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SPECIALE SUL FESTIVAL DELLE PRIMARIE DEL PD

 

IL TRIO DEMOCRATICO...
GLIENE HA CANTATE QUATTRO A BERLUSCONI

 

di Franco Ivaldo

C'era molta attesa, in tutta la nazione, per quel Festival delle Primarie del Pd. Gli interpreti si erano preparati da tempo, da mesi, dopo le selezioni di Genova, in riva al mare fonte perenne di ispirazione per gli artisti. Le giurie popolari avevano preso posizione nei principali centri del Paese e quella domenica, in un clima di festosa kermesse, tutti si accingevano a partecipare al grande avvenimento . Tre milioni ad esprimere il loro voto.

Era il 25 ottobre, giorno importantissimo delle votazioni. Stava per sciogliersi il suspence che era durato forse un po' troppo a lungo.

Marino Marini ed il suo complesso sapeva di essere un “outsider”, ma il suo pubblico aveva fiducia in lui e le sue novità non erano certo la solita musica. Quella di tutti gli altri. La sua canzonetta, da buon marino, faceva così: “Tutti al mare, tutti al mare, a mostrar le chiappe chiare. Tutti al mare, tutti al mare... Sopra l'onda, si sprofonda...Tutti al mare.

Gli avversari, però, erano davvero temibili. C'era quell'esperto di musica classica, tradizionale e popolare, Bersani, le cui note sempre sotto le righe, andavano innegabilmente a segno.

 Toccavano il cuore della gente. Soprattutto, facevano un certo effetto presso i nostalgici dell'onorevole Peppone, il cui ritratto troneggiava nel camerino dell'artista durante le prove canore. Il suo leit-motiv ( “Diamo un senso alla nostra storia”) composto dopo laboriosi ripensamenti, ricalcava un po' vecchi stornelli, ma – intendiamoci - non era un plagio. Aveva solo il sapore di una rimembranza di altri tempi ; in fondo la storia si ripete e “diamo un senso alla nostra storia” aveva un chiaro significato melodico originale nella sua semplicità agreste affacciata sul futuro. “Ti voglio tenere, tenere legata ad un granello di sabbia, così tu , nella nebbia, ritrovarmi potrai se  il posto fisso perderai. Ma tu mi seguirai e forse anche mi voterai e sempre, sempre vicina a me tu resterai. Ti voglio vedere, vedere sull'onda del mare, del mare, se a fare la bagnina precaria imparerai...”  

Naturalmente, Bersani si riferiva all'Italia che lavora , anzi sgobba, suda e produce. Ma anche a quella in cassa integrazione. Bel motivo “Diamo un senso alla nostra storia”. Sul tema di  un' altra canzonetta, la melodia si sdoppiava e faceva così nel finale :“Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti –  il ritornello di chiusura – e tu sei piccolina, e tu sei piccolina...” E concludeva “che cosa ci vuoi far ? Niente, che cavolo ci vuoi fare !” Il pubblico degli ammiratori in visibilio. Eh, sì! Bersani era un osso duro da battere. Il favorito, dai, il favorito in tutti i pronostici della vigilia. L'unico vero candidato dell'opposizione che piaceva a Tremonti perché lo aveva detto subito ai compagni del suo partito: “O mi date il posto fisso o non se ne fa nulla !”Infatti, il posto fisso di segretario del partito lo vinse a mano bassa con oltre il 50% dei voti delle giurie popolari. Una vittoria di Bersani e della democrazia. Gli sconfitti, però, sapevano che non sarebbe finita lì.

A Bersani, come agli altri due, gli aficionados avevano detto poche parole ma chiare, con una raccomandazione per tutti e tre i candidati : “Andate e cantategliene quattro ! Rispondetegli per le rime a quello là ; ma chi si crede di essere? Sistematelo per le feste. Cantategliele in musica a quel presuntuoso. Dategli una bella suonata. Adesso, perché lui si è assicurato Apicella e la sua chitarra,  chissà cosa si è messo in testa... Contiamo su di voi per sistemarlo per le feste...”

Ora, mi direte, essere il compositore  e l'esecutore di “Brunetta nera” non era un biglietto da visita di poco conto. Silvio aveva l'orecchio musicale fin da ragazzo. E la sua canzone (“Brunetta nera, bell'abissina, aspetta e spera che già l'ora s'avvicina... se tu dall'altipiano guardi il mare, vedrai come in un sogno tante navi e un tricolore, quello di Forza Italia, sventola per te...” ) aveva dei contenuti poetici e dei meriti patriottico artistici che, insomma, facevano davvero paura ai concorrenti. Di festival poi ne aveva già vinti parecchi, anche se qualcuno mormorava che ci fossero stati dei brogli nelle giurie popolari. Vatti a sapere.


