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 UN CLAMOROSO EQUIVOCO DI FINE ANNO

SILVIO AVEVA DETTO:

 “SIAMO ALLE COMICHE”

MA LUI PENSAVA ALLE TORTE IN FACCIA

 di FRANCO IVALDO *

SILVIO BERLUSCONI COLPITO AL VOLTO DURANTE UN COMIZIO A MILANO. BOSSI "E' TERRORISMO"

Venerdì 11 dicembre,  tutti i telegiornali della sera davano il clamoroso annuncio. Silvio Berlusconi aveva detto – commentando gli sviluppi del processo Dell'Utri a Palermo- che ormai  era tutta da ridere. La frase esatta: “Siamo alle comiche.” Una preziosa ammissione da parte di un politico in vista come lui.

Veniva ripetuta e pubblicata sui quotidiani di sabato 12 dicembre.

Lo sanno tutti, le comiche finali si fanno a colpi di torte in faccia.

E non di oggetti contundenti.

I fatti di domenica 13 dicembre sono arcinoti.

Uno psicolabile l'ha colpito al volto tirandogli in faccia una statuetta del Duomo di Milano. I violenti hanno sempre torto. Sia detto una volta per tutte

Tirare in faccia al premier un Duomo di Milano, un minareto, una moschea, una palla di vetro con il presepio sotto la neve, una statua di bronzo di Babbo Natale  non è come tirargli una torta in faccia.

Qui, qualcuno ha sbagliato di grosso. Scambiando Ridolini, per il Dittatore di Chaplin. Anche gli estremisti, i fanatici, gli esaltati, i black block, stiano un po' attenti. Che diamine! Poi  non si può dire dopo: “Contro ordine, compagni! Era una torta alla panna, quella da tirargli addosso e non il Duomo con le guglie e la Madonnina”, oltretutto simbolo lumbard e meneghino per antonomasia. Basta.

Fatta questa indispensabile messa a punto, andiamo avanti - come al solito - con i toni scherzosi, che non fanno male, sono non violenti e non mandano all'ospedale nessuno. Ognuno, in politica e -soprattutto - in democrazia dev'essere libero di pensarla come vuole, senza finire al pronto soccorso. E questo non lo dico per scherzo, ma molto seriamente. 

Comunque, torniamo al teatrino della politica , alle comiche, alle cronache delle giornate di ordinaria follia. Ridendoci sopra, in un clima festivo più adatto al periodo natalizio.

Castigat ridendo mores. Che - come traduce il ministro leghista Calderoli, finissimo latinista - vuol dire beninteso:” Castiga , ridendo, i mori.”

C'era proprio da ridere in Italia. Se non fosse stato per quella profezia del re Sole:“dopo di me il diluvio.” Lo sapete, no, chi è il re Sole. 

La gente, però, indaffarata negli acquisti straordinari di fine anno non ci aveva fatto troppo caso. 

E' pur vero che un autorevole astrologo, autore di Almanacchi futuristi, Frate Marino, l'aveva in qualche modo confermato asserendo che il Pianeta non stava per nulla bene, era nei guai fino al collo e necessitava di operazioni urgenti.

C'era il surriscaldamento globale ed il re Sole impallidiva a vista d'occhio.

Gli oceani si innalzavano assieme alle tasse. I contribuenti veneziani avevano l'acqua fino al collo, come confermava l'enciclopedico filosofo Cacciari ed il gondoliere Galan. Ma anche quelli di Messina, gettando un'occhiata dal ponte sullo Stretto,  vedevano il gorgo spaventoso del disavanzo tra Scilla e Cariddi arrivare a livelli mai visti prima di allora.

Il sindacalista Sergio Cofferati aveva ammonito: “Il reddito degli italiani è diventato come un ghiacciolo a ferragosto.”

I ghiacciai si scioglievano assieme agli stipendi.

Gli  statali in piazza gridavano: “Questa crisi è soltanto la punta dell'iceberg!”

All'Università, contestavano a muso duro Maria Stella Gelmini. La ministra,gelida, ribatteva che non era il caso di perdere la bussola e che lei per l'Università italiana era pur sempre un punto di riferimento.

