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A Bruxelles, disperazione e proteste di popolo

 

POVERA EUROPA!

COME FARA' AD ANDARE AVANTI

SENZA MASSIMO D'ALEMA?

 

dal nostro corrispondente FRANCO IVALDO *

 

Bruxelles - Neppure la penna di Shakespeare servirebbe a descrivere la delusione - ma che dico la delusione ? La disperazione- della gente di Bruxelles, dei portuali di Anversa, dei pescatori di Ostenda, all'annuncio che Massimo D'Alema non ce l'aveva fatta a diventare ministro degli Esteri dell'Unione Europea.

Una tragedia, una vera, grande, tragedia.

Attorno a Palazzo Berlaymont, si erano subito formati capannelli di folla urlante:"Aridatece Massimo! Non vogliamo che se ne torni a Roma con la coda tra le gambe e ci lasci qui da soli indifesi." Cortei di protesta in tutte le città, striscioni, caroselli della polizia, caroselli pubblicitari. Arresti.

Testimoni oculari raccontavano di sommosse e moti popolari nel popoloso quartiere di Ixelles e di aperta rivolta tra i pescivendoli e le lavandaie di Saint Gilles. Sull'elegante avenue Louise, centro del mondo dei vip, i commercianti in segno di protesta, avevano abbassato le saracinesche delle gioiellerie e delle boutiques d'alta moda. Nel porto di Anversa, oltre ai portuali erano scesi in sciopero i croceristi ed i piloti degli yachts. Nel quartiere del Grand Sablon, scioperavano gli artisti, i pittori, gli scultori, i musicisti. Il mondo della Bohème, insomma. Incrociavano le braccia persino i poeti e gli attori. 

Sì perché la notizia della mancata designazione di D'Alema è stata risentita come una sconfitta terribile non solo delle classi laboriose, del mondo dell'arte e della cultura , ma anche dell'alta borghesia e persino della aristocrazia europea.

Al palazzo reale di Laeken, re Alberto – molto amareggiato – chiedeva alla regina Paola di Liegi: “Ma come è potuto accadere?”

“Chissà! Forse una congiura dei giacobini di Antonio Di Pietro!”

“Escludere un uomo simile, un simile peso Massimo dal prestigioso incarico impedendogli di salire sul ring e di portare avanti le sfide europee, quelli dell'Ue devono essere impazziti...” commentava tristemente il sovrano. “Speriamo almeno che lui non getti la spugna!”

Le ultime informazioni raccolte  a testimonianza della disperazione generale mormorano (voci non ancora confermate) di alcuni banchieri ed uomini di affari gettatisi nel vuoto alla Borsa ed alla City. Appresa la bocciatura di Massimo D'Alema avrebbero gridato saltando dalle finestre dell'edificio borsistico: “Siamo rovinati! Cosa rimaniamo a fare ? ”

Uno sciopero generale è annunciato dalla federazione dei sindacati valloni e fiamminghi. I minatori hanno cominciato lo sciopero della fame e rifiutano di risalire dai pozzi minerari. Gli edili rifiutano di scendere dai tetti. I metalmeccanici hanno rinunciato alla metà della busta paga per creare un fondo intitolato: “Sciopero ad oltranza delle retribuzioni, finché non ritorna Massimo, anzi per noi Massimino!”

Quello che la stampa internazionale cerca adesso è di fare piena luce sul complotto che ha determinato il “no” a D' Alema. E' mio dovere riferire che si tratta – per ora – di semplici illazioni non suffragate da elementi concreti.

Una voce che riferisco a puro titolo di cronaca sostiene che a Palazzo Berlaymont avevano già visto Romano Prodi, Franco Frattini ed Antonio Tajani. Vi sembra – mi hanno chiesto – che avessero ancora voglia di vedere arrivare anche D'Alema ? Solo voci. 

Secondo alcuni, si sarebbe trattato, invece, di una congiura dall'Est. Qualche emigrato polacco avrebbe fatto circolare la voce tra i ventisette capi di governo che Massimo, in gioventù, sarebbe stato addirittura  un comunista.

Voce tendenziosa subito smentita dall'interessato e da Botteghe Oscure.

Ma il vento della calunnia continuava a soffiare.

C'era voluto persino l'intervento autorevole del presidente della Camera dei deputati italiana, Gianfranco Fini, per tagliar corto alle maldicenze: “Affermo solennemente -diceva il messaggio di Fini al vertice dell'Ue – che Massimo D'Alema, in vita sua, non si è mai sognato di aderire al partito comunista. Così come io, del resto, non mi sono mai sognato di essere neofascista. E' falso che D' Alema abbia conosciuto personaggi discussi e chiacchierati come Palmiro Togliatti e Nilde Iotti così come io non ho mai visto in vita mia Giorgio Almirante o Pino Rauti...D'altra parte coloro che dicono parolacce sul suo conto sono degli stronzi. ”

Chiarite le cose ed accertato il fatto che D'Alema era sempre stato un liberale le quotazioni del candidato italiano erano salite alle stelle.

