “Il golpe abortito di Edgardo Sogno”.  E aggiunge: <Che Sogno sia stato un eroico protagonista della Resistenza lo scrissi 55 anni fa. Ne avevo avuto esperienza diretta, a Genova, in Lombardia, sul Lago Maggiore. Del tentato golpe nel 1974 (anno dei 14 attentanti ad opera di ignoti a Savona, con un morto e 12-13 feriti, una città sotto assedio e paura. Tra i primi fu presa di mira la casa dell’onestissimo senatore Dc, Varaldo) hanno largamente parlato i giornali. Non posso esimermi dal portare un’esatta testimonianza. Nell’agosto 1974 arrivò sul mio tavolo al ministero dell’Interno un’informazione che raccontava di una presunta cospirazione per instaurare il regime presidenziale in Italia. Faceva, fra gli altri, i nomi di Pacciardi, Sogno, Brosio e Palumbo, comandante della Divisione Carabinieri Pastrengo. Lo rinviai al capo della Polizia con scritto “Indagare”. Suppongo che l’informazione sia cosi giunta alla magistratura di Torino, dalla quale città era partita. Conoscevo da tempo le idee di Pacciardi e di Sogno. Mi stupii di Brosio. Di lui parlai con Carlo Russo (ex ministro Dc, savonese doc)  che lo contattò e lo convinse al riserbo. Mi preoccupai per la Pastrengo. Il pubblico ministero di Torino convocò Sogno. E Sogno si rifiutò di presentarsi. Si rese latitante. Il congresso della Federazione Italiani Volontari della Libertà (Fivl) deliberò che,  con la sua latitanza di fronte alla convocazione della magistratura, Sogno si era posto fuori dalla nostra Federazione…il leggendario eroe, medaglia d’oro piemontese della Resistenza, Martini Mauro, delle gloriose brigate autonome del Cuneese, ben consigliato dal comune amico Carlo Russo, si è tenuto fuori dai pericolosi progetti di Sogno…ed il congresso con 49 sì e 6 astensioni approvò l’ordine del giorno con il quale dichiara di “prende atto con vivo rammarico che il comandante medaglia d’oro Edgardo Sogno si è posto con i suoi atteggiamenti e con la sua proclamata linea politica, fuori dalla Federazione>.


Pier Franco Quaglieni con il sindacoTabbò,  i premiati e gli organizzatori di un  concorso di poesia

<Dalle confessioni postume di Sogno e da quelle di Li Gobbi, altra medaglia d’oro della Resistenza, risulta che oggi le intenzioni di golpe sussistevano. Dai fatti risulta che il golpe abortì. Perché abortì? Innanzitutto perché il ministro della Difesa Andreotti trasferì alcuni generali che avevano aderito al progetto Sogno, mentre il generale Palumbo abbandonò l’iniziativa e riaffermò la sua fedeltà al governo. In secondo luogo perché tutti coloro che avevano dato assenso o adesione a Sogno erano dei capi. Mancavano i subalterni, i sottufficiali, le truppe….che erano invece a disposizione degli esaltati che dirigevano Ordine Nuovo. La terza ragione del fallimento dei progetti di Sogno e Pacciardi è che costoro e i loro sodali non si collegarono con Ordine Nuovo. Il Mar di Fumagalli (medaglia d’argento partigiana) si era collegato con Ordine Nuovo: strage di Brescia e successivo arresto. Non si collegò con Sogno. Non riuscì o non volle? Forse non volle, perché quelli di Ordine Nuovo, dopo il decreto di scioglimento del novembre 1973, si erano dati alle tragiche follie degli attentati sui treni>.

Scenario molto simile a quanto accadde e lo vedremo dal libro di Massimo Macciò, proprio a Savona. Con un ottimo gruppo di “fascisti”, con la passione dell’esplosivo, emigrati ad Albenga e Borghetto S. Spirito. Con un paio di presenze significative a Erli.

Prosegue Taviani nella sua testimonianza: <Sono più che mai convinto della tempestività utilità di quel decreto. Quando Sogno fu arrestato, un pubblico ministero chiese la mia testimonianza e venne ad ascoltarla nella sede della Fivl, in via Sicilia, a Roma. Io non volli infierire su Sogno. Riferii che egli aveva distribuito dei contributi ad alcune associazioni partigiane della Fivl. In ciò non c’era alcun reato.  Gli dissi anche che non mi risultava che fosse riuscito a portare a termine alcuna iniziativa concreta di mutamento istituzionale. Sogno fu poi prosciolto>.

Esimio studioso, Quaglieni  sicuramente avrà letto questa documentazione prima di “aprire la bocca” e scrivere l’articolo sull’autorevole quotidiano Fiat. E si, perché a questo punto da parte di Taviani ( e qui vedi… l’intero articolo a tutta pagina su La Stampa, titolo “Albenga, via Tortora ha unito la politica. Alassio via Sogno può dividere, ma nel rispetto”) c’è stato non la critica “sempre lievito della democrazia, ma scriverebbe lei “l’unilateralità del giudizio e l’astio fazioso(sic!) fanno male al confronto. Il comandante Sogno…deve meritare il rispetto di tutti i sinceri democratici, come dimostrò Giuliano Amato nel riconoscere i funerali di Stato e come fece Aldo Cazzullo dedicandogli un libro. Tra l’altro, senza attendere i prescritti dieci anni dalla morte, altre città tra cui Milano gli hanno dedicato vie, senza suscitare le polemiche alassini>.