Ma anche se il favorito interno era Bersani, chiaramente l'avversario esterno da battere era sempre lui, che aveva alle spalle le orchestre più care , i ragazzi del coro più allenati, i violini meglio pagati, i vecchi tromboni più autorevoli, le girls più acchiappesche   di tutte le reti pubbliche e private, i compositori dei soliti ritornelli più arguti e disponibili. Dietro adeguati compensi.

Per quanto, il terzo componente della “DP Record Production”, Don Franceschini, sponsorizzato da Veltroni, autore di “Noi”, non fosse certo uno sprovveduto. E lo dimostrò fin dalla vigilia.

Don Franceschini non ignorava che le vere rivelazioni venivano sempre scoperte nelle parrocchie, negli oratori salesiani, tra i lupetti e i boys scouts e – ultimo aspetto, non meno importante – anche nel terzo mondo. Così, proprio alla vigilia del Festival delle Primarie, aveva abbattuto il suo   asso pigliatutto. Aprendo un primo fronte musicale sul tema della lotta al razzismo.

Aveva scovato un  interprete nero, nero come Obama (vi par poco ?) che avrebbe fatto un duetto con lui. La mossa aveva spiazzato completamente Bersani ed il suo impresario D'Alema. Anche l'outsider Marino. Insomma, tutti i suoi concorrenti e amici di scuderia.

Don Franceschini da ragazzo ammirava Marino, sì Marino Barredo. Per una delle sue canzoni fuori concorso si era ispirato ad un motivetto famoso negli anni Sessanta (quelli del boom economico)  così come per la scelta del partner che doveva accompagnarlo al microfono. Un laureato in un conservatorio del Congo. Altro che scherzi. Il motivetto era grandioso.

“Pittore che dipingi l'altare, lì tra le candele accese, tra gli altri angeli – ti prego – metti un angioletto nero!”

Un colpo da maestro. Non per nulla Don Franceschini insegnava catechismo alle elementari del suo paese vicino a Ferrara , che stava sulla collina (sì, era sua  anche “paese mio che stai sulla collina, disteso come un vecchio abbandonato” l' inno ufficiale dell'unione pensionati italiani ).

Lui ed il suo co-interprete nero si accingevano ad affrontare la platea delle Primarie con l'ultimissimo successo “Bianco fiore simbolo d'amore...”, una melodia struggente che, solo a pensarci, veniva da piangere come capitava al suo vecchio insegnante di religione, Don Camillo, che era stato a suoi tempi  il mentore e l'ispiratore di Don Franceschini.

Dunque, il trio dipiessino, a conti fatti, avrebbe avuto intatte le sue chances di vittoria anche in vista delle eliminatorie regionali previste per il 2010 se ancora una volta il diavolo non ci avesse messo la coda.

L'intesa tra gli epigoni di Peppone e Don Camillo poteva funzionare con la nuova musica dei nuovissimi spartiti; poteva uscirne una melodia, una sinfonia, un accordo, un capolavoro, tiè, mi voglio sbilanciare.

Sennonché, come dicevo, il diavolo doveva metterci la coda.

Un impresario avversario, Ignazio La Russa, in realtà, l'unico vero, grande amico dell'intrattabile tenore Silvio Berlusconi, ugola d'oro, si mise a provocare.

“Bei progressisti che siete! Avete tutto. Avete il cantante nero, questo ve lo concedo, è un bel colpo, ma quel che vi manca  – è la voce femminile. Non c'è una donna, candidata alla Primarie. Vergogna!”

Il diavolo La Russa, con un ghigno mefistofelico tornò in caserma, tutto soddisfatto della sua trovata, ma che dico trovata, provocazione bella e buona. Sapeva di avere lasciato il segno. Di aver fatto centro, sparando da destra. Adesso, a sinistra regnava la confusione ed il disappunto. Tanto più che si era sparsa la voce che – siccome alle Primarie potevano partecipare tutti, ma proprio tutti – il padano Umberto Bossi aveva deciso di lanciare una sua soprano, Norma Brambilla, a cantare il “Va pensiero...”

Marino Marini sapeva che mai e poi mai avrebbe potuto convincere il pronipote di Goffredo Mameli a competere coi Verdi. Eppoi, rimaneva la mancanza dell'elemento femminile. Perché in fondo Mefisto La Russa aveva ragione. Non una candidata donna alle Primarie. Che laguna ! , come aveva rilevato anche il gondoliere Galan.

