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NOLI: TRAGEDIA E DANNI

DI UN DISSESTO TUTTO LIGURE

 

di Antonia Briuglia

 

UN CASO ECLATANTE.  
Si può certo intuire come la relazione presentata agli inquirenti sul pericolo di crollo in Via Belvedere a Noli, abbia fatto “accapponare la pelle”.
Si può anche intuire lo stato d’animo di chi abita in quelle palazzine sulla collina adiacente al cantiere dei costruendi 174 box interrati, costretto ad allontanarsi dalla propria casa perché in pericolo di crollo.
Un caso eclatante, ma una caso come tanti, finito nelle mani di un giudice che dovrà provvedere a ordinare quelle opere di messa in sicurezza, oggi più difficili e dispendiose, che diventano vitali e urgenti proprio per scongiurare quei dolorosi eventi a cui, in Italia, ci si sta sempre più abituando. Un caso eclatante questo, con  indagati per disastro colposo, con progetti variati in corso d’opera, approvati da un’Amministrazione Comunale che invece di valutare attentamente perizie geologiche che avrebbero potuto certificare l’eventuale dissesto, autorizza la costruzione di un’ulteriore piano di box per compensare i maggiori costi di costruzione.
Un territorio comunale, ancora una volta e come molti altri, preda di profitti invece che di tutele e di rispetto.
Un territorio comunale mercificato, senza tenere minimamente conto dei rischi idrogeologici. Questo è ciò che accade a Noli, dove il caso è esploso, ma che serve a mettere in luce quello che accade anche in gran parte del nostro territorio dove il fronte mare, i torrenti e soprattutto le colline sono stati e continuano a essere presi d’assalto da una cementificazione concessa, permessa e prevista proprio dai Comuni.

Se in Italia sono ben 5.581 i Comuni a rischio idrogeologico, ovvero il 68.9% del totale, in Liguria sono l’80%, a rischio frane e alluvioni!!!
Sono dati del rapporto nazionale redatto dalla
Protezione Civile e da Legambiente e sono chiaramente dati allarmanti.
Lo sono ancor più quando non solo le tragedie come quelle di Messina e di Ischia riempiono le prime pagine dei quotidiani, ma anche quando nella nostra Provincia continui episodi franosi interrompono la Via Aurelia richiamando la nostra vigile attenzione sulle frequenti opere di “trattenimento” dei costoni rocciosi che continuano a indebolirsi, in occasione di sempre più copiose precipitazioni atmosferiche, sotto il peso di una cementificazione massiccia e incompatibile.
Far parte, comunque, di quell’80% di Comuni a rischio non fa ancora paura come dovrebbe.  Sembra ancora lontanissima, dal nostro territorio, la lunga serie di tragedie che negli ultimi decenni ha colpito buona parte del territorio italiano, causando numerosi e evitabili morti.

Si continua, così, a costruire come si è fatto a Noli, in altre zone dissestate come ad esempio in quella del Valloria, dove si sono edificate batterie di box interrati, e dove si costruiranno palazzine con inevitabili e cospicui movimenti di terra e sbancamenti.
 
LA CURA DEL MINISTRO
 
Il Ministro dell’Ambiente Prestigiacomo ha deciso di mettere a punto un piano per combattere il rischio idrogeologico del nostro paese, che prevede l’utilizzo della tecnologia del laser scanning, con l’impiego di aerei in ricognizione a 6.000 metri di quota e mini elicotteri in volo a 300 metri di quota teleguidati in un raggio di 7 km che completeranno il rilievo dall’alto.
In questo modo si potrà designare il profilo del terreno con le sue caratteristiche, i movimenti franosi, i terreni dissestati, le discariche abusive e, soprattutto, le opere edilizie abusive e creare delle vere e proprie mappe sul dissesto idrogeologico dove si deciderà dove è più urgente intervenire e  come operare, dove demolire gli edifici abusivi, dove chiudere discariche, dove rafforzare pendii o ripiantumare.

Il piano, il cui appalto è stato vinto dalla
Vitrociset  per 9,4 milioni di euro, scatterà tra poche settimane e comincerà con le regioni Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, dove potrà avere i risultati sperati e facilmente prevedibili, considerando le situazioni di abusivismo edilizio e di degrado facilmente riscontrabili: proprio quelle situazioni a maggiore rischio che attualmente sono difficilmente individuabili.
Potrà anche essere un passo avanti per conoscere il rischio idrogeologico che colpisce buona parte del nostro Paese, ma poi ci si imbatterà sul problema cronico della mancanza di fondi elargiti dallo Stato al ministero dell’Ambiente e se consideriamo che la Protezione Civile ha recentemente calcolato che per mettere in sicurezza tutto il territorio italiano servirebbero 25 miliardi di euro, se consideriamo che questi non verranno mai destinati dallo Stato Italiano che, invece di mettere al primo posto la sicurezza dei cittadini, destina 9 miliardi di euro per le grandi opere come il Ponte sullo stretto, allora si può comprendere l’inutilità di questo Piano e della sua spesa.