“Sono la stella polare...” si mise a gridare ad un certo punto davanti al corpo insegnante. Chiamarono l'astronoma Margherita Hack, per farla tornare in sé nella sua orbita.

“La Stella sono io , se permettete.” dichiarò Belen, la fidanzata di Corona.

Stella e Corona.

Dopo che Corona si beccò una condanna a tre anni ed otto mesi, la star cambiò opinione: “Belen, disse, ma questi fanno sul serio!” E ruppe il fidanzamento con Corona. Quest'ultimo – d'accordo con Filiberto di Savoia – parlò di congiura anti monarchica. “Mi vergogno di essere italiano.” - dichiarò ai telegiornali  - “e se non me lo tolgono prima, quasi quasi cambio passaporto.”

“Ben detto” disse il delfino dei Savoia, il quale pensava invece di tenersi ben stretta la nazionalità italiana; dopo aver saputo che si stavano sciogliendo anche i ghiacciai svizzeri. Il cambiamento del clima. Questo era il dramma che incombeva sul Pianeta della Libertà.

“Capirei ancora fosse il pianeta delle scimmie; ma da gente così evoluta non me lo sarei mai aspettato.” dichiarò il bidello delle scuole elementari di Civitavecchia, Carletto Darwin. 

Tutti i governi mondiali, raccogliendo l'invito del presidente Barack Obama – saggiamente consigliato dal governatore del Nebraska, Walter Veltroni – si erano dati convegno a Copenaghen; tanto per rovinare le feste di fine anno ai poveri danesi, i quali – incolpevoli per il surriscaldamento globale -  si erano visti invadere da migliaia di giornalisti, cameramen televisivi, ministri, sottosegretari, interpreti, dattilografe, stenografi, cineoperatori, passanti occasionali, turisti giapponesi, venditori di souvenirs , venditori ambulanti, venditori di caldarroste,  sirenette contraffatte made in China, fabbricate ad Hong Kong. E naturalmente dicitori della buona e della cattiva sorte. Insomma, veggenti con gli occhiali neri .

Le previsioni apocalittiche erano talmente di moda che, persino dall'Egitto, paese particolarmente ben fornito di jettatori, era giunta al museo di Copenaghen  la mummia di Tutankamen a fare pronostici per l'avvenire. Così come facevano gli specialisti in meteorologia, in climatologia, in inquinamento atmosferico, in ecologia. I danesi erano verdi dalla rabbia. O verdi dal Co2 vatti a sapere.

Parevano Hulk. Migliaia di manifestanti no global, anche loro verdi da far paura.

Uno specialista in dissesti idro-geologici elettorali, il professor D'Alema, aveva sentenziato con il suo solito acume: “La Terra ne ha al massimo – dico al massimo – per una ventina d'anni. Se continua così. Quanto al re Sole, quello si sta spegnendo irrevocabilmente.”

“Sì, ormai è certo – aveva diagnosticato il professor Pier Luigi Bersani, dell'Università di Boston (che aveva seguito le lezioni del governatore del Nebraska, Walter Veltroni, consigliere speciale della Casa Bianca) è ormai certo che il re Sole è giunto al tramonto. Per lui, nessuna nuova alba in vista.”

Alba Parietti, dal conservatorio di Torino (conservatorio premiato dall'accademia del lifting ) aveva suggellato la diagnosi con un secco: “Il re Sole non ha più albe davanti a sé. Solo un interminabile tramonto che può durare – diciamo – una ventina d'anni ancora. Non un giorno di più.”

Enrico Letta: “Si vedeva benissimo che era al capolinea.”

Di fronte al convergere delle diagnosi, anche l'opinione pubblica si era surriscaldata come tutto il resto. Il pubblico della Scala aveva compreso – dopo aver visto la scenografia della Carmen di Bizet – che era il momento di mettersi all'Opera, prima che fosse troppo tardi.

Il presidente Giorgio Napolitano, con l'abituale saggezza, aveva lanciato un monito solenne tutto da interpretare dalle menti più accorte: “Guardate che di Terra ne abbiamo una sola! Io ve l'ho detto. Adesso, vedete un po' voi.”

