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Mr. Tremonti, a rapporto!

 

  Marco Giacinto Pellifroni

 


M. G. Pellifroni

Una limousine nera coi vetri oscurati sta trasferendo il Ministro del Tesoro Tremonti dall’aeroporto di Basilea alla sede della BIS (Bank of International Settlements). Si profila sullo sfondo la caratteristica sagoma cilindrica del palazzo forse più esclusivo del mondo: il tempio dei signori del denaro, la banca centrale delle banche centrali.

È una grigia e gelida mattina di ottobre del 2009 e Tremonti, uscito dalla berlina, si avvia con aria tesa e passo spedito verso l’ingresso. Passeggia poi avanti e indietro in un salottino di attesa; finché un’elegante e compita segretaria lo invita a seguirla fino ad una fastosa sala riunioni.

Qui lo attendono tre personaggi, che si alzano in piedi al suo arrivo. Il volto di uno di loro è ormai noto a tutti: è Trichet, presidente della Banca Centrale Europea (BCE). Trichet porge per primo la mano a Tremonti e gli presenta gli altri due personaggi, qualificandoli come membri del board della BIS.

Dopo pochi convenevoli, Trichet entra decisamente in argomento in un inglese dal forte accento francese.

Trichet:  Mr. Tremonti, l’abbiamo qui invitata, in forma strettamente riservata, per avere da lei alcuni chiarimenti sui recenti sviluppi, fortunatamente solo verbali, almeno per ora, della politica italiana, considerate le ripercussioni che potrebbero avere, se applicati, sulla sua economia. Conosciamo, anche attraverso sue stesse pubblicazioni, la sua, diciamo, scarsa simpatia per la globalizzazione e su tutto ciò che ne consegue; conosciamo le sue critiche all’abbattimento dei dazi, alla libera circolazione di uomini e capitali; conosciamo anche la sua neppur celata ostilità verso le banche, in particolare la Banca d’Italia. Ma l’ultima sua esternazione sul posto fisso come valore irrinunciabile per dar certezza ai giovani e garantir loro di programmare il proprio futuro e farsi una famiglia, questo ci sembra francamente troppo in controtendenza alle politiche più avanzate; e, a rendere il suo discorso ancora più preoccupante, sembra che goda del consenso del suo primo ministro, Mr. Berlusconi, nonostante il vostro governo si dichiari di destra.

Lei sa bene che, col Trattato di Maastricht, l’Italia ha rinunciato spontaneamente a buona parte della sua autonomia politica, e soprattutto economica e monetaria. Tutte le sue convinzioni, cui ho appena fatto cenno, vanno in senso contrario alle direttive comunitarie, e sono quindi motivo di nostra preoccupazione, che speriamo lei vorrà ora fugare.

 Tremonti: Lo farò senza ambiguità, anche in considerazione del fatto che ci troviamo tra quattro mura, al riparo da orecchie indiscrete, immagino…

 

Dirigente BIS 1: Questa è la sede della più importante istituzione finanziaria mondiale, e certo non mettiamo cimici sotto i tavoli, come invece…

L’altro dirigente posa una mano sul polso del collega, interrompendolo.

 

Dirigente BIS 2: Ma sentiamo cos’ha da dirci Mr. Tremonti. Prego…

 

Tremonti: Bene. Non entrerò nelle singole convinzioni che mi avete, peraltro giustamente, attribuite, per concentrarmi su una sola, che ne è la causa prima.

 

Trichet: E sarebbe?

 

Tremonti: Sarebbe il sistema monetario vigente.

 

Tremonti sospende la frase per constatare il misto di sorpresa e contrarietà che traspare dal volto dei suoi interlocutori. Uno di loro si riprende dallo stupore.

 

Dirigente BIS 1: Può essere più esplicito? Tenga conto che lei si trova nel tempio di questo sistema monetario.

 

Tremonti: L’ho fin troppo presente. Alla base del dilagante malessere sta proprio l’abbecedario che i signori del denaro impongono trasversalmente alla classe politica dei vari Paesi, garantendole come contropartita privilegi multipli dei redditi della gente comune.

 

Trichet: In tutta sincerità, il suo mi sembra il trito ritornello delle sinistre…

 

Tremonti: Ma quali sinistre! È da un pezzo che sono semmai le destre ad agitare il problema.

 

Dirigente BIS 2 (con aria ironica): Insomma, si sarebbero invertite le parti!

 

Tremonti: Diciamo che le etichette destra-sinistra hanno fatto il loro tempo; e semmai sono proprio le ex-sinistre ad essere molto più affini all’internazionalismo, che oggi si chiama globalizzazione, di quanto non lo siano le destre nazionaliste, “vecchio stampo”.

 

Trichet: Ma veniamo al dunque, senza girare troppo intorno all’ostacolo. Ci spieghi meglio le sue idee monetarie e le sue conseguenti intenzioni, vista l’alta carica che ricopre in Italia.

 

Tremonti: Lo farò con un esempio recente, molto concreto. In Emilia le banche concedono prestiti ai produttori di parmigiano trasferendo un numero equipollente di forme dai loro ai propri magazzini. In caso di insolvenza, la banca si appropria di quelle forme, così come fa con gli alloggi dei suoi mutuatari.

 

Trichet: Che c’è di scorretto? Tanto ti ho dato in denaro e tanto mi riprendo in formaggio, se non mi ripaghi.