Ma allora, come si spiegava il “no” finale dell'Europa ? Nessuno poteva prevedere il colpo di scena come diceva il commissario europeo Maigret.

Secondo fonti britanniche, un amministratore di condominio italiano avrebbe scritto, imprudentemente, una lettera di raccomandazioni ai Ventisette inquilini europei, facendo pressioni affinché nominassero capo scala l'interessato: “Lo conosco da anni, con lui potete stare tranquilli!”

Che errore madornale, la lettera di raccomandazione !

Questi sono luterani, calvinisti, ortodossi, protestanti. Hanno un rigore tremendo ed una suscettibilità pazzesca. Non capiscono la benevolenza latina sono tutti di un pezzo.

Non capiscono le raccomandazioni, i pizzini, i bigliettini, le veline, i bigliettoni. Beh, quelli sì magari li conoscono anche loro.

Fatto sta che tutti gli altri europei - guardando storto il povero Massimo - hanno mormorato tra i denti: “Eccolo lì, il solito italiano raccomandato!”

E gliela hanno fatta pagare da calvinisti intransigenti quali sono.

Almeno questa l'interpretazione di Antonio Di Pietro, il quale – forse anche per allontanare da sé i sospetti – ha detto da subito: “La colpa è sempre sua, di chi sappiamo noi. E' persino inutile nominarlo.” Dunque, la raccomandazione di “lui” avrebbe fatto più male che bene. Mah!

Sembra un'ipotesi ragionevole ma non è sicura tanto più che gli europei erano consapevoli del fatto che, ritiratosi D'Alema, l'Ue avrebbe perso l'influenza. Ora, con quello che rischiava di perdere l'industria farmaceutica europea dopo tutti i soldi che aveva investito sui vaccini, nessuno poteva permettersi di perdere l'influenza. Neppure in cambio di una pandemia asiatica contraffatta dall'industria cinese e fabbricata ad Hong Kong.

Dunque, anche un raccomandato italiano – o al limite un figlio o una figlia di papà – poteva andare bene. Per l'industria farmaceutica europea.

Come mai tutti i poteri sono stati trans-feriti ad un ex premier belga e ad una suffragetta  inglese ? Interrogativo cui nessun quiz televisivo aveva saputo trovare risposte soddisfacenti, come aveva dovuto constatare Carlo Conti all'Eredità.

Paradossalmente, sono state proprio le ultimissime notizie a gettare luce sul giallo del lodo Mondadori di Bruxelles.

Intanto, si era capito che il presidente Obama stava snobbando l'Europa e voleva diminuire il suo ruolo nel mondo a vantaggio del Giappone e della Cina, insomma, dell'Asia. Per cui, privando l'Europa del suo peso Massimo, la indeboliva enormemente sul quadrato planetario. L'America usciva dal tunnel e per l'Europa andavano in fumo i progetti del terzo valico e del ponte sullo stretto di Messina. “Fuori i secondi !”  aveva ordinato l'arbitro Obama sul ring mondiale.

Ma chi aveva consigliato questa subdola e perfida strategia ad Obama ?

Tutti gli sguardi si volsero al suo consigliere più vicino, il governatore dell'Arizona, Walter Veltroni, il quale – tutti lo sapevano – non poteva vedere Massimo. Fin da piccoli, a Montecitorio, si facevano i dispetti e si accusavano reciprocamente di assenteismo, di aver marinato la Camera. Di aver rubato le caramelle alla maestra Maria Stella Gelmini.

Era stato Veltroni – nel segreto della sala ovale, dopo una partita di baseball- a suggerire ad Obama il modo per neutralizzare la potenza della rivale Europa dei Ventisette ?

 “Togliamoci quello dalle palle – aveva detto il governatore dell'Arizona - e vedrà, presidente, che l'Europa non conterà più una minchia !”

Ecco, questo dubbio di una cospirazione veltroniana cominciava a prendere corpo; andava di corpo, quando all'improvviso si apprese che il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, aspirava a prendere il posto di Trichet alla testa della  Banca Centrale Europea.

Una congiura dei Draghi ?

“Improbabile, ma possibile” come ha scritto mago Marino sull'Unità, cercando di consolare Massimo per la sconfitta subita, a Bruxelles. Un secco K.O.

Un fondo del Vernacoliere di Livorno spazzò via queste ipotesi assurde, riportando una dichiarazione di Carlo Azeglio Ciampi: “Il governatore Draghi sta bene dove sta ed è già un miracolo che stia dove è!”

Allora, chi aveva fomentato la cospirazione all'interno del Parlamento europeo? Il primo sgarbo a D'Alema lo aveva fatto il gruppo socialista, togliendolo semplicemente dalla rosa dei candidati.

