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...E  proviamoci a dare un senso

 a questa storia…

di Domenico Maglio

 

Personaggi autorevoli della politica italiana qualche tempo fa hanno previsto scosse politico istituzionali nel nostro paese.

Personaggi di indubbia esperienza hanno esposto questa tesi sollevando un gran polverone.

Io non sono un sismologo e quindi non sono in grado di prevedere scosse.

Ma analizzando i fatti che ci interessano da vicino non possiamo nasconderci che i sintomi ci sono tutti come è stato rilevato.

Bisognerà vedere se il collante del potere che tutto tiene insieme con la distribuzione di incarichi, privilegi e prebende varie sarà in grado di chetare i sussulti che a intermittenza si percepiscono, se il potere saprà mantenere gli equilibri all’interno del governo attualmente in carica nel nostro paese.

 E nello stesso tempo in cui si iniziava a percepire tutto questo partiva un lungo corso avviato dal maggior partito di opposizione, il Partito Democratico, verso un Congresso che si concluderà dopo un meccanicistico iter il 25 di ottobre.

L’auspicio, ma direi l’irrinunciabilità, è che questa lunga discussione consenta nello stesso tempo di svolgere quel ruolo che un grande partito di opposizione deve gettare sul terreno della proposta politica.

Una discussione che non potrà svolgersi per il PD soltanto a considerare se stesso, la sua forma partito, ma dovrà contemporaneamente guardare ai grandi problemi del paese.

Su questo responsabilmente non può che andare il mio impegno, e sono certo che altri lo faranno, durante e soprattutto dopo la fase congressuale, mettendo in primo piano il progetto che si vuole proporre al paese.

Per farlo bisogna partire dalla realtà, con pazienza, guardando alle sofferenze degli italiani, ai tanti fattori di crisi, economici e morali.

Per farlo non possiamo non parlare del governo di oggi. E’ necessario partire da lì e costruire l’alternativa, soprattutto culturale.

La sconfitte che si sono succedute recentemente per il centro sinistra sono inconfutabilmente dimostrate dai numeri ma altrettanto innegabilmente non dobbiamo nasconderci, almeno da questa parte della barricata, che la sconfitta è soprattutto culturale.

E’ già stato detto da altri un concetto, e qui vorrei ribadirlo ma estendere il ragionamento.

Io penso che sia fuori da ogni dubbio che noi viviamo l’epoca in cui il potere personale del Presidente del Consiglio ha raggiunto il suo livello più alto, il punto di estensione più preoccupante anche dal punto di vista dell’equilibrio democratico del paese, ma nello stesso tempo è l’epoca in cui questo potere comincia a mostrare le sue crepe, e quindi credo che siamo all’apice, al momento più alto ma anche all’inizio al declino politico di Silvio Berlusconi e per trascinamento al crepuscolo del governo che presiede e che in qualche modo si arrabatta a governare il paese.

E questo è un dato del tutto evidente in Italia e sulla scena internazionale.

Noi in Italia lo percepiamo di meno, perché siamo stretti dentro una bolla mediatica, perché i mezzi di comunicazione che arrivano oramai in tutte le case sono controllate in pratica dal Presidente del Consiglio, i giornali lo temono anche se con qualche eccezione, non tutti per fortuna e quei pochi sono sottoposti a pressioni di ogni tipo, a minacce vere e proprie come le cronache raccontano da un po’ di tempo in qua.

Quindi viviamo dentro un’informazione un po’ troppo indirizzata e spesso compiacente.

Ma al di fuori del nostro paese, fuori dai confini nazionali dove esiste una stampa più libera, dove l’informazione scrive senza queste pressioni, vengono pubblicati articoli o editoriali che in qualche modo ci umiliano come cittadini italiani, commenti che dicono che il Presidente del Consiglio, la cui immagine è degradata sul piano internazionale sta trascinando con se l’immagine dell’Italia.

E questi commenti non sono solo su giornali progressisti che potrebbero essere in qualche modo di parte, ma sovente si trovano su giornali della destra o del centro destra europeo ed extra europeo.

Io vorrei che si ragionasse anche su questo perché ovviamente non è soltanto un fatto di immagine ma è qualcosa che va a colpire profondamente i nostri interessi, gli interessi nazionali, quindi questo inizio di declino è già percepito sulla scena internazionale.

Molti nostri concittadini, molti italiani non afferrano bene questa criticità, presi come sono da problemi quotidiani, si sentono come estranei a quanto avviene con la crisi mondiale, con i danni dei derivati, della finanza virtuale e così via, ma questo non è un fatto privo di conseguenze, tutt’altro.

E proprio per questo che è già in fermento una parte della classe dirigente del nostro paese, una parte importante, una parte di quegli stessi che per esempio io definisco “omaggiatori del potente”, perché purtroppo è questo è il costume diffuso che vige da qualche tempo : omaggiare il potente.