Ma quello che più inquietava l'opinione pubblica era il fatto del diluvio universale, dopo il tramonto definitivo del re Sole. Egli stesso, in prima persona, l'aveva confermato col suo modo di fare melodrammatico.

Infatti, alla Scala avrebbe voluto cantare l'Aida di Verdi – al posto della Carmen di Bizet  – ed interpretare il ruolo di Radames (discolpati!) assieme al basso Renato Brunetta, alla soprano Noemi, ed al baritono Di Pietro, il sacerdote accusatore che, per l'appunto, grida col coro delle toghe rosse: “Radames, discolpati!”

Non era stato possibile per il veto opposto dal soprintendente alla Scala dei Lombardi, Umberto Bossi, il quale era stato perentorio: “O si mette in scena il Nabucco con il coro ufficiale della Padania “Va pensiero sull'ali dorate” oppure non se ne fa nulla. Ci accontentiamo della Carmen, anche se mi spiace dirlo è una extra comunitaria, una rom, o qualcosa del genere. Per me Bizet vale quanto Goffredo Mameli col suo inno “schiava di Roma Iddio la creò”. Roma ladrona, beninteso! Quanto al diluvio, l'unico che prevedo è il diluvio dei voti leghisti alle prossime Regionali di marzo. Guardatevi, romanisti, dalle idi di marzo.”

Tutti cercavano di distrarsi andando a vedere al cinema l'ultimo kolossal di Cecchi Gori: I quattro cavaliere dell'apocalisse ( Visco, Padoa Schioppa, Prodi e Bersani).

Ma era la pellicola che anziché distrarre, aumentava le preoccupazioni. Possibile, si chiedeva la gente, che le disgrazie non arrivino mai sole. Una tira l'altra, come le ciliegie. Possibile che dopo di lui, debbano per forza esserci loro ?

Il clima da fine anno – con tutti quei profeti di sventura; c'era pure la profezia dei Maya per il 2012 – si era trasformato in un clima da fine del mondo.

Guastafeste di Copenaghen. Altro che fiabe di Andersen; parevano i racconti del terrore di Edgar Allan Poe. Un misterioso personaggio, rimasto nell'ombra aveva persino rapito dal suo scoglio, la Sirenetta di Copenaghen, in una tetra notte senza luna. Vennero rinvenuti sugli scogli adiacenti pacchetti di caramelle che il maniaco sessuale aveva offerto alla Sirenetta minorenne per indurla a seguirlo e a cedere, presumibilmente, alle sue insane brame.


Le ricerche non dettero esito. Poi un giorno la Sirenetta tornò sullo scoglio ed in un comunicato stampa annunciò la sua intenzione di partecipare al concorso di Miss Universo. Un misterioso amico, rimasto nell'ombra, le aveva assicurato che le avrebbe fatto dare il primo premio. Gli apocalittici non si stancavano di ripetere: “E' la fine del mondo!” Una mano ignota aveva tirato addosso alla premier danese, Isotta la Bionda, una statuina raffigurante la Sirenetta sullo scoglio. Tristano aveva minacciato: “Lo so io chi è stato. Adesso, mi vendico!  Ne vedrete delle belle.”

Rosa Russo Jervolino, sindaco di Napoli, facendosi avanti, denunciava i rischi di un improvviso spostamento dell'asse terrestre e di una deviazione a destra della corrente del Golfo, dovuta ad infiltrazioni camorristiche nella crosta oceanica.

“Mai stato sull'Oceano in vita mia!” assicurò l'onorevole Cosentino. “Quanto alle infiltrazioni, rivolgetevi ad un idraulico.”

Il governatore della Liguria, Burlando: “Aumentiamo la velocità sulle autostrade a 150 chilometri all'ora. Ma guai ad andare contromano.”

Biasotti: “L'importante è mantenere la destra.”

