Recentemente si è sentito parlare di un ritorno di fiamma di
Ilda Boccassini che è Procuratore aggiunto a Milano e che prossimamente potrebbe
diventare il capo della direzione distrettuale antimafia della Procura di
Milano. Di cosa si sta occupando la Boccassini? Si sta occupando un po’ come sta
facendo quella di Palermo, nei confronti della strage di Via D’Amelio, allo
stesso modo quello che sta facendo la Boccassini nei confronti delle stragi del
1993, si sta occupando del contesto politico – imprenditoriale che in quel
periodo stava di sfondo alle stragi e che ha prodotto le stragi, stragi che lo
sanno anche i bambini, non possono essere state decise in autonomia da Totò
Riina prima e da Leoluca Bagarella dopo, con tutta la fiducia che possono avere
del loro livello culturale, l’idea che Totò ‘u curto e i suoi uomini e parenti
fossero molto ferrati sulla dislocazione del padiglione di arte moderna e
contemporanea di Via Palestro a Milano o sulla Torre dei Pulci a Firenze o sul
Velabro a Roma, neanche sapevano che esistevano questi monumenti, è ovvio,
fossero stati la Torre di Pisa o il Colosseo, uno potrebbe anche
attribuirglieli, ma è evidente che questi sono degli obiettivi talmente mirati e
talmente particolari che qualche suggeritore c’è per forza e del resto nelle
sentenze lo si legge.
La Boccassini quindi si sta occupando anche lei, avendo sentito Spatuzza, come
ha fatto la Procura di Firenze perché? Perché Spatuzza si occupa anche di
un’altra strage, oltre a essersi autoaccusato della strage Borsellino dice,
essendo lui stato il capo del mandamento di Brancaccio, mandamento di Brancaccio
che era capitanato dalla famiglia Graviano, sono quelli che hanno fatto fuori
Don Puglisi e sono quelli che si sono occupati materialmente delle stragi del
93. Che cosa dice Spatuzza dei Graviano? Parla dei rapporti che avevano i
Graviano a Milano con personaggi che già risulta - basta avere letto la sentenza
Dell’Utri per saperlo - che hanno avuto rapporti con Dell’Utri: l’abbiamo
pubblicate un po’ di carte del processo Dell’Utri, c’è un libro che si chiama “
L’Amico degli Amici”, è un libro arancione, sono tutti gli atti, insomma è
abbastanza impegnativo, però pubblicato dalla Bur potrebbe essere utile là,
soprattutto, dove si raccontano i rapporti tra Dell’Utri e alcuni uomini legati
al clan dei Graviano, che gravitavano, in quel 1993, a Milano. Ce ne era uno in
particolare che era arrivato a Milano per sistemare suo figlio nei pulcini del
Milan e Dell’Utri pare abbia fatto da tramite. Quindi stiamo parlando, anche
qui, di rapporti che non sappiamo se costituiscono reato o meno, ma che insomma
c’erano.
Secondo Attilio Bolzoni, che l’ha scritto su Repubblica ieri, Spatuzza ha detto
ai magistrati di Firenze “ Giuseppe Graviano mi disse che, per quell’attentato,
avevamo la copertura politica del nostro compaesano”: il compaesano pare di
capire, anche se bisogna stare attenti - e infatti qua su Repubblica stanno
molto attenti - sembrerebbe essere il siciliano più illustre di Forza Italia,
ossia Marcello Dell’Utri, dice sempre Spatuzza. Spatuzza lo dice a Firenze, a
Milano la Boccassini sta lavorando su tutti i rapporti imprenditoriali,
soprattutto, che la famiglia Graviano aveva avviato a Milano e sui contatti che
c’erano tra quegli ambienti e gli ambienti dellutriani, per spiegare che cosa
stava dietro, cioè per spiegare se è così folle l’idea che i Graviano e Dell’Utri
abbiano qualcosa a che fare, o se invece emergono dei punti di contatto e, come
vi ho detto, già emergono nel processo Dell’Utri. Sapete quale è la mia
impressione? La mia impressione.. ah, naturalmente qui l’attentato di cui si
parla, di cui parla Spatuzza - “ Giuseppe Graviano mi disse che, per
quell’attentato, avevamo la copertura politica del nostro compaesano” - Spatuzza
sta parlando dell’ultimo attentato, ovvero di una Lancia Thema imbottita con 120
chili di esplosivo che, tra il novembre e il dicembre del 93, doveva esplodere
allo Stadio Olimpico e fare una strage di Carabinieri del servizio d’ordine; su
quella strage ci sono sempre stati problemi di datazione, anche perché, per
fortuna, non si è mai verificata, nel senso che la prima volta si guastò un
innesco elettrico e conseguentemente non esplose la bomba e la volta seguente,
quando tutto era pronto, invece ci fu un contrordine e di lì la mafia smise di
sparare, perché probabilmente aveva trovato colui il quale era in grado di
mantenere i patti, dopo averli fatti e, secondo la sentenza Dell’Utri, quel
“colui” era Marcello Dell’Utri. E’ proprio questo che volevo dire: si parla
molto, sui giornali, di “chissà cosa stanno scoprendo, chissà cosa ha trovato la
Boccassini, chissà cosa hanno a Firenze in mano, chissà a Palermo come
cospirano, chissà a Caltanissetta” etc. etc.. L’impressione è che, per quanti
passi in avanti stiano facendo queste indagini sulle stragi, per quello che
interessa noi cittadini, giornalisti, lettori di giornali, le cose più pesanti
sono già scritte: sono già scritte nella sentenza di primo grado del Tribunale
di Palermo che, nel dicembre del 2004, ha condannato Marcello Dell’Utri a nove
anni di reclusione per concorso esterno associazione mafiosa.