Ma tuttavia proprio perché si sente lo scricchiolio del supporto ai propri interessi, che questa cospicua parte di classe dirigente italiana avverte questa debolezza e sta cominciando a manifestarla anche se in modi che ancora non possiamo dire di scontro aperto.

Ognuno se vuole facendo un pò di mente locale su questo ricorderà episodi che avvalorano queste mie tesi peraltro condivise da autorevoli compagni di osservazione, ne citerò per brevità solo qualcuno, così tanto per cronaca, lo scontro con Della Valle, la richiesta di “soldi veri” di Marcegaglia, le ultime dichiarazioni di Cordero di Montezemolo, solo per citare i più noti, ma anche nel loro retroterra il fastidio non manca di certo.

Eviterò di citare gli scontri politici con il Presidente della Camera attuale, l’insofferenza del “libertinaggio” spudoratamente perseguito in sedi Istituzionali e private, fatti che hanno suscitato fastidio e insofferenza non solo in ambiti strettamente famigliari, una faccenda sulla quale non vorrei pronunciarmi, ma che sono stati denunciati anche dal Vaticano che conta molto più di chi scrive e così via, ognuno di noi può quindi farsi il proprio elenco personale avendo l’accortezza di procurarsi preventivamente almeno una risma di carta.

Per questi motivi, anche per questi motivi, io credo che noi italiani non avremo di fronte un periodo di stabilità ma avremo comunque una fase politica tormentata perché appunto tutto il potere si concentra palesemente nelle mani di un uomo solo e quest’uomo mostra oramai tutta la sua fragilità.

Oramai non bastano più le censure stile ventennio sulle fasi degradanti del nostro Presidente del Consiglio, non è più possibile occultare granchè, neppure questa oramai conclamata fragilità e la conseguente perdita di credibilità sulla scena internazionale.

Questa è la realtà.

So bene che ogni volta che qualcuno di noi, che stiamo dalla parte a lui avversa, dice queste cose viene coperto di insulti, si dice che prendiamo abbagli, che abbiamo le traveggole, che siamo dei pessimisti, dei disfattisti, perché c’è sempre un gruppo di pretoriani, di picchiatori in azione ben addestrati e ben remunerati con poteri vari pronti a scendere a difesa del loro bancomat.

A volte è successo che anche  nel maggior partito di opposizione, nel PD, a parte qualcuno, le risposte a questa situazione non siano state molte, anche se recentemente le cose parrebbero cambiare sulla scia della spinta congressuale.

Le risposte non sono state molte e della giusta forza un po’ per signorilità, una signorilità che voglio ricordare ai più disattenti non è mai stata ricambiata, e un pò perché è venuta a mancare la solidarietà che ogni partito che si rispetti dovrebbe avere al proprio interno, un senso di solidarietà  che dovrebbe esistere e che ci si augura venga ripristinata con la nuova segreteria nazionale del PD.

Anche i pretoriani del capo che si imbatteranno in questo articolo diranno le stesse cose, ma personalmente la cosa mi preoccupa ben poco, perché il livello del dibattito pubblico su questi temi è questo.

Un dibattito che spesso anziché svolgersi nelle sedi Istituzionali e prendere forma come soluzione per le sofferenze del paese, o si trasforma nel soffocamento per decreto del dibattito oppure si spande come un doposole sulle pagine dei giornali da ombrellone, come se le questioni gravi degli italiani, dei lavoratori, delle famiglie, dei giovani, delle imprese, fossero derubricate fossero notizie di gossip.

Invece io penso che la verità sia quella che ho detto.

Noi siamo in un momento in cui paradossalmente al massimo dell’esposizione di forza, di arroganza del nostro Presidente del Consiglio corrisponda una fragilità oramai percepita maggiormente fuori dal nostro paese e che secondo me sempre di più si avvertirà anche da noi in Italia.

E quindi pur non essendo un esperto sismologo azzarderei la previsione di altri sussulti.

Comunque non sono attirato dall’immaginare scenari da ribaltoni, fare piani perché sarebbe una discussione oziosa e in questo momento darebbe luogo soltanto a polemiche perditempo.

Io vorrei dire una cosa che ho già detto ogni volta che ne ho avuto l’occasione ed è rivolta a noi, da questa parte della barricata.

E cioè che il paese vive una crisi profonda e di natura strutturale, vive un passaggio storico delicato e molto difficile per tutti gli italiani, un paese che vive nel disagio e che è nelle mani di un governo che è molto più fragile di quello che sembra e quando un governo passa metà del tempo a dire che è forte, vuol dire che in realtà non lo è affatto.