Nella nostra Provincia, poi, l’inutilità starebbe nel fatto che, quasi sempre, le opere costruite sulle arre dissestate non sono abusive ma legalmente concesse, quindi perfettamente conosciute. Non si sa se corredate da perizie geologiche, ma tecnicamente approvate dalle Amministrazioni Comunali.

Nella nostra Provincia se non ci sono grandi discariche abusive, che si possono incontrare nelle regioni del Sud, sono visibili a occhio nudo  cave a cielo aperto, come quelle di Albisola Superiore che sventrano da decenni montagne, depauperano torrenti e non seguono mai  progetti di risistemazione dell’area con relative ripiantumazioni previste dalla legge.

Anzi, potrebbero un giorno, come è avvenuto a Finale Ligure per le cave Ghigliazza, diventare area edificabile, una volta dismesse, creando un profitto nel dissesto.

LE VERE RESPONSABILITA’.

Se il dissesto idrogeologico ha un'azione fortemente distruttiva perché degrada il suolo e quindi indirettamente i manufatti, deve essere chiaro come questo diventi  un problema di tutti e perché si debba esigere che chi amministra il territorio lo tuteli in modo intelligente, con tutte le azioni attuabili e previste per legge come  la previsione, la prevenzione e la mitigazione degli effetti.

Dalla prevenzione che consiste nelle attività volte a evitare o ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni, alla mitigazione degli effetti distruttivi, che consiste nella serie di azioni attuate al fine di ridurre il rischio a persone, manufatti e ambiente. Sono però gli interventi di prevenzione a essere come sempre i migliori. L'uso scorretto del territorio può trasformare un terreno normale in un terreno franoso. Una volta individuati i terreni poco stabili, un’efficace misura preventiva consiste nell'evitare accuratamente la costruzione di manufatti su questi terreni.

 

 Opere edilizie che sovraccaricano i versanti possono, inevitabilmente, provocare frane come identiche conseguenze si hanno con sbancamenti che aumentano eccessivamente la pendenza dei versanti.
 Altri interventi di prevenzione riguardano la circolazione delle acque superficiali e sotterranee. Bisogna impedire che le acque di ruscellamento raggiungano il terreno instabile e vanno allontanate dalle zone a rischio mediante fossi di scolo. L'acqua che s’infiltra, infatti, appesantisce il terreno, che frana con maggiore facilità.

Nel nostro territorio, però, non si comprende come si siano rispettati i provvedimenti normativi che vietano l’edificazione nelle aree classificate a elevato rischio idrogeologico e non si comprende come e se queste zone siano state classificate.

Le zone esondabili comprese nei Piani di Bacino della Regione che ostacolano, di fatto, l’edificazione diventano, in Comuni della Provincia savonese, oggetto di future edificazioni, stravolgendo le indicazioni pianificatorie finalizzate a un corretto uso del suolo che sappiano limitare l’urbanizzazione eccessiva di queste aree come quelle di espansione naturale dei fiumi e in prossimità di versanti instabili.

Non siamo certo un territorio di Comuni attivi in senso virtuoso, anzi da decenni si è perpetrata una cattiva gestione del territorio fortemente cementificato e compromesso. Oggi correre ai ripari diventa spesso complicato e fortemente oneroso, anche per gli stessi cittadini che di volta in volta s’imbattono sulle conseguenze di quella frana, di quel dissesto, di quell’alluvione.

 

NUOVI COMPITI DELLA PROVINCIA

Dal primo gennaio la competenza in materia di vincolo idrogeologico per tutti i Comuni non ricompresi nelle nuove Comunità Montane, proprio quelli delle località costiere, passa alla Provincia. Si comincia a lamentare già che l’accumulo di pratiche e la diversa organizzazione potrebbero compromettere l’operatività del settore edilizio che sembra strutturato in modo da gestire soltanto il territorio di Savona città.

 

Si prevede già che” le pratiche che affluiranno in via dei Sormano incontreranno intoppi per essere evase e accumuli di ritardo, visto che le aree soggette a vincolo idrogeologico, fra l’altro, interessano la maggior parte del territorio provinciale. Questo genere di “empasse” potrebbe riguardare non solo gli interventi di privati, ma anche opere di interesse pubblico.”

In un’intervista il consigliere regionale Mercenaro si preoccupa per l’economia del territorio, perché questo provvedimento procurerà, a suo dire, altri ostacoli burocratici che rallenteranno l’edificazione invece di velocizzarla.

 Una visione folle e spregiudicatamente miope dove, ancora una volta, la Concessione edilizia facile diventa un elemento politico di baratto elettorale e dove le valutazioni progettuali in tema di vincoli territoriali diventano “empasse”.

Intanto se osserviamo le colline delle  Albissole, di Valloria e di tutto il nostro litorale, davanti ai nostri occhi c’è solo la testimonianza di un unico folle disastro colposo.

                                          
 

  

                                                         ANTONIA BRIUGLIA