Dubito che i magistrati abbiano potuto scoprire qualcosa di
più pesante di quello che c’è scritto in quella sentenza: probabilmente se
qualcuno, in questi giorni, scrivesse su un giornale - cito a caso - “ ho le
prove inoppugnabili che Dell’Utri per trenta anni, prima come ideatore e
creatore del movimento politico di Publitalia e poi del movimento politico Forza
Italia, è stato l’anello di congiunzione tra Cosa Nostra e Silvio Berlusconi.
Abbiamo le prove della posizione assunta da Dell’Utri nei confronti di noti
esponenti di Cosa Nostra, dei suoi contatti diretti e personali con alcuni di
essi (Stefano Bontate, Mimmo Teresi, Vittorio Mangano, Tanino Cinà), abbiamo le
prove del ruolo ricoperto da Dell’Utri nell’attività di costante mediazione tra
il sodalizio criminoso, cioè la mafia, il più pericoloso e sanguinario nel
panorama delle organizzazioni criminali operanti al mondo e gli ambienti
imprenditoriali e finanziari milanesi, con particolare riguardo alla Fininvest.
Abbiamo le prove sulle funzioni di garanzia svolte da Dell’Utri nei confronti di
Silvio Berlusconi, il quale temeva che i suoi familiari fossero oggetto di
sequestri di persona. Abbiamo le prove che si adoperò affinché Berlusconi
assumesse un mafioso nella sua villa, come responsabile o fattore, o
soprastante, come si dice in siciliano e non come mero stalliere, pur conoscendo
lo spessore delinquenziale dello stesso Mangano fin dai tempi di Palermo: anzi,
proprio per tale sua qualità delinquenziale Dell’Utri fece assumere Mangano da
Silvio Berlusconi”.
E ancora, se ci fosse qualcuno che dice “abbiamo le prove che, quando fece
assumere Mangano, perché era un delinquente, da Berlusconi, ottenne l’avallo
compiaciuto di Stefano Bontate e Girolamo Teresi che, all’epoca, erano i due
uomini d’onore più importanti di Cosa Nostra a Palermo. E poi abbiamo le prove
sugli ulteriori rapporti di Dell’Utri con Cosa Nostra, favoriti, in alcuni casi,
dalla fattiva opera di mediazione del suo amico Tanino Cinà, protrattisi per un
trentennio”. Pensate se ci fosse qualcuno che dice che, per 30 anni, Dell’Utri
ha avuto rapporti con Cosa Nostra! Per trenta anni, non per qualche giorno o per
qualche mese!
“Nel corso di quel trentennio abbiamo le prove che Dell’Utri ha continuato la
sua amichevole relazione con il mafioso Cinà e con il mafioso Mangano che, nel
frattempo, era diventato il capo del mandamento di Porta Nuova, il mandamento
mafioso di Porta Nuova a Palermo e palesava, a Mangano, una disponibilità non
solo fittizia: lo incontrava ripetutamente nel corso del tempo, consentendo che
Cosa Nostra percepisse lauti guadagni a titolo estorsivo dall’azienda milanese
facente capo a Berlusconi”, ossia Dell’Utri consentiva che la mafia prendesse
dei soldi dalla Fininvest, intervenendo nei momenti di crisi tra
l’organizzazione mafiosa e il gruppo Fininvest, per esempio quando la mafia
mette le bombe alla Standa Berlusconi interviene.. scusate, Dell’Utri interviene
per fare cessare gli attentati, però l’azienda di Berlusconi paga il pizzo alla
mafia, quindi Dell’Utri non si sa mai bene da che parte sta: sta da tutte e due
le parti, dell’estorto e dell’estortore, promettendo appoggi in campo politico e
giudiziario alla mafia. Abbiamo le prove che queste condotte sono state
dimostrate da fatti, episodi, testimonianze, intercettazioni telefoniche e
ambientali, conversazioni tra lo stesso Dell’Utri e Silvio Berlusconi, Mangano,
Cinà, dichiarazioni di collaboratori di giustizia. Insomma, abbiamo la prova che
la sua attività in quei trenta anni ha costituito un concreto, volontario,
consapevole, specifico e prezioso contributo a mantenere, consolidare e
rafforzare Cosa Nostra, alla quale è stata, tra l’altro, offerta l’opportunità,
sempre con la mediazione di Dell’Utri, di entrare in contatto con importanti
ambienti dell’economia e della finanza, per esempio la Fininvest, così
agevolandola nel perseguimento dei suoi fini illeciti, sia meramente economici
che, lato sensu, politici.