 Ecco il Quaglieni documentato a dovere.

Conclusioni “logiche”? Che brutta figura ha rimediato, gentile avvocato Claudio Bottelli, fresco di “Alassini d’oro” 2009! Lei che appartiene ad una storica famiglia alassina con  alle spalle 58 anni di laborioso impegno forense. Partigiano della Resistenza, presidente dell’Anpi, già presidente dell’Associazione Vecchia Alassio, e che ha perorato le cause a difesa dei diritti di Alassio, si permette di contraddire uno storico “illuminato” come Pier Franco Quaglieni?

Lei, avvocato Bottelli, descritto da Il Secolo XIX <amante integerrimo e strenuo difensore del dialetto e della tradizione alassina>, si prende il lusso di criticare una scelta del conte architetto Marco Melgrati e della Resistenza che, con onore, vuole rappresentare? Ma scherziamo! Siamo uomini o generali?  

Se vuole ancora dialogare con i Melgrati boys e i “veri giornalisti” – documentati – si cosparga prima il capo di cenere. Chieda pubbliche scuse e gli alassini applaudiranno, poi gli albenganesi e sarà un “coro da applausometro”.

Forse anche i loanesi dove viveva, saltuariamente, il “camerata” scrittore Giano Accame, ma avendo possibilità di incontrarlo e di parlargli, da cronista di strada, potrebbe riservarci qualche sorpresina inedita, a proposito di Sogno “savonese”.

E visto che il grande Pier Franco Quaglieni parla volentieri di Tortora, a cui va tutto il nostro affetto per la tragedia di cui fu vittima, si sarà documentato di tale Giovanni Melluso, detto “ Gianni il bello”.

Pubblicheremo domenica prossima un po’ di materiale d’archivio che lo riguarda. Almeno in provincia di Savona, perché in quel di Imperia c’è un altro fascicolo. Quello che ci riguarda è il “protocollo penale 1229/87 A RGPN, con impeccabile compagnia di altri birichini. Tutti con nome e cognome.

Un processo e condanna a Savona, altra a Imperia. Quaglieni avrà letto da meticoloso “storico” qualche retroscena su Melluso accusatore di Tortora.

Melluso in “missione speciale” nel ponente ligure (ospite di sconosciuti?) che si prodiga in una serie carina di rapine in banca ed uffici postali, sequestri di persona, furti di auto, armati fino ai denti, nell’anno di grazia 1978. Ad Albenga, Borghetto, Andora, Laigueglia, Imperia e oltre.


Edgardo Sogno
Quaglieni avrà letto da “società civile” –  Campioni d’Italia, Edgardo Sogno. Doppio Sogno e doppio Stato. Materiale documentato, nulla da processo sommario. Avrà letto l’intera pagina de Il Secolo XIX del 6 febbraio 1990 dedicata alla strategia della tensione. Il resoconto delle visite di Andreotti e Taviani ai “gladiatori” di Sardegna.
Avrà letto l’elenco dei gladiatori, diffuso dalla Rai Gr1, una lista di 535 nomi di cui 204 effettivi e 331 riserve. Iniziativa che venne attribuita – chissà perché – a Giulio Andreotti, attirandosi le “imprecazioni”- maledizioni di Francesco Cossiga. Ricordate il bis delle “liste di Gelli P2”?  E fuga di notizie attribuita a chi?

E visto che Quaglieni è un “pensatore” indipendente, avrà tenuto il ritaglio, sempre de Il Secolo XIX del 4 gennaio 1991, a tre colonne di spalla: <Ecco come il generale golpista voleva conquistare Genova. Biondi confessa con amarezza “A noi non dissero la verità”>. Mentre il Psi e Psdi minimizzavano “Ma non ci fu nessun vero tentativo di colpo di Stato”.

Oppure la democristianissima Gazzetta del Popolo, di Torino, prima pagina, 11 agosto 1974 (bombe e stragi a gogò in tutta Italia): <Democrazia sul tritolo>.  Con qualche personaggio alassino, pure lui in prima pagina, all’epoca. E altri titoloni non proprio ammirevoli di quotidiani del pomeriggio di Milano sulle frequentazioni alassine di estremisti di estrema destra e (forse) della zona grigia del terrorismo.

E visto che ha scelto ospitalità e spazio ad un giornale democratico ed autorevole, il prof.  Quaglieni può rileggersi l’articolo scritto da un martire delle Brigate Rosse, Carlo Casalegno. Editoriale de La Stampa, a tre colonne, nel luglio del 1974.

Con i soldi alla strategia del terrore e del sangue  versati da “un industriale genovese”, una “fitta rete in Liguria” . E poi <…il contrabbando d’armi su cui Calabrese indagava quando venne ucciso (è il papà, altro martire, della barbarie di una nazione vittima dell’estremismo, dell’attuale direttore del quotidiano della famiglia Agnelli, ndr).

Casalegno: <L’odio rozzo per il sistema democratico,  le nostalgie asburgiche…i golpe “bianchi”…>. Parole di Casalegno è vero, non di Pier Franco Quaglieni.

Luciano Corrado