“Come facciamo a cantargliene quattro, se siamo soltanto in tre ?” chiese con tono angosciato Bersani, il più sensibile alle manchevolezze della strategia canora dei democratici. Era l'unico che applicava, con rigore, una logica ed una dialettica hegeliana ineccepibili, avendo letto da piccolo un libro per ragazzi,  mi sembra, “Il Capitale” scritto da un certo Carletto Marx, monello di periferia.

Gli altri due interpreti  apparivano indecisi sul da farsi.

“Potrei salire io sul palco a difendere i nostri colori.” – disse una voce femminile da dietro le quinte.


” Chi sei ?” chiesero i tre all'unisono.   

“Sono Bindi!”

“E che ce canteresti ?”

“Il nostro concerto, naturalmente!”

“Come abbiamo fatto a non pensarci prima.” esclamò Bersani, corregendosi subito: “Come ho fatto, io, a non pensarci prima.”

“Beh, sai com'è nella concitazione dell'evento – disse Marino – con le telecamere addosso, tutti quei mass media, Annozero di Renato Zero, i flashes, i cronisti, gli intervistatori...Non ci avevo pensato, va beh ?”

Don Franceschini, con aria contrita, stava recitando il mea culpa, mea massima culpa, con aria così devota, ma così devota, che nessuno osò più rimproverargli nulla per il resto della serata.

Tutto sarebbe filato liscio, se la Bindi, intervistata da “Novella 2000”, non avesse rivelato a chi era dedicato “Il nostro concerto”.

”A lui, naturalmente!”

A lui lui?..” aveva chiesto l'intervistatrice

 “E a chi se no ?”

“Dice sul serio ?”

“Altro che!”

“Ma come è potuto accadere?” aveva richiesto, trepidante, l'intervistatrice, consapevole di avere lo scoop giornalistico ormai in saccoccia.

“E' accaduto a Porta a Porta.”

“Quella famosa sera... ”

“Quella!”

“Ma non si era offesa ?”

Chi io ? Manco per sogno. Più bella che intelligente non me l'aveva mai detto nessuno. E poi con quella allure, con quel tono così rude, così virile, così macho.. Da bel tenebroso. Mi spiego ? Lei mi capisce, fra donne...”

“ E allora, colpo di fulmine?” chiese, ancora incredula, la cronista.

“Colpo di fulmine.”

“Caspita, che notizia.”

“Novella 2000” era uscita in edizione straordinaria su tutto il territorio nazionale ed anche all'estero.

Quando l'aveva letta, Don Franceschini aveva dato la colpa di tutto a Bersani: “E' stato un  complotto tuo e di D'Alema per sabotare le Primarie, perché sapevi che le giurie preferivano “Bianco fiore simbolo d'amore” a quella tua filastrocca del cavolo, come si chiama, “Diamo un senso alla nostra storia.” Capirai che sforzo ...”

“No, dico, san Franceschini, guarda come parli sai. Qui, non siamo mica in sacrestia o al festival della basilica di Santiago de Compostela. “

“Ecco hai sputato il rospo. Vetero-comunista, va. Mangiapreti. Resta con i tuoi Pepponi. Dirigista di apparato. Separatista.”

Marino Marini, anziché fare da paciere, gridò: “Scissionisti lo siete tutti e due, altro che storie. Dire che la mia prossima canzone “La politica che fa bene” poteva stravincere. Invece qui non si può  mai operare in pace.”

Sul palco, Rosy Bindi, inarrestabile, aveva già intonato: “Ovunque sei, se ascolterai, accanto a te mi troverai... In un concerto dedicato a te...” Per catturare vecchi repubblicani ed ecologisti verdi, aggiungeva, con aria sognante,  a fare capolavoro: “ Io sono qui, tra le tue braccia, amor, avvinta come l'edera...”

Capito che impeto, che fuoco, la pasionaria delle dame patronesse del Giglio Immacolato? “Una sorpresa clamorosa”, titolavano l'indomani tutti i quotidiani della Penisola.