Ecco perché questo paese, il nostro paese,  ha bisogno al più presto di una grande forza, seria dell’opposizione, in grado di costruire con altri un progetto politico di sviluppo, una forza in grado di mettersi sulla frontiera del progressismo e che archivi la vanitosa autosufficienza che fino ad oggi l’ha contagiata in modo deleterio.

Una forza che torni a parlare il linguaggio del mondo del lavoro dipendente o autonomo e della gente.

Ma bisogna farlo avendo sempre come principale preoccupazione la responsabilità di fronte al paese, un grande Partito non è un centro sociale o un circolo giovanile, ma deve essere una grande forza politica che sente di avere una responsabilità di fronte all’Italia, un’Italia che vive in questa fase uno dei momenti più difficili della sua storia.

Lo abbiamo letto tutti, lo hanno detto Sindacati e Confindustria, in questi giorni il nostro paese perde più del 5% della sua ricchezza, vuol dire che quest’anno noi produrremmo qualcosa come oltre 100 miliardi di euro in meno.

È una cosa drammatica, non esistono precedenti nel dopoguerra, dobbiamo essere coscienti e moltissime famiglie, molti, troppi lavoratori, troppe imprese lo stanno già sentendo sulla pelle che viviamo uno dei nostri momenti più difficili.

Ma abbiamo un Presidente del Consiglio che dice che non bisogna parlarne, che si occupa d’altro come oramai tutto il mondo sa quindi non entro in particolari, e c’è il maggior partito di opposizione che si è avviato a lunghi  mesi di congresso con un certo numero di candidati e con tutta la stampa che incita a fare più fracasso possibile su questo iter per nascondere altri problemi ben più gravi.

Io come italiano guardo con preoccupazione alla situazione del nostro paese, perché un grande paese che vive una crisi così difficile e che ha un sistema politico messo così come lo conosciamo, dove da una parte c’è il potere personale di un uomo che diciamo non appare nel pieno della responsabilità dei suoi atti e dall’altra parte chi dovrebbe rappresentare la più grande opposizione democratica appare in una situazione ancora problematica e precaria, ecco questo è un motivo di preoccupazione.

E questo dovrebbe essere innanzitutto un sentimento che dovrebbe animare il congresso del Partito Democratico, dare in questo Congresso una prova di grande serietà, una prova di grande compostezza, di grande intransigenza verso chi sta trascinando le speranze di tanti nel buio più totale.

Il PD dovrà fare lo sforzo di arrivare nei tempi possibili ad una sintesi, perché poi alla fine, a giochi fatti,  il grande problema che si porrà sarà quello di ricostruirlo questo partito, su basi più serie, basi più solide di quelle conosciute fino ad oggi, almeno questo sembra a me e a molti altri.

La verità, magari fastidiosa per qualcuno, è che si sente un gran bisogno di un partito vero.

Io penso che ci sia bisogno di una cosa nuova, di una forza politica adatta a rispondere alle domande che la nuova società pone oggi, ma sono convinto che le cose nuove si costruiscono con fatica, con un processo progressivo, con il confronto, con le proposte e con la discussione.

Non nascono con la distruzione delle cose che ci sono.

Con la distruzione delle cose che ci sono si creano soltanto le macerie delle cose che c’erano.

Guardando in faccia la realtà penso sia irrinunciabile  mettere in campo un grande partito serio. Le energie ci sono, le forze anche, le forze ci sono nel senso che ci sono le persone, le donne e gli uomini, ci sono ovunque, anche dove ha vinto la destra, ci sono dentro e fuori del PD.

Ma questo partito ci sarà se saprà partire dalla realtà, se saprà ripartire su basi più robuste, su basi culturali più robuste.

Costruire un grande partito è un’opera di cultura, serve farlo muovere con una sua identità che non sia fumosa e indefinita, farlo spostare su un binario organizzativo ben chiaro, che permetta di arrivare in modo non solitario alla definizione di un rinnovato progetto politico per il paese.

Partire dai problemi politici ma guardando responsabilmente alla realtà del paese, una realtà che deve trovarsi al centro della fase congressuale del PD.

Un partito che con può più esimersi dal tornare a occuparsi dei grandi problemi dell’Italia e deve poterlo fare uscendo da un pericoloso isolamento con proposte innovative di segno riformista.

Come ho già detto in modo molto sintetico noi in Italia siamo entrati con la crisi di cui tutti oramai conosciamo gli effetti, in una fase di profonda trasformazione del mondo in cui il nostro paese rischia seriamente di vedere ridotto il suo ruolo internazionale e il suo peso nel sistema economico mondiale.

Questa è la realtà del paese e il terreno della sfida è questo, lo è per l’Italia e lo è soprattutto per il PD che a quell’Italia vuole, insieme ad altri, dare un futuro.

 

Domenico Maglio