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LE MILLE BOLLE BLU

 

  Marco Giacinto Pellifroni

 


M. G. Pellifroni

Finché gli sceicchi si limitavano a comprare cammelli milionari o a collezionare Rolls-Royce dalle maniglie d’oro, i proventi del petrolio erano largamente sufficienti, nonostante queste follie fossero comuni alle centinaia di membri delle dinastie reali; ma quando le stravaganze hanno raggiunto cifre di decine di miliardi di dollari, disseminando il deserto di grattacieli, piste sciistiche, sabbia con serpentine refrigeranti, isole artificiali a forma di palma e via di questo passo, anche l’ultimo degli sprovveduti avrebbe capito che così non poteva continuare.

Quando in TV apparivano sullo sfondo desertico le aliene sagome di grappoli di torri sempre più alte alla conquista del cielo, in una moderna riedizione della torre di Babele, mi chiedevo chi pagasse tutto questo sperpero.

La risposta era: le banche internazionali; sì, proprio le stesse che negano un fido di diecimila euro ad un imprenditore, magari con vent’anni di attività alle spalle e in temporanea difficoltà a causa della crisi creata dalle banche stesse. Drop dead!, come dicono efficacemente gli americani: crepa pure! Abbiamo altri impieghi ben meno rischiosi e assai più rimunerativi.

Eccoli, quegli impieghi. I grandi banchieri, quelli, per intenderci, che intascano milioni di dollari o euro all’anno di bonus (come i nostri boiardi di Stato), a prescindere dai risultati, non hanno voluto vedere che dimensione stava assumendo la bolla di Dubai.


Cammella acquistata per $ 2,72 milioni dallo sceicco del Dubai.

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/5/58/Burj_Dubai_20090916.jpg
La nuova torre di Babele

Questa razza padrona –e non mi si accusi di razzismo!- è la stessa che ha prestato all’emiro del Dubai la bellezza di $ 80 miliardi, sottraendoli alle opere indispensabili nei loro stessi Paesi, le cui infrastrutture (dall’Italia agli USA) stanno subendo gli ultimi attacchi del tempo e non vengono rinnovate in quanto “mancano i soldi”.

Ecco dov’erano, i soldi: in colossali cattedrali nel deserto, per dare la possibilità ai pochi che arrivano al top, calciatori, politici, banchieri, personaggi dello spettacolo, mafiosi (e sempre meno imprenditori “veri”), di continuare a dare spettacolo di sé in località esotiche, mentre da noi il reddito zero colpisce fasce  sempre più ampie della popolazione.

Sembra che non ci si riesca a sottrarre alla fata morgana delle bolle immobiliari. Ma qual’è l’origine di questa moderna dipendenza, che ha contagiato così gran parte dei Paesi ricchi, portandoli a devastare il loro stesso territorio?

La risposta è: lo sganciamento della moneta dall’oro, ossia da qualcosa di non manipolabile in quantità e qualità. Sebbene moneta ed oro fossero in buona misura sganciati già dagli anni ’30 –quando Roosevelt confiscò tutto l’oro degli americani in cambio di carta- il divorzio definitivo fu sancito ufficialmente il ferragosto del 1971 (le porcate si fanno sempre durante le feste, di soppiatto). Da quella fatidica data il dollaro si sostituì brutalmente e unilateralmente all’oro, sotto la minaccia delle portaerei USA, e iniziò la sua marcia inflativa verso la supremazia globale della finanza sull’economia reale.

La reazione della gente fu istintivamente quella di trovare un’alternativa alle banconote, non più garantite da un bene reale: dapprima il mattone, considerando ormai l’oro un valore fine a se stesso, un “relitto barbarico”. Caspita, si diceva, l’oro non serve quasi a niente, mentre le case, gli uffici, i centri commerciali, hanno un valore d’uso. Se ne costruirono mai tanti che il mattone fece la stessa fine dell’oro, perdendo l’originale valore d’uso e scadendo a merce autoreferenziale (mentre l’oro tornava prepotentemente a crescere). Ma è un investimento, si pensava, perché utile in potenza. Al contrario, è scoppiato come una bolla di sapone; e a Dubai, “paradiso” edilizio e fiscale, in un giorno il prezzo delle suite principesche si è dimezzato. Eppure, fino a pochi giorni fa, era così chic ritornare dal “paradiso” ammutoliti dal lusso sfrenato di hotel a N stelle dove in una notte si bruciava lo stipendio annuo di un precario o cassintegrato.

Qualche responsabile? Nessuno, come sempre. Tutti innocenti e impuniti, pur essendo la miseria profusa a piene mani facilmente riconducibile ai moderni maghi della finanzia, seduti ai vertici delle banche. L’impunità più offensiva è ormai la regola per chi tira le fila di un mondo votato a divorarsi anche senza l’intervento di asteroidi o comete.  


