versione stampabile DUE PERSONALITÀ AGLI ANTIPODI: BERLUSCONI E FINI
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M. G. Pellifroni |
Prendo spunto da una trasmissione su History Channel che narra una vicenda dell’ultima guerra, iniziata nel 1943 e ben poco conosciuta: l’incarico da parte del governo USA ad uno psicologo di Harvard di stilare un profilo psicologico di Hitler al fine di riuscire a prevedere le sue prossime mosse. Lo studioso costituì un team con altri psicologi e iniziò basandosi su testimonianze di ebrei che avevano avuto occasione di essere vicini al führer in vari stadi della sua vita per poi emigrare negli USA o in Canada dopo le persecuzioni degli anni ’30. |
Unendo queste testimonianze a
notizie di altre fonti sui rapporti di Hitler
adolescente con il padre violento, con
conseguente rifugio nel grembo materno, sul suo
morboso attaccamento alla nipote, poi
suicidatasi, con gravi ripercussioni sulla
psiche dello zio, e su altre vicissitudini che
segnarono i suoi anni precedenti alla presa del
potere, il team dello psicologo arrivò a fare
previsioni sorprendentemente corrette sulle
azioni che il soggetto avrebbe compiuto nei
successivi due anni, forte della sua convinzione
di riassumere in se stesso il popolo tedesco, di
cui si considerava il messianico salvatore. Di
qui la fanatica resistenza anche di fronte alla
schiacciante superiorità degli avversari e
all’inevitabile sconfitta, trascinando nel suo
lucido suicidio quello del suo popolo, in lui
incarnato. Le previsioni delle future decisioni
belliche tratte dal profilo psicologico di
Hitler furono così azzeccate che questa squadra
di psicologi fu il germe da cui prese poi vita
il Central Intelligence Service (CIA), che in
verità non si distinse per iniziative di pari
lungimiranza e spessore. Questa storia mi fece molto
pensare; e mi venne quasi spontaneo ispirarmi a
questo progetto per tentare di applicarlo alle
due personalità che stanno occupando le cronache
di questi ultimi tempi: Berlusconi e Fini. Non sono uno psicologo e
quindi ho seguito un metodo diverso: riscontrare
quanto delle loro personalità è comune a me
stesso, avendo quindi un calco di paragone che
conosco, o credo di conoscere, abbastanza bene. |
Berlusconi-beato-tra-le-donne |
Era anche il periodo in cui l’Italia era periodicamente visitata da schiere di ragazze “nordiche”, alla ricerca di avventure con i latin lovers, ben felici di accontentarle, vista la pruderie delle ragazze nostrane dell’epoca. Questi dunque i modelli comportamentali che modellarono le future gesta del Cavaliere:
a)
un ostentato ottimismo e attivismo, debordanti
nella frenesia del mattone e poi della TV, senza
badare troppo a imperativi morali, e quindi
ricorrendo a qualsiasi mezzo pur di raggiungere
i suoi fini; |
Ho condiviso entrambe queste
tendenze del nostro; e certo potrei anch’io
definirmi, per quello stesso periodo della mia
vita, un berlusconiano ante litteram. Certo non
mi detti ad erigere palazzi, ma ricordo bene la
foga che mi spinse a laurearmi puntigliosamente
con un anno di anticipo in una facoltà ostica
come chimica industriale, l’anno di dottorato in
Nordamerica per fare un bagno nel continente che
rappresentava il faro del mondo, il rientro in
Italia come “uno che è stato in America”, il
gratificante lavoro in una multinazionale, dove
spopola chi parla inglese, le decine di flirt,
insomma la bella vita in una realtà urbana che
stava sperimentando in anticipo le future glorie
della “Milano da bere” degli anni ’80: quelli
del craxismo, precursore diretto del
berlusconismo. |
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Il grosso della nazione,
invece, si sentì rappresentata dalle persone
come Berlusconi, usando come metro di valore i
soldi che riuscivano ad accumulare. Gli anni ’80
rappresentarono poi una pausa di evasione, anche
per me, che rifeci un lungo tuffo nella libertà
di costumi inaugurata dal sessantotto. Gli anni
’90 cominciarono come una rivolta, non più
gruppuscolare ma istituzionale, contro gli