 Walter Veltroni, dopo aver telefonato all'impresario torinese Fassino,  in un disperato tentativo di salvare il salvabile, era sceso in campo, anzi - alzatosi nuovamente il sipario, dopo le ovazioni decretate alla Bindi – era salito sul palco ed aveva annunciato alla gente, al popolo delle Primarie:  “Io vi canterò Noi” Applausi e qualche fischio. “Tu vuoi fa l'americano, mericano, mericano. Credi a me nun c'è stà niente a fa. Sei a Napoli, paesà...”  gridava un gruppetto dal pubblico,ma Veltroni non si dava per vinto e, dolcemente, continuava a cantare con convinzione:  

“Noi  siamo i Watussi,  noi siamo i Watussi gli altissimi neri, ogni due passi, ogni due passi facciamo sei metri ; noi siamo quelli che nell'equatore vediamo per primi la luce del sole, siamo i Watussi. Alle giraffe guardiamo negli occhi, agli elefanti parliamo negli orecchi, alle balene bianche...”

“ Dacci un taglio!” gridò Don Franceschini dal refettorio del seminario dei carmelitani scalzi. “Avete rovinato tutto. Tu le tue storie ed i doppisensi, l'altro col suo Tutti al mare ! In più abbiamo distrutto il lavoro di mesi per correre dietro anche alle femministe. Poteva bastarci la tematica anti-razzista, no, niente; la difesa delle donne. Quelle si difendono benissimo da sole. Però anche la Bindi, andarsi ad innamorare di uno così...Chi l'avrebbe detto. Uno più alto che beneducato; questione di gusti, valle a capire le donne... Certo, dare delle lezioni a lui in materia di donne è difficile, per non dire impossibile. Con l'esperienza che ha da vecchio marpione.”

Intanto, Ugola d'oro, reduce dalla tournée di Mosca, dove aveva cantato in presenza di Putin, lo zar di tutte le Russie, era tornato per il Festival e, accompagnato alla chitarra dal maestro Apicella, stava riscuotendo un nuovo trionfo. Di critica e di pubblico.

“Brunetta Nera” arrivò subito in testa nella Hit Parade delle canzoni d'autore, con disappunto anche dei leghisti che avevano deciso di presentare una canzone sugli alpini (“ritorneremo ancor sui nostri Tre Monti e pianteremo il grano al sole; berremo l'acqua pura delle fonti, che è pura come il nostro amore...” Niente da fare, stravinse Brunetta nera.

Sorrisi e Canzoni” gli dedicò addirittura un editoriale, scritto da Giuliano Ferrara ed intitolato: Lo spartito che ha convinto Il Foglio.

Emilio Fede,  sul Tg 4, paragonò Lui al grande Caruso. “E quanto alla musica, alla sinfonia, l'unico che mi viene in mente è Mozart” ammise con le lacrime agli occhi il fido Fede.

Tutto, forse, non sarebbe stato così grave per l'opposizione canora perché in fondo il trio aveva avuto un successo di pubblico (tre milioni di spettatori paganti che avevano versato ciascuno due euro, non so se  mi spiego). Tutto, dicevo, sarebbe filato liscio, se non si fosse messo a cantare – non previsto – anche il governatore della Regione Lazio, un certo Marrazzo.

“ Cari colleghi, attenti al paparazzo. Se il trans vi frega, attenti alla cadrega; se rompete u' belin, attenti al cadreghin;  se il carabiniere ci si immischia, sarà dura uscire dalla mischia; se la mela è marcia, sii cortese non offrirla a Biancaneve ; se trovano della cocaina, non te la prendere con Giovanna d'Arco, è un'eroina“. Motivetto mediocre, come potete vedere.  In fondo,  non aveva una vera base di ascolto sociale.

Così, si osservò che era meglio  se Marrazzo la smetteva di cantare e lui si autosospese. Da destra, si gridò:"Dimissioni subito. Elezioni subito!" Il PD rispose no e da destra: "Allora, dimmi quando, quando,quando..." Marrazzo tergiversava. Sembrava pentito.   Ma siccome è più facile perdere il pelo che il vizio, non si poté trattenere dal raccontare a Veltroni una barzelletta: “La sai l'ultima sui carabinieri?” gli chiese. No. “Beh,  non erano carabinieri. Erano solo quattro gatti ed erano entrati quatti, quatti... A fare le foto col telefonino, per farmi rinunciare al posticino. Buona eh ?” Poi si parlava di assegnino, di ricattino. Insomma, la barzelletta non faceva ridere, come la canzone. Semmai, faceva piangere. Il pubblico deluso, cominciava ad uscire dalla sala. Erano i primi trans-fughi. Poi il fenomeno si ampliò e pareva una trans-umanza. Gli psicologi decretarono che  si trattava evidentemente di un transfert. Il professor Freud sentenziò: “Capita se non si supera il complesso di Edipo. Non sai più quale è la figura materna e la figura paterna di riferimento. Così fai il transfert sul primo che passa. In questo caso un trans brasiliano.”

