TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni
Cosa succede nelle
redazioni dei maggiori media imperiesi a proposito del nuovo porto
Se affonda anche l'informazione
Imperia non può far finta di niente
La gravissima denuncia
del prof. Coletti non può essere ignorata. E chi viene
chiamato pesantemente in
causa avrebbe il dovere morale di rivolgersi al giudice
Pubblichiamo integralmente e proponiamo
alla riflessione dei nostri lettori
questo intervento di Vittorio Coletti
pubblicato, domenica 22 novembre,
sull'edizione ligure di Repubblica.
Una
denuncia, l'ennesima, quanto inascoltata
per la verità, sull'assalto al
territorio e all'ambiente, su silenzi e
connivenze, ma anche un inquietante
spaccato dello stato dell'informazione
in Liguria.
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Quei moli utili solo
ai ricchi
Repubblica —
22 novembre 2009
COL favore delle
tenebre, a Imperia, una
sera della settimana
scorsa, uomini della
Porto di Oneglia spa
hanno smantellato a
colpi di mazza le
colonnine di
rifornimento dei
megayacht sulla calata
Cuneo, di cui fino a
qualche giorno prima la
società aveva la
gestione. Grande
scalpore in città,
paginoni dei giornali
locali, scandalo dell'
amministrazione comunale
presa di sorpresa e a
mazzate dai suoi stessi
soci, il cui presidente
è anche il suo direttore
generale. La maggioranza
di destra scopre in
ritardo quali sono lo
stile e la cultura dei
reali padroni della
politica portuale
imperiese. Meglio tardi
che mai, tanto più che
la società in questione
non è più titolare della
concessione e che le
colonnine rimosse erano
state messe un anno fa
con procedura
discutibile (su cui
indaga la procura) ed
erano per di più
orribili nel contesto.
Non si sentono però voci
che salutino la fine
dello scandalo
paesistico e dell'
inghippo formale per cui
imbarcazioni solo
formalmente commerciali
erano parcheggiate per
mesi in un porto
commerciale (cioè uno
scalo in cui le navi
arrivano, svolgono le
loro operazioni di
carico e scarico e
ripartono in pochi
giorni, non un
parcheggio quindi, né
tanto meno, visto che è
in pieno centro città,
un campeggio), rendendo
bene solo al
concessionario dell'
approdo. Ora, il giovane
sindaco e i suoi
assessori si stracciano
le vesti, vogliono
rompere con i vecchi
alleati, mentre i
cronisti fedeli
assistono sgomenti all'
imprevista guerra
fratricida e, dopo aver
benedetto o taciuto i
passati scempi,
preparano la strada a
quelli futuri additando
alla cittadinanza
sconcertata non il
sospirato ripristino
della legalità e del
buon gusto, ma lo
scandalo della banchina
vuota. Nessuno che dica
che per rendere a tre o
quattro ben noti e nulla
alla collettività, e per
di più essere deturpata
da giganteschi camper
del mare, l' antica
banchina può restare
pure vuota. Anche l'
opposizione, eccetto
Pasquale Indulgenza di
Rifondazione,
attivissimo, tace. Ha
parlato solo il maggior
ristoratore della calata
Cuneo, Osvaldo Martini,
la cui voce è l' unica
che ha potuto rompere il
muro giornalistico della
fedeltà ai progetti
della maggioranza e dei
potentati locali.
Martini, avendo fatto
quattro conti, ha
dichiarato che gli yacht
parcheggiati non rendono
niente alla città e che
solo imbarcazioni in
entrata e uscita, in
movimento, possono dare
risultati interessanti
sul commercio
circostante. Bisogna
sperare che la lezione
sia servita a riaprire
il discorso su un
impiego del porto
storico che sia
compatibile con la
legge, con i legittimi
interessi della comunità
e con il decoro dell'
ambiente circostante. In
un caso come questo si è
potuto toccare con mano,
per l' ennesima volta,
il ruolo di
fiancheggiatori della
politica locale svolto
da organi che dovrebbero
invece essere di
informazione e
formazione. Muovendosi
perfino in contrasto con
le pagine nazionali dei
loro stessi giornali
(non è la prima volta
che si nota), le pagine
locali hanno lavorato a
creare il mito dei
superyacht parcheggiati,
reclamizzando per i
poveracci lo spettacolo
delle vistose ricchezze
altrui, promuovendo un
provinciale "vip
watching" ed evitando
accuratamente di
interrogare e
interrogarsi non solo
sulla legittimità di
quegli approdi, ma anche
sulla loro congruenza
estetica e culturale col
paesaggio urbano che li
circonda, nonché sulla
loro reale incidenza
sull' economia
cittadina. Invece
bisognerebbe cominciare
con l' insegnare ai
cittadini a prendersi
cura di ciò che è loro,
a battersi perché i beni
pubblici siano
restituiti alla
collettività, prima di
tutto nella loro intatta
bellezza; poi,
compatibilmente con
questa, anche nella loro
redditività. -
VITTORIO COLETTI
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