eccessi del craxismo, per poi ricadere nel
berlusconismo, animato dallo stesso spirito del
garofano. Mentre mister B rimane tuttora ancorato agli anni della cieca fiducia nel progresso (nucleare, grandi opere faraoniche, ecc.), senza vederne, se non con fastidio, il lato negativo, Fini ha cambiato radicalmente idea, proprio come accadde a me a cavallo tra gli anni ’60 e ’70. Resta da capire quale sia stato l’evento scatenante. |
Nel mio
caso fu l’assedio del traffico e l’aria
irrespirabile di Milano. Che cosa ha spinto Fini
ad affrontare un’esistenza ormai fortemente
controcorrente, con la prospettiva, di cui io
stesso fui vittima, di venire isolato e guatato
come un “diverso”, un pericolo alla libertà di
fare i propri interessi, nel disprezzo del
prossimo e dell’ambiente? Se posso azzardare
un’ipotesi, basata sui ripetuti interventi a
favore degli immigrati, io credo che Fini abbia
sentito rompersi qualcosa nella propria
coscienza assistendo ai ripetuti arrivi dei
barconi di disperati: quelli stessi cui avrebbe
dovuto provvedere una legge che porta
paradossalmente il suo nome. Di lì la sua
ribellione e la mediatica conversione ad una
nuova visione sociale e quindi politica, contro
i pareri della sua stessa compagine
partitica. E alla richiesta di chiarimenti non
poteva che opporre “di non voler rinunciare alle
proprie [nuove] idee”. Credo anche di poter
aggiungere alle cause del suo mutato percorso
qualcos’altro, che attiene la sua vita privata:
il secondo matrimonio, la nascita di due
creature, devono avere dato un senso
completamente diverso alla sua vita, invitandolo
a riconsiderare posizioni sino a poco prima
professate senza il beneficio del dubbio. Un
amore che giunge benedetto e inatteso quando ci
si ritiene non più esposti ai suoi strali,
induce a guardare il mondo con maggior empatia,
acuendo la sensibilità e la positiva
disposizione verso il prossimo. Tutto ciò mentre l’altro
co-fondatore dello stesso PdL era più che mai
preda di sentimenti antichi: quelli del gallo
italico sopra descritto, che in lui non s’erano
mai neppure sopiti, e che lo stavano portando ad
aggiungere alle grane del politico e
dell’imprenditore quelle dell’adultero, non per
amore ma per puro sesso, e prezzolato. Mentre
Fini scopriva le gioie dell’amore e di una nuova
famiglia, mister B doveva subire le pubbliche
denunce della seconda moglie e lo sfacelo della
famiglia sua. Dunque, gli stati d’animo dei
due maggiori esponenti del PdL sono totalmente
diversi, con la mente di B che si allontana dai
problemi della politica sotto l’assillo di
quelli personali, mentre la mente di F ha modo
di affrontare la politica in uno stato di
serenità e di com-passione di cui può godere
grazie ad una gratificante vita privata; tanto
da mollare tutto e tutti, nel pieno delle ultime
polemiche contro di lui e correre a casa per il
secondo compleanno della sua bambina. Credo che, in questa
situazione, B acuirà i suoi sforzi per risolvere
a qualunque costo (per tutti noi) i suoi
problemi giudiziari e familiari, aderendo
all’immagine consolidata di uomo tutto d’un
pezzo, di quelli “che non cambiano mai idea,
neanche di fronte all’evidenza”. Mentre Fini
sarà fortemente tentato di comportarsi in
coerenza con le sue nuove idee, arrivando anche
a staccarsi dai suoi compagni di un tempo per
incompatibilità ideale. Mi rendo conto che questa mia
è un’esercitazione basata sulla mia doppia
natura: berlusconiana quella antica (ma in parte
insopprimibile), e paolina-finiana quella della
maturità, in una convivenza spesso conflittuale
e contraddittoria. Ma credo che chiunque, anche
il più distaccato psicologo, non riesca a
mettere totalmente da parte se stesso
nell’affrontare i problemi altrui. Se le mie analisi non
corrispondono alla reale psicologia dei due
personaggi esaminati me ne scuso coi lettori,
giustificandole con il desiderio di coniugare
compartecipazione, razionalità e immediatezza.
Marco Giacinto
Pellifroni
29 novembre 2009
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