Persino Beppe Grillo, proprietario di catene alberghiere a cinque stelle, aveva tentato di scalare la statua di Balilla, a Genova, davanti al palazzo di Giustizia, nel caso il Giudizio Universale finisse per sommergere d'acqua la città della Lanterna.

“Occorre fare piena luce sui temi ecologici e su tutto questo catastrofismo neo illuminista, forse immotivato!” aveva decretato il presidente  dell' Enel.

 Dura replica delle autorità ecclesiastiche: “Non c'è bisogno degli illuministi per fare piena luce. Basta la fede.”

“Fede basta e avanza!” dichiarò un amministratore del Tg4. 

Per fortuna,  c'erano gli ottimisti ed i previdenti.

Un cardinale milanese aveva detto: “Costruiamo più minareti, così se l'acqua sale potremo rifugiarci in cima assieme ai muezzin, nell'ora della preghiera.”

Il leghista Calderoli aveva replicato: “Meglio salire sulle guglie del Duomo. E che la madunina ci protegga almeno noi leghisti. Gli altri si arrangino. Vadano a rifugiarsi a casa loro. Ognuno si preoccupi dei diluvi suoi. ”

“Lo so io a chi le getterei le guglie del duomo!” disse Beppe, l' anarchico individualista.

Francesco Rutelli e Noé Tabacci erano tra i politici previdenti. Gli ultimi ottimisti ma non troppo. Beati gli ultimi se i primi sono onesti. (Niente di meno sicuro).

Comunque con la sigla che riecheggiava un poco una marca di benzina: l'Api (Alleanza per l'Italia) Rutelli e Tabacci avevano raccolto sull'arca tutti coloro che si erano messi in salvo dopo il lento affondamento del titanico PD – aveva urtato un iceberg socialdemocratico scandinavo, staccatosi dal Polo a causa dello scioglimento dei ghiacciai della sinistra europea, dovuto al surriscaldamento globale.

C'erano, insomma, tutte le avvisaglie del diluvio universale.

Se n'era accorto anche Pier Ferdinando Casini, il quale aveva unito i propri sforzi a quelli dei costruttori dell'arca.

Si era aggiunto – strada facendo – anche Gianfranco Fini, il quale aveva acceso una grande fiamma di segnalazione per guidare la rotta dell'arca, nelle perigliose acque buie della politica nazional-popolare.

Gli increduli erano rimasti a terra. Gli inguaribili ottimisti.

Come Luca Cordero di Montezemolo, il quale in un trattato dal titolo “Terra Futura” aveva spiegato per filo e per segno come fosse facile salvare

il pianeta. “In fondo – scriveva Montezemolo – che cosa è la terra se non una gigantesca astronave con sette miliardi di passeggeri ? Orbene, basta aumentare la velocità sui percorsi e sui circuiti cosmici per fare in modo che l'astronave Terra mantenga la rotta e giunga prima al traguardo!”

“La velocità sulle autostrade – ripeté Burlando – si può portare a 150 all'ora. Ma mi raccomando: non andate contromano.”

Biasotti: “Mantenete la destra.”

Emilio Colombo: “ Io sono per la tutela dei grossi cetacei. Salviamo la balena bianca. Può ancora servire.”

“E' l'uovo di Colombo!” scrisse ammirato Furio Colombo, notista dell'Unità, sul Corriere dei Piccoli, il cui editore – grazie a certi risparmi che aveva da parte da investire - era diventato il  ministro Renato Brunetta.

S. Stefano Epifania della Cgil: “Quest'anno niente doni. Solo carbone nella calza e nelle ciabatte di Giulio Tremonti.”

Giulio Tremonti: “ I soldi dello scudo fiscale e del tesoretto mi servono per rinsaldare la zattera dell'economia. Altro che darli ai ministri spendaccioni ”

S. Stefano Epifania della Cgil: “Abbiamo il carbone. Vedo nero nel futuro. L'energia nucleare non arriverà in tempo. Il piano energetico fa acqua da tutte le parti.” Il governo privatizzò il piano energetico.

“Ci sono le centrali nucleari francesi, se vi servono...” propose il sarto parigino Sarkosy dall'Eliseo. Ma una mano misteriosa, rimasta nell'ombra, per farlo stare zitto, gli lanciò in faccia una statuetta di ferro della Tour Eiffel.