Miserere nobis!

 

IMPUNITÁ, AD OGNI COSTO

 

Del resto, non abbiamo anche noi in Italia l’esempio di un capo del governo, ormai un monarca, che usa verso di se un’imm…punità senza fine, coadiuvato da un’acritica corte al suo amorevole servizio? Anch’egli causa danni immensi al suo popolo nell’attività ormai prevalente delle giornate sue e del suo seguito, tese alla ricerca ad ogni costo (per gli altri) di scappatoie dalle aule giudiziarie; scappatoie che svuoteranno le carceri di fior di delinquenti. Se ne è continuato a lamentare il sovraffollamento? Et voilà, problema risolto.

 

Di Pietro arriva a chiedere addirittura un intervento americano, stile Iraq con Saddam, per “assicurare alla giustizia i nostri politici corrotti e collusi con la mafia”; per ri(?)portare la democrazia in Italia.

Una proposta talmente iperbolica da dimostrare a che grado di esasperazione è arrivata una parte d’Italia. L’esasperazione di quanti subiscono fremendo la permanenza al potere di una squadra di personaggi intenti a scardinare ogni regola civile con ripetute leggi ad personam varate col ricorso alla fiducia. Il premier incorre in un’intercettazione? Subito una legge contro le intercettazioni, pur essendo il primo mezzo per incastrare i delinquenti. Il premier, per atti commessi prima e dopo la sua entrata in politica, ha accumulato una valanga di processi? Subito un lodo per porlo prontamente al riparo, accusando i giudici di essere di parte, comunisti. La Corte Costituzionale boccia il lodo in quanto incostituzionale? Anche i giudici della Suprema Corte sono comunisti. Subito un’abbreviazione della prescrizione dei reati, per archiviare i processi del premier (e migliaia di altri, ma questo non turba i suoi sonni). Fini si pone di traverso? Allora, subito una legge per il “processo breve”, irrealmente breve, nelle condizioni in cui versano i nostri tribunali. Migliaia di altri processi moriranno con quelli che tanto infastidiscono Lui? E chi se ne frega! Qualcuno persino nel centro-destra mugugna di fronte a tanta impudenza? Fuori dal partito. Dopotutto è il Popolo delle Libertà; per cui chiunque è libero di farsi sbattere fuori, democraticamente, a maggioranza, così come si procede in parlamento. Alternativa? Una leggina, o meglio una sveltina, per consentire al premier di governare al riparo da ogni interferenza della magistratura, comunista o meno. Tra l’altro tanto zelo tutorio non si comprende, visto che i processi  di mister B finiranno comunque prescritti. Ci sta pensando il fedele Ghedini, col ricorso al “legittimo impedimento”. Un po’ come l’Unione Sovietica coi suoi niet al Consiglio di Sicurezza dell’ONU ai tempi della guerra fredda. L’ultimo “impedimento” non è l’inaugurazione di un consesso mondiale come la FAO, un G20 o il Congresso Mondiale sul Clima di Copenaghen; no, è un semplice Consiglio dei Ministri, indetto dallo stesso mister B a suo piacimento. Guarda caso, proprio alla prima udienza del processo Mills. Quello dove il corrotto ha già subito la condanna, ma non il corruttore, che, caso vuole, i giudici individuano proprio in lui, l’inafferrabile.

Ma qui siamo ancora in Italia, o non forse ad Haiti, o in Birmania, o in Zambia? Cosa siamo diventati noi italiani, un gregge di pecore? È questo lo stesso popolo che ha fatto la mitica Resistenza contro i metodi di un altro dittatore, o dobbiamo pensare che, senza l’intervento esterno (americano, proprio come invocato da Di Pietro) saremmo ancora sotto il suo tallone per mancanza di nerbo? Assistiamo al progressivo scardinamento dell’ordinamento democratico, che tanto sangue è costato, e non muoviamo un dito? Neppure quando andiamo a votare, o anche solo rispondiamo ai sondaggi, che confermano un gradimento di questa compagine di governo all’incredibile cifra del 60% e più? È questa l’Italia che stiamo consegnando ai nostri figli?

E che dire del capo dello Stato che benedice questa maggioranza, in quanto godente di un ampio supporto parlamentare e che quindi nessuno può cacciar via? Forse lui potrebbe, visto che ha il potere di sciogliere le Camere. Ma come aspettarsi una mossa di tale audacia da chi ha sinora premurosamente firmato tutte le leggi, da Prodi a Berlusconi?

 

Marco Giacinto Pellifroni                                                     29 novembre 2009