 Tutti gli sguardi, visto che era stato tolto dalla rosa, si appuntarono sulla Rosy Bindi, la quale – rossa in volto come un garofano – si mise a strillare: ” Ma che siete scemi ? Io tradire D'Alema con l'Europa ? Piuttosto je metto le corna con Franceschini. Ma non lo capite che si tratta di un colpo di coda dei craxiani ?”

Allora, all'europarlamento si sono messi a cercare i craxiani . Non li hanno trovati o erano momentaneamente fuori sede come De Michelis e Cicchitto.

Clemente Mastella, dal canto suo, ha provato a  suggerire l'ipotesi – imbeccato da un misterioso personaggio rimasto nell'ombra – di una congiura delle toghe rosse. Pier Ferdinando Casini ha esclamato: “L'Europa è un  casotto. Non conta un cazzo . Lasciatemelo dire, tanto io lo dico lo stesso.”

Ciriaco De Mita ha affermato che erano stati sicuramente i forlaniani, i fanfaniani oppure gli andreottiani . E' un classico ribaltone diccì. Salute!

La procura di Palermo: “Qui, c'è  stato lo zampino di Cosa Nostra.”

Quella di Reggio Emilia: “Qui c'è lo zampone dei latifondisti e degli agrari.”

La procura di Napoli: “C'è la mano della camorra...”

L'onorevole Cosentino: “Mai presentato domanda di adesione all'Europa. Mai fatto la mano morta con la presidenza svedese. Lo ripeto: io non voglio entrare nell' UE. Non sono mica turco!”

La procura di Roma stava indagando sugli ultimi brutti sviluppi del caso Marrazzo e l'inchiesta, naturalmente, rischiava di essere lunga. Molto lunga. Ci voleva tempo prima di dire che era chiuso il caso sulle case chiuse. Poi c'erano le chiusure dovute agli scioperi. Le serrate ed i sit-in.

Insomma, noi italiani sappiamo come vanno a finire queste cose.

Ci voleva molto tempo. Anche per i processi per direttissima, come per i vagoni di Trenitalia o gli aerei dell'Alitalia alla Malpensa o Fiumicino.

Come per l'estradizione di Cesare Battisti, richiesta dal governo di Vienna, agli inizi del '900 dall'imperatore Francesco Giuseppe al presidente brasiliano Lula.

“Ridatecelo che dobbiamo processarlo nel Castello del Buon Consiglio di Trento!” avevano chiesto, spazientiti, gli austriaci.

Qualcuno si ricordò che si trattava di un caso di omonimia. Quello ricercato dagli austriaci era un eroe italiano, un martire dell'irredentismo; quell'altro che stava in Brasile un pluriomicida.

Il brasiliano Lula, però, prendeva tempo. Dopo tutti i trans che aveva estradato in Italia, non gli andava più di estradare anche questo sconosciuto Cesare Battisti, presumibilmente un perseguitato politico dell'Italia fascista.

“Mai stato neo fascista in vita mia!” assicurò di nuovo Gianfranco Fini.

“Nemmeno io!” disse Alessandra Mussolini.

“Vuoi vedere – disse la buonanima del duce seduto su una nuvoletta, al genero Galeazzo Ciano – che l'unico fascista in Italia ero io!”

“Che c'entra ? E' acqua passata...” disse un ministro privatizzando la distribuzione dell'acqua potabile agli utenti che protestavano: “E noi paghiamo!”.

“E' vero che ci azzecca ?” disse l'inquisitore Di Pietro, con aria severa.

Ed aggiunse: “Lo sanno tutti chi sono i fascisti italiani. Mussolini e Berlusconi. Ci vuole così tanto a capirlo ? Teniamoci la nostra Italia dei valori, non fatemelo dire due volte. Non fatemi perdere la pazienza !”

Massimo D'Alema, intanto, preparava la rivincita ed aveva inviato un messaggio ai carbonari nelle miniere del Belgio per rincuorarli sulla riscossa imminente.

“Con mille camice rosse salperò dallo scoglio di Quarto e sbarcherò, di notte, ad Ostenda. Tenetevi pronti all'insurrezione miei Prodi !

All'Europa le faremo un mazzo così... Poco ma sicuro.”

Gianfranco Fini: “Eh, ma insomma, io ho detto la parola stronzo. Ma quante parolacce ci sono in questo articolo. Scusate, ma l'autore non sarà mica un neofascista, uno che vede sempre tutto nero  ? ”

Risposta fuori campo: no, onorevole Fini, stia tranquillo. Vedo spesso rosy.

“Ah bene, allora può continuare a scrivere. Almeno, se i lettori non sono ancora stufi e non si sono ancora rotti le palle di leggere. Veda un po' lei... L'importante è che non mi diventi nostalgico.

Mi raccomando! ”

  

* Franco Ivaldo è giornalista e scrittore. Ha 69 anni, è savonese. E' stato corrispondente da Bruxelles e da Roma di quotidiani nazionali. E' l'autore del romanzo storico “Inchiesta sul delitto Pertinace” ( Il ligure che

divenne imperatore di Roma). Fratelli Frilli Editori. Genova.