TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni I RACCONTI DI CRISTINA RICCI PAOLA
Avevo riportato sulla spiaggia quel libro,
mi pesava trovarmelo in casa, mi dava l’impressione di conservare
indebitamente un segreto, di essere divenuto parte di una storia che
andava oltre me, di essere d’ostacolo al corso degli eventi e del
destino. Camminavo quel giorno sulla spiaggia. Era
una mattina presto, quando l’inverno non è ancora giunto e l’estate è
comunque ormai un ricordo*. Perso nei miei pensieri desideravo trovare la
forza di spazzare via nubi che mi rabbuiavano l’ esistenza, proprio come
la tramontana, che aveva soffiato per giorni, aveva pulito il cielo
tingendolo d’un irreale azzurro. Lo sguardo andava dalla spiaggia al mare, si
soffermava sul molo e solo più tardi mi resi conto che quel vagare altro
non era che la ricerca di Billy, il randagio che gradiva la mia
compagnia nelle sue scorribande, spezzando, senza saperlo, la mia
solitudine. Perso nella musica del mare quasi non mi accorsi
del libro. Ripensandoci ora, ormai quando tutto è finito,
posso dire che solo sulla via del ritorno me lo trovai nelle mani. Come consuetudine e senza troppa attenzione
allungai la mano verso il cane e invece del consueto bastoncino da
lanciare me lo ritrovai tra le mani; inusuale oggetto da gettare. Billy era un campione per scovare improbabili
oggetti da lancio; ma quello fu sicuramente il più originale che mi
offrì. Ho sempre avuto una venerazione per i libri. Li
considero compagni d’avventura da quando le tigri di Mompracem e i
pirati della Malesia divennero i complici delle mie scorribande
infantili. Rimasi perplesso di come Billy potesse
possederne uno. Lo sfilai delicatamente dalle sue fauci,
amorevolmente lo passai sulle cosce per asciugare la saliva coi jeans. La spessa copertina aveva protetto le pagine
dall’umidità e mi guardai attorno con la sicurezza che qualcuno stesse
rincorrendo Billy per riappropriarsi del suo tesoro. Invece non c’era nessuno. La spiaggia era deserta se si escludevano i
gabbiani che volteggiavano sulle nostre teste. Sbrigai gli impegni della giornata pregustando
il piacere di accomodarmi davanti al fuoco ed immergermi nella lettura. Quel libro mi attraeva magicamente non solo per
il modo in cui era entrato nella mia vita. Era più di una semplice
storia; era lo scampolo di vita di due persona reali. Me ne ero reso
conto fin dal mattino; quando, scorrendo le pagine, avevo colto fitti
messaggi di diverse calligrafie. Poi mi ero soffermato sulla dedica. “Tutto quello che Paola pensa io l’ho pensato Tutto quello che Paola desidera io l’ho
desiderato Tutto quello che Paola ha fatto io l’avrei fatto
per te” Accomodato in poltrona udivo i rintocchi della
campana che scandivano il passare del tempo e non riuscivo a rientrare
nella mia esistenza, a spegnere la luce e andare a letto; in attesa di
un oblio che giungeva sempre più lentamente, e con meno voglia di
trascinarmi via. Mentre la notte passava io, pagina dopo pagina,
imparavo a conoscere Paola. Figura che si muoveva in un mondo di lettere
ma che quella poche scritte rendevano viva e reale. Mi addormentai solo quando i primi chiarori
preannunciarono l’aurora. Il libro in sé non era granchè. Senza la
consapevolezza che una donna reale si celasse dietro quella immaginaria
non sarei riuscito ad arrivarne alla fine. A spingermi era proprio
quell’essere che aveva avuto il coraggio di stracciare ogni sua certezza
per amore. Paola era riuscita a dare una svolta alla sua vita. Aveva
l’energia della tramontana; quella stessa forza che stavo cercando per
scuotermi dai miei torpori. Ma la donna reale era riuscita a fare
altrettanto? Riaprii infinite volte quel libro, fino a
concentrare l’attenzione solo sull’oggetto. Sembrava fosse passato tra infinite mani; in
realtà era stato il trait d’union di un amore. Osservando imparai a
distinguere le sottolineature. Riuscii a trovare al di là delle parole
il sentimento nascosto che spingeva la penna. Scorsi la gioia, la
solitudine e a volte il dolore. Capii che quelle strane circolari
increspature erano tracce lasciate da lacrime sgorgate troppo copiose
per essere trattenute e lasciate scorrere via. Immaginai infinite volte il loro viaggio. Scese
lentamente per accarezzare la gota, alcune lungo la dorsale nasale,
sicuramente qualcuna si sarà fermata ad esplorare la punta del naso
prima di tuffarsi giù e fondersi in quelle già scese. Mi scoprivo ogni
volta con braccio proteso per asciugarle, pronto ad offrire la mia
spalla come sostegno. Ritrovandomi ad osservare le testimonianze di
esistenze che lasciavano intendere personali tormenti simili ai miei