Oltre a essere un reato l’associazione mafiosa in concorso esterno, queste cose
sono ancora più gravi in quanto Dell’Utri ha favoreggiato un’associazione
armata, un’associazione e un’organizzazione criminale armata e poi
un’organizzazione che opera anche nel campo economico, utilizzando e investendo
i profitti dei delitti che, tipicamente, pone in essere in esecuzione del suo
programma criminoso. E quindi tutto ciò è gravissimo, perché? Perché abbiamo la
prova che Dell’Utri ha voluto mantenere vivo per circa 30 anni il suo rapporto
con la mafia, anche dopo le stragi del 92 e 93, quando persino i tradizionali
referenti, non più affidabili, venivano raggiunti dalla vendetta di Cosa Nostra,
quando persino Andreotti tentò di staccarsi, in extremis, dalla mafia: Dell’Utri
no, coerente nei secoli e fedele e ciò nonostante il mutare della coscienza
sociale, di fronte al fenomeno mafioso nel suo complesso. Dell’Utri continuò a
avere rapporti con la mafia anche dopo le stragi, pur avendo a motivo delle sue
conclusioni personali, sociali, culturali e economiche tutta la possibilità per
distaccarsene e per rifiutare ogni richiesta da parte di soggetti intranei o
vicini a Cosa Nostra. Si ricordi, sotto questo profilo, l’indubbio vantaggio di
essersi allontanato dalla Sicilia fin dagli anni giovanili e di aver impiantato
altrove la sua attività professionale. E ancora tutto ciò è gravissimo, in
quanto il suo consapevole contributo a Cosa Nostra, reiteratamente prestato con
diverse modalità a seconda delle esigenze del momento, in relazione ai singoli
episodi esaminati nel racconto della sua vita, ha creato innumerevoli vantaggi
alla mafia: prima, quando la mafia aveva interesse a rapportarsi con una grossa
azienda e un grosso gruppo finanziario come la Fininvest e poi quando la mafia
aveva necessità di rapportarsi a un nuovo partito, visto che quelli vecchi erano
scomparsi Dell’Utri mise addirittura a disposizione un partito e l’idea, nel 93,
la ebbe lui. E è grave il tentativo di inquinare le prove nel suo processo
e, anche questo, è dimostrato e è grave che, contando sull’amicizia di Mangano,
la mafia gli abbia chiesto favori legati alla sua attività imprenditoriale. E
infine, è dimostrata la sua disponibilità verso l’organizzazione mafiosa nel
campo della politica, in un periodo storico, dopo il 92, in cui Cosa Nostra
aveva dimostrato la sua efferatezza criminali attraverso le stragi gravissime,
espressioni di un disegno eversivo contro lo Stato e inoltre quando la sua
figura di uomo pubblico e le responsabilità connesse ai suoi incarichi
istituzionali - Dell’Utri era entrato in Senato, è Senatore, diventa
Europarlamentare, membro del Consiglio d’Europa - avrebbero dovuto imporgli una
maggiore accortezza e rigore morale, inducendolo a evitare ogni contaminazione
con quell’ambiente mafioso le cui dinamiche lui conosceva molto bene, per tutta
la sua storia pregressa.