Non ci crederete: alla fine,tutte le previsioni si rivelarono errate.

Non vi fu alcun diluvio. Eravamo ormai all'era glaciale delle comiche. Sì, insomma, delle freddure. Lo Stivale era tutta una comica.

Il re Sole continuò a splendere per lunghi, lunghissimi (interminabili) anni. Faceva un caldo infernale, questo sì. Ma se ne andarono tutti al mare, a mostrare le chiappe chiare, nelle colonie di Marino.

L'effetto serra triplicò il reddito dei gestori degli stabilimenti balneari. Reddito abbronzato, per lo più, in nero.

La Groenlandia sembrava il Brasile, come diceva Cesare Battisti che si era rifugiato proprio lì sullo yacht del presidente brasiliano Lula, per sfuggire alle persecuzioni dell'Italia fascista.

Le nevi, però, non si erano sciolte tutte;  sull' Himalaya era nevicato di brutto. Proprio di brutto.

Una spedizione nepalese credette di aver visto lo yeti, l'abominevole uomo delle nevi.

Da accertamenti successivi, risultò essere il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che progettava di prendere alle spalle i talebani, piombando sull'Afghanistan dal Tibet, come gli aveva consigliato il Dalai Lama; per fregare il premio Nobel per la pace a Barack Obama, con un attacco a sorpresa.

Il re Sole – strimpellando malinconiche note sulla chitarra assieme ad Apicella - continuava a sognare di interpretare l'Aida, nella parte di Radames. Si era comprato la pasticca del re sole, per rimare l'ugola d'oro del teatrino nazionale della politica.

“Sul mio regno – aveva concluso – non tramonta mai il sole!” 

 Fu effettivamente così per un certo periodo di tempo.

Colui che in passato era stato considerato il principale avversario politico del re Sole (quindi, un cordialissimo collega ed amico) non intravvedendo spiragli nuovi per tornare alla ribalta, si era rivolto anch'egli al Sol Levante.

Romano Prodi – come avevano scritto con un certo rilievo i quotidiani - aveva firmato un contratto con la televisione cinese, per tenere delle conferenze come specialista degli affari internazionali. Insomma, un analista di politica estera per spiegare ai cinesi le sottigliezze della strategia globale. Autorevolissimi editoriali belli e pronti per l'anno 2010 per consigliare alla Cina di comportarsi in un certo modo sullo scacchiere mondiale .

Penserete che non essendo stato compreso dagli italiani, il professor Romano Prodi volesse – giustamente – provarci con i telespettatori della Cina e farsi capire almeno da loro, grazie ad un capace interprete. Aveva già preparato con scrupolo le sue conferenze da analista internazionale.

Gli italiani non l'avevano compreso ?

No, vedete, non è proprio così.

Il guaio di Prodi non era che gli italiani non lo avessero compreso. Lo avevano capito benissimo. Anche troppo. Era appunto questo il suo guaio.

Ed i cinesi che c'entrano, direte voi ?

Che domande!

Lui sperava che quelli, i cinesi,  non lo capissero. Almeno loro.

Invece – ahi noi! - l'hanno capito. A volte ritornano.

Lui è già tornato in Italia.

Al suo rientro a Fiumicino c'era ad accoglierlo il suo amico premier, sul predellino di un'auto, ad annunciare qualche cosa. Come un buon piazzista. Si erano salutati cordialmente, come facevano da quindici anni a questa parte. Un'intesa perfetta. Mai uno screzio.

Si erano trovati entrambi d'accordo: “Siamo alle comiche finali. Alle sceneggiate televisive, da carta stampata e da web.”

Reti unificate per pesci grossi e pesci piccoli. Purché siano elettori che abboccano all'amo.

Appunto! Come volevasi dimostrare.

        *Franco Ivaldo è giornalista e scrittore. Autore del libro “Inchiesta sul delitto Pertinace. Il ligure che divenne imperatore di Roma”. Fratelli Frilli Editori. Genova.