La parola Brasile accese nel Trio un'ultima speranza. Potremmo rivolgerci a quelli della notte. Proviamo. “Cacao meravigliao, che meraviglia 'sto cacao meravigliao, cacao meravigliao, lo sao o non lo sao, cacao,cacao,cacao lo sponsorao della nostra trasmissao”.

Il coro cantava il ritornello; l'onorevole Luxuria ballava su di un carro carnevalesco e pareva Isa Miranda ; c'era chi lanciava coriandoli , stelle filanti e cotillons come al Carnevale di Rio. L'entusiasmo si era trans-ferito alla platea. Ma l'escamotage dell'ultim'ora non valse a rovesciare l'esito della disfida di Brunetta. Tanto più che si scoprì nei retroscena del Festival -ogni Festival che si rispetti ha sempre i suoi retroscena - che i video del testo di Marrazzo erano stati offerti da un maitre chanteur , un ricattatore come dicono i francesi, indovinate a Chi ?" A chiii lo venderò. A chiii lo racconterò..." Indovinato, proprio al settimanale “Chi”, il cui direttore aveva replicato “Siamo troppo Signorini per rendere pubblica roba del genere”. Ma aveva avvertito la figlia del cavaliere ( musica in sottofondo: "Marina, Marina, Marina te devo proprio avvertì”...). Marina aveva avvertito, a sua volta, la portinaia di papy , che aveva avvertito, a sua volta, la portinaia di Marrazzo . Ma per un disguido, la portinaia di Marrazzo non aveva capito un...granché  e non aveva avvertito l'unica persona che avrebbe dovuto essere avvertita.

 Per farla breve, quando si dice il destino: la canzone destinata a vincere era Brunetta nera.

 La canzone  del Cavaliere, pur se eseguita al di fuori delle Primarie (lui, sentimentale, la cantava scendendo da una scala del Teatro La Scala e pareva Wanda Osiris)  era una sintesi perfetta tra le istanze dell'integrazione degli immigrati (Brunetta era etiope come Aida) e, quindi, nera e poi era donna, pertanto anche le ragioni delle femministe avevano trovato adeguate risposte. Il testo  semplice e diretto: “Vedrai come in un sogno tante navi” rispondeva alle preoccupazioni degli armatori ,dei costruttori navali, dei portuali, dei promotori turistici di “pacchetti” di crociere organizzate. C'era anche un aiuto alle piccole e medie imprese. “Aspetta e spera che già l'ora s'avvicina”. Ora dico senza comprare almeno un orologio made in Italy come faceva la ragazza a controllare il trascorrere del tempo ed a conoscere l'ora giusta ? Promozione economica ed industriale, questo e non altro – oltre beninteso ai contenuti altamente educativi – era il motivo vincitore al Festival del Tricolore.     

Il trio pidiessino non se la prese più di tanto per l'insuccesso globale.

“Quello ci deve la rivincita. Alle selezioni regionali sarà tutta un'altra musica. Le abbiamo prese, ma  quante gliene abbiamo dette !”

Tutti e tre si misero a ridere. Giocondi e fiduciosi nelle sfide dell'avvenire, nel sol dell'avvenir. Infatti, cantavano – tornando a casa – oh, sole mio...

“Ci rivediamo alle regionali di marzo.”

“Ma no. Ci vediamo prima. Al Festival di Sanremo.”

“E' vero. C'è Sanremo, me ne ero dimenticato!”

“Prepariamo nuove canzoni popolari. Nuovi ritornelli. Cerchiamo di vincere. Almeno una volta.“

Naturalmente, come spesso avviene, il mercato del disco e dei cd dette altri responsi rispetto alle scelte delle giurie popolari. Così, nel dopo festival delle primarie del PD , sorprendentemente, ebbe grandissimo successo un motivetto popolare che cantarono alcune giovani voci emergenti, intenzionati a cambiare casa discografica.

Le giovani voci emergenti, volenterose di essere al Centro della scena, avevano deciso di accomiatarsi dai vecchi impresari e rivolti al neo eletto Bersani avevano intonato, in coro: “ Arrivederci, questo sarà l'addio ma non pensiamoci... Con una stretta di mano, da buoni amici sinceri, ci salutiamo felici, arrivederci. Caro Bersani, dammi la mano e sorridimi, senza piangere. Questo sarà l'addio, ma non pensiamoci... Arrivederci !”

Questa storia continuerà ? Temo proprio di sì.

 

Franco Ivaldo