TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni
LE MANCATE TUTELE DEL “PALAZZOLO – LASCITO
FARAGGIANA AD ALBISSOLA. Ad Albissola Marina le "suore
Poverelle" di Bergamo, che dal 1973 gestivano l’Istituto
Palazzolo, Casa vacanze per anziani, situato nel contesto della
Villa Faraggiana ad Albissola Marina, dalla fine 2006 non ci sono più. Scaduto il termine del lascito Faraggiana, che
prevedeva i vincoli che legavano la loro attività all’edificio,
vendettero in quattro e quattr’otto per quattro milioni e settecentomila
euro l'intero immobile datato, come la villa, 1712 e cessarono la loro
attività. La vendita favorì un personaggio albisolese,
rappresentante il Gruppo Immobiliare ”la Filanda”, noto per le
sue “doti” edificatorie, per le sue capacità ad accaparrarsi zone
appetibili del territorio albissolese e savonese e per i suoi
apparentamenti politici. Fu favorito, di fatto, dallo stesso Comune
di Albissola Marina e dalla Diocesi che pur avendo il diritto
di prelazione, rinunciarono provvidenzialmente a fare proprie proposte
che avrebbero potuto, se non altro, tutelare il prezioso fabbricato dal
disastroso parziale smantellamento e da ipotesi speculative. Il Comune poi col suo “creativo” piano
Regolatore datato 2003, sembrò favorire gli appetiti edificatori di
chi sperava in ulteriori profitti da quella zona, includendo l’edificio
e il territorio che lo comprendeva , addirittura in un “distretto
di trasformazione”: quelle fatidiche zone che
svincolano di fatto da tutele e fastidiose conservazioni e permettono
anche in questo caso eventuali edificazioni di poli alberghieri-
culturali e molto più credibilmente residenziali. Insomma quelle zone dove tutto può essere
possibile anche in barba ad un piano Paesistico che avrebbe
destinato la zona a parco urbano o peggio ancora in barba alle
disposizioni del Testo Unico 27/12/99 dei Beni Culturali che vede
tutta la villa Faraggiana, la Torre e tutta la zona di rispetto
rigidamente vincolati . A quel tempo ci si chiese quale fosse stato il
ruolo della Sovrintendenza e come avesse potuto tacere sulla vicenda,
considerati i pregi storici e paesaggistici del luogo? Come non si sia opposta a previsioni di Piano
così permissive e lesive delle disposizioni di legge a difesa
dell’edificio e di quanto in esso contenuto? Non si seppe più nulla, anche se è sempre più
chiaro che qualcosa deve essere successo, perché oggi più di Qualcosa deve essere successo perché, in
recenti articoli di quotidiani locali, si parla di dubbi sull’attuale
destinazione d’uso e improvvisamente compare la notizia che il lascito
Faraggiana contiene una parte che resta ferma, quella che “vincola
una porzione dell’edificio alle persone indigenti”. Qualcosa deve essere successo perché quello che
oggi viene chiamato “il diritto di prelazione sull’acquisto della
Filanda di Scaramuzzino, venga ceduto all’imprenditore cairese
gestore ad Albissola del servizio di metano”. Qualcosa deve essere successo perchè oggi si
sostiene che la vendita deve essere autorizzata dalla Sovrintendenza. Qualcosa sarà sicuramente successo. Ma io mi chiedo allora a quale titolo e chi ha
provveduto a smantellare, con opere di demolizione vere e proprie, la
Cappella del Palazzolo spogliandola di tutto quello che conteneva? A quale titolo e con che diritto pezzi della
Cappella siano andati alla Curia savonese e chi questo l’abbia deciso,
se è vero che l’acquisto da parte della Filanda non c’è mai stato? Come si sia potuto permettere di eseguire opere
di demolizioni all’interno di un edificio tutelato, solo con un diritto
di prelazione all’acquisto e senza l’autorizzazione della
Sovrintendenza? Come abbia potuto l’Amministrazione comunale
uscente astenersi dal vigilare su un bene storico e artistico contenuto
al suo interno e, ora, irrimediabilmente perduto: la CAPPELLA interna al
Palazzolo, completamente allestita con numerose opere in ceramica e
vetrate dallo scultore Eliseo Salino? L’attuale Amministrazione non potrà rimediare i
danni compiuti nei confronti del bene artistico distrutto, d’altronde
nessuno si appellò neanche dall’opposizione perché ciò non accadesse, ma
potrà cambiare atteggiamento verso il patrimonio ancora da tutelare. E’ compito dell’Amministrazione attuale fare in
modo che l’edificio e il territorio che lo comprende sia vincolato alle
destinazioni d’uso previste dal PTCP, che non diventino oggetto di
appetiti speculativi e ulteriori inutili scempi cementificatori. E’ compito dell’Amministrazione far valere la
propria competenza sul territorio, preservandolo, non svendendolo a
privati, ma tutelandolo come bene della collettività perché “non sapere
conservare” è sinonimo di degrado e declino culturale.
ANTONIA BRIUGLIA Le recenti notizie sono tratte dall’articolo
della Stampa del 6/10/09
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