Questo è.. immaginate se oggi qualcuno dicesse queste cose in
un’intervista a un giornale: tutti direbbero “ eh, clamorose novità sul caso
Dell’Utri /Berlusconi”, in realtà queste cose le hanno scritte i giudici del
Tribunale di Palermo nella sentenza che motiva la condanna di Dell’Utri a nove
anni, solo che voi non le avete mai lette da nessuna parte, salvo rare eccezioni
e quindi oggi ci si immagina chissà cosa dalle novità in materia di mafia e
politica, stragi e trattative e non si sa quello che, almeno il Tribunale di
Palermo, dopo nove anni di processo, salvo che siano tutti impazziti, ha
ritenuto accertato. Adesso, naturalmente, bisognerà vedere come andrà il
processo d’appello, ma questo è quello che hanno scritto i giudici di primo
grado e, quando leggete che Berlusconi è stato completamente scagionato dalle
accuse di mafia, perché non stavano in piedi, non ci crediate perché non è vero
niente! Non credeteci - ho detto un congiuntivo che non c’entrava niente, mi
scuso - non credeteci, sappiate - qui il congiuntivo ci sta bene - che le sei
indagini aperte dalla Procura di Palermo per concorso esterno in associazione
mafiosa e riciclaggio di denaro sporco sono state archiviate non perché non ci
fosse niente, anzi: si è stabilito semplicemente, con l’archiviazione, che
quelle indagini dovevano essere chiuse perché erano scaduti i termini massimi
per le indagini stesse e, in quei termini, non si erano trovati elementi
sufficienti per portare Berlusconi a giudizio, non che non era emerso niente,
erano emerse un sacco di cose terribili dal punto di vista morale e politico,
non bastavano per arrivare a presumere una condanna in sede penale e
conseguentemente si è deciso di archiviarle. Archiviare vuole dire mettiamo in
freezer in attesa di novità: se arrivano novità scongeliamo, questa è
l’archiviazione. Ecco perché Berlusconi ha paura: ha paura che, se arriva
qualche novità, possano tirare fuori dal freezer qualcosa che è stato solo
archiviato, ossia è lì congelato.
Per quanto riguarda invece le indagini sui mandanti esterni, non è vero niente
che Berlusconi e Dell’Utri furono archiviati a Firenze a Caltanissetta perché
non era emerso nulla a loro carico: anzi, a Firenze, a proposito delle stragi
del 93, c’è scritto - lo scrive il G.I.P. che archivia la posizione di
Berlusconi e Dell’Utri - che “ i due hanno intrattenuto rapporti non meramente
episodici con i soggetti criminali a cui è riferibile il programma stragista
realizzato”, ovvero che avevano dei rapporti con quelli che avevano fatto le
stragi. “ Esiste un’obiettiva convergenza degli interessi politici di Cosa
Nostra, rispetto a alcune qualificate linee programmatiche della nuova
formazione”, cioè di Forza Italia, “ articolo 41 bis, legge sui collaboratori di
giustizia, recupero del garantismo processuale, asseritamente trascurato nelle
leggi dei primi anni 90” e poi, sempre il G.I.P., aggiunge che “ l’ipotesi
iniziale, quella di un coinvolgimento di Berlusconi e Dell’Utri nelle stragi del
93 a Milano, Firenze e Roma, ha mantenuto e semmai incrementato la sua
plausibilità”, ma è scaduto il termine massimo per indagare e quindi
archiviazione. Lo stesso ha scritto il G.I.P. di Caltanissetta,
Giovanbattista Tona, quando ha archiviato la posizione di Dell’Utri e
Berlusconi, che erano stati indagati come possibili mandanti esterni delle
stragi di Capaci e Via d’Amelio e Tona ha detto “ gli atti del fascicolo hanno
ampiamente dimostrato la sussistenza di varie possibilità di contatto tra uomini
appartenenti a Cosa Nostra e esponenti e gruppi societari controllati in vario
modo dagli odierni indagati”, ossia dai due indagati Dell’Utri e Berlusconi.
“Cioè è di per sé legittima l’ipotesi che, in considerazione del prestigio
di Berlusconi e Dell’Utri, essi possano essere stati individuati dagli uomini
dell’organizzazione - cioè della mafia - quali eventuali nuovi interlocutori”:
anche qui non sono emersi elementi sufficienti per andare a giudizio e quindi
congeliamo, archiviamo. Questo c’è scritto, il che non significa che sono stati
loro, ma non significa neanche che, se qualcuno intende riprendere in mano
quelle vicende e, al momento, non risulta che nessuno abbia chiesto di riaprire
le indagini archiviate a carico di Berlusconi e Dell’Utri per strage, commetta
una follia: semplicemente si inserirebbe su un supporto che è già stato
ampiamente elaborato in quegli anni e, se oggi emergessero delle novità, come
dice giustamente Gianfranco Fini, esse andrebbero coltivate, ma ho l’impressione
che Berlusconi sia più preoccupato di quello che i fatti finora raccolti lo
autorizzino a preoccuparsi; è chiaro che lui è preoccupato, perché probabilmente
ne sa più di noi!