nasceva l’impellente desiderio di conoscere il destino di quelli
sconosciuti. La mia solitudine era tanta e tale da spingermi
a voler essere quel lui al quale il libro era dedicato fino al punto di
indurmi a cercare Paola per anni; domandandomi se ci fosse lei dietro ad
ogni donna che incontravo. La mia vita, con trascorrere del tempo, aveva
trovato una serena tranquillità. Pur non avendo esaurito la ricerca ero
riuscito a placare l’ansia che mi spingeva affannosamente di qua e di
là, come foglia strapazzata dal vento. Il libro era entrato a far parte delle mie
abitudini. Non aspirava ad un posto di diritto in libreria. Si muoveva
tra le mie cose. A volte prendeva posto sul comodino, altre si insinuava
tra i cuscini della poltrona o semplicemente proteggeva il pavimento
dall’odiosa e immancabile impronta circolare dell’ultimo bicchiere della
serata. Spesso era nella mia tasca mentre passeggiavo
sulla spiaggia. Proprio per il suo vagare al seguito della mia
agitata esistenza l’avevo salvaguardato. Conscio di essere il custode di
un oggetto prezioso che avevo ben presto imparato ad amare, come un
diligente scolaro, l’avevo rifasciato. Non si era spenta la speranza di
incontrare uno dei protagonisti a cui restituirlo e speravo che la cura
con cui l’avevo custodito mi valesse il premio di conoscere l’epilogo
della storia, ponendo fine alla mia curiosità. Ancora non so come sia stato possibile. Solo
dopo anni, rifasciandolo per l’ennesima volta mi accorsi dell’ultima
lettera. Era stata scritta sul retro della quarta di copertina. Proprio
dietro il ritratto dell’autore. Mai l’avrei scovata se il caso non
avesse fatto in modo che il libro mi scivolasse dalle mani e, cadendo,
si liberasse dalla sovracopertina. Era il messaggio d’addio. La risposta al
disperato bisogno di lei che ammetteva l’amore per un uomo che aveva
avuto la capacità di capirla al punto di entrare nel profondo del suo
essere. In un luogo dove nessuno era arrivato mai e che lei stessa
faticava a raggiungere. “E’ vero; si può amare così, anche senza essersi
mai toccati. Anche senza conoscere il profumo della tua pelle resterà in
me il bisogno costante della tua presenza ma credimi è meglio così.
Conosco i miei limiti e ho la certezza assoluta di poterti togliere
molto di più di quel che potrei darti. Alla fine ti lascerei devastata
perché altro non sono se non un uragano che si abbatte distruggendo
tutto quel che trova sul suo cammino. Troverai il libro al solito posto, ti guarderò
ancora una volta da lontano e, incidendo la tua immagine dentro me,
partirò”. Solo allora nacque in me la certezza di essere
un’inconsapevole pedina del destino. Quel libro era con me da anni. Lei
aveva atteso invano una risposta per tutto quel tempo. Le sue parole
forse non avevano saputo trattenere quel lui ma avevano sicuramente
stregato me ma, ironia della sorte, anch’io l’avevo cercata invano. Cercai di trattenere ancora quel libro, unico
legame di un improbabile amore, ma alla fine lo riportai alla spiaggia. Aspettai la giornata giusta per dargli addio. Lo
avvolsi con cura dentro la plastica. Dopo tutto non volevo rischiare di
rovinarlo. Il vento aveva soffiato tutta la notte. Il mare ruggiva
rabbioso e mi pareva di distinguere parole di rimprovero per quel che
avevo involontariamente fatto. Il cielo era grigio, le nuvole basse e la
pioggia scendeva così fine da sembrare umidità ma mi ritrovai fradicio
ancor prima di aver raggiunto la spiaggia. Cercai Billy ancora una volta, dimenticando, che
non l’avrei trovato. Scorsi invece, lontana sul molo una figura
femminile. Il vento col passare del tempo faticava sempre
più a smuoverle i capelli bagnati. Lei sembrava non accorgersi del
maltempo, rapita da emozioni che agitavano il suo essere tanto quanto il
mio. Restammo sotto la pioggia un tempo infinito.
Restai, attendendo che si esaurissero tutti i suoi pensieri e solo
quando fu pronta per andare via mi avvicinai. Ti tesi quel libro e cercando una conferma
pronuncia timidamente quel nome “Paola?”. Un sorriso si aprì sul tuo volto “Lo ero tanto
tempo fa…” poi afferrasti il mio prezioso libro. Con stupore ammirai la grazia con cui piegasti
le ginocchia, tendesti il braccio girando appena il busto. Provai
invidia per la leggerezza del lancio. Restammo a osservare il libro mentre volava. Il
vento modificò la traiettoria ma non ne cambiò il destino. Anche la mia
protezione servì solo a prolungare di un poco l’agonia. L’acqua iniziò
lentamente a inzuppare le pagine e, a poco a poco, il libro iniziò a
scomparire. Dopo che l’onda lo fece sparire ci allontanammo
incominciando a raccontarci di Billy. * incipit tratto da “Il coraggio del
pettirosso” di Maurizio Maggiani |