 

Tremonti: Non prendiamoci in giro, per favore. Siamo tra economisti sul campo, non accademici; e sappiamo tutti benissimo che le cose non stanno così, specie da quando il denaro non ha più alcun sottostante a garanzia del suo valore. È solo una convenzione, ad esclusivo vantaggio delle banche, uniche abilitate a creare denaro dal nulla: un vantaggio da cui sono esclusi gli Stati e i cittadini. Se il prestito è in realtà una finzione, perché le banche non hanno ciò che pretendono di prestare, il contratto di mutuo è sbilanciato, non c’è parità contrattuale tra chi mette sul piatto un bene concreto e chi ci mette della carta che acquista valore solo in quanto viene accettata per buona dagli ignari cittadini, ancorati alla vecchia formula “pagabili a vista al portatore”, fasulla oggi come ieri.


Giulio Tremonti
Jean-Claude Trichet

Trichet: Lei ha detto bene, Mr. Tremonti, è una convenzione. E, sebbene nella privacy di questa stanza non possiamo che confermare che le cose stanno come lei dice, sia io che lei e i due direttori qui presenti siamo tenuti a rispettarla. Siamo pagati per questo.

 

Tremonti: Un momento. C’è una differenza basilare tra me e voi, anche se sempre più spesso viene sfocata: voi dovete fare gli interessi dei banchieri, io sono un servitore dello Stato e devo anteporre gli interessi dei cittadini a quelli dei banchieri, specie quando vedo i primi spogliati dei loro beni primari, come la casa e il lavoro, per ingrassare i secondi.

 

Trichet: Caro Mr. Tremonti, mi stupisco che lei, alla sua età e con la sua esperienza, ancora non abbia capito come va il mondo.

 

Tremonti: Invece l’ho capito fin troppo bene e…

 

Dirigente BIS 2: …e allora non doveva occupare il posto che occupa.

 

Tremonti: Ah, sarebbe riservato a chi tradisce la fiducia degli elettori e si fa servo di una congrega parassitaria che ha sempre prosperato sul lavoro altrui? In effetti, tutti gli schieramenti politici evitano codinamente di toccare questo nervo, che pure è il maggior responsabile del cosiddetto debito pubblico, il cui interesse è la prima voce di spesa statale ad essere pagata, costringendo i responsabili delle finanze, come me, a stringere i cordoni della borsa con i più deboli e indifesi. Tolti quegli interessi, i conti dello Stato italiano sarebbero in avanzo, e non in perenne e crescente deficit.

I tre si alzano in piedi e, senza tendere la mano a Tremonti, concludono

 

Dirigente BIS 1: Abbiamo sbagliato a lasciare che la carica di Ministro del Tesoro fosse occupata da una persona con le sue idee rivoluzionarie; idee che minacciano di distruggere il paziente lavoro di suoi predecessori, come Ciampi e Padoa-Schioppa…

 

Tremonti: Basta guardare la loro provenienza per capire la vostra soddisfazione: l’uno forgiato in Bankitalia, l’altro nella BCE. Loro, e non io, non avrebbero mai dovuto accedere a quel posto, anche se questi sconfinamenti tra pubblico e privato sono ormai più la norma che l’eccezione, al di qua e al di là dell’Atlantico, con Paulson prima e Geithner oggi posti a capo del Ministero del Tesoro USA, pur provenendo dal vertice della Goldman Sachs il primo e della Federal  Reserve di New York il secondo. E in Italia non ho mai fatto mistero al presidente Berlusconi di quanto io sia contrario al fatto che il suo Sottosegretario Gianni Letta sia anche counselor della Goldman Sachs, che gli emolumenti li regala solo ai suoi top managers, non certo ai collaboratori esterni.  

 

Dirigente BIS 1: Lei ha detto quanto basta per mettere a repentaglio quel posto che così orgogliosamente ricopre, anzi, che noi le abbiamo lasciato coprire…

Tremonti se ne va sbattendo la porta e i tre rimangono soli.

 

Dirigente BIS 2: Cari colleghi, qui bisogna agire tempestivamente, relazionando del colloquio i nostri padr… ehm, superiori. Quest’uomo è una mina vagante: se rivelasse la verità dell’attuale sistema monetario per noi sarebbe la fine. E va coinvolto anche chi lo ha scelto per questo incarico chiave, il Primo Ministro italiano.

 

Dirigente BIS 1: Conosco bene Gianni Letta. Gli chiederò maggiori dettagli sui criteri di questa scelta. Di lui ci possiamo fidare.

 

Dirigente BIS 2: Intanto bisogna fare sempre più pressing sui media. La settimana scorsa Newsweek ha perorato in copertina l’adieu di Berlusconi alla politica. Se cade lui, il governo si sfalda; e magari potrebbero tornare in sella i nostri di provata fede: Padoa Schioppa, Visco, o addirittura Draghi. E la marcia verso il Nuovo Ordine Mondiale non sarebbe più intralciata dal “fuoco amico” di qualche stravagante…

 

Dirigente BIS 1: Penso invece che sia più producente non puntare subito al top, ma uno scalino più sotto, isolando la mela marcia. Come avvertimento. Del resto l’attuale squadra di governo vanta ministri di tutto rispetto, come Brunetta, Sacconi, Scajola. Non buttiamo via con l’acqua sporca anche il bambino. E Draghi sarebbe un ottimo avvicendamento al Tesoro, con illustri precedenti di bancari che passano in via Nazionale, da Guido Carli a Ciampi, fino a Padoa Schioppa. Per Draghi, del resto, sarebbe un ritorno, dopo la proficua esperienza in Goldman Sachs e in Bankitalia; e non avremmo più nulla da temere…

 Marco Giacinto Pellifroni                                                                      25 ottobre 2009