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<I miei ricordi di quell’aereo al Malpasso>

di Valfrido Gambetta

Leggendo l'intervento di mio fratello Carlo (vedi Trucioli 218), ricordo anch'io, per sentito dire, di due aerei abbattuti davanti a Noli.

Il mio ricordo vivo e indelebile è che su uno di quegli aerei io ci sono salito. Era stato rimorchiato ed ancorato provvisoriamente davanti  al Malpasso, al Tuest (in tu West de Noi) in corrispondenza della piccola postazione militare (ora c'è una casetta) davanti ai resti della fornace da calce.

L'aereo, un Piaggio Cant  zeta, doveva essere pilotato da un ottimo pilota che era incredibilmente riuscito ad ammarare dopo aver ricevuto un devastante colpo di cannoncino al motore destro, uno al motore sinistro e uno sulla postazione del mitragliere di coda.

Tutto il resto sembrava intatto. L'impressionante quantità di sangue nella postazione del mitragliere e un minimo di prudenza mi impedirono di entrare  e soddisfare la
voglia matta di sparare con quell'affascinante mitragliatrice.

Ing. Valfrido Gambetta

 

<Una conferma, nell’aereo sui fondali anche le vittime>

 

Dopo l’invio della mia prima mail, ho parlato con Domenico  Buscaglia,  di Savona,
uno della ristretta compagnia di quei tempi. Lui ricorda che gli aerei erano
tre idrovolanti Caproni 313. Uno si inabissò in mare, davanti a Capo Noli
(quello trovato, che dovrebbe ancora contenere i corpi), uno riuscì a cavarsela,
il terzo è quello di cui ho scritto. Era l'estate del '44.
Nello stesso periodo e nello stesso posto, trovammo, conficcato nella scarpata lato mare dell'Aurelia, all'inizio del viadotto, un razzo lanciato da un aereo
proveniente dal mare. Operazione stranissima per la sua irrazionalità: l'aereo,
per la quota e la direzione di lancio, aveva dovuto fare un'incredibile cabrata
per non finire contro le rocce di Capo Noli, lo tirammo fuori (beata
incoscienza giovanile e sfaccita fortuna) tirandolo dalla coda.

Era un tubo uniforme lungo circa un metro e un diametro di circa dieci centimetri, la parte anteriore, molto pesante, a forma di ogiva, senza spoletta, il resto era un
tubo di lamiera con un rudimentale ugello d'uscita. In quei tempi gli aerei
lanciavano siluri, non ancora razzi. Avevamo l'impressione che si trattasse di
un esperimento, ma un lancio così rischioso, contro un viadotto? con una
potenza esplosiva cosi ridotta? Incomprensibile. Lo trascinammo (!!!) fino a
Noli per smontarlo, come facevamo d'abitudine, per individuare la spoletta
interna, a funzionamento inerziale. Rinunciammo

Ing. Valfrido Gambetta