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Gli abusi di linguaggio
di Salvatore Ganci
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Ce ne sono di “alto”
livello e di livello “basso”
perché impiegati da chi la Lingua Italiana
dovrebbe
conoscerla bene ma trova
costruttivo per la sua causa, mistificare
l’informazione e la realtà stessa. Così quando
spiegavo in classe il concetto di “discontinuità”
di una funzione, facevo la parte di colui che
cantava
fuori dal coro insistendo sul fatto che nel
punto dove si considerava la funzione questa
dovesse
esistere e non, per esempio, divergere e + o
a – infinito. In fin dei conti si tratta di una
proprietà che la funzione
assume
nel punto (e allora, lì la funzione
ha da
esserci!).
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Ma poiché è invalso l’uso di
dichiarare “discontinue”
anche le funzioni che divergono
“nell’avvicinarsi” ad un punto (dove appunto non
sono reali!) tale
abuso di
linguaggio è ormai
così
invalso da essere tollerato. Meno male che in
ciò ero confortato da analoghe osservazioni
svolte su uno dei migliori “trattati” di Analisi
Matematica , altrimenti avrei subìto la berlina
mediatica dei Colleghi (e soprattutto, meno male
che avevo studenti ben educati ad accettare
criticamente il “sapere” e regolarsi
conseguentemente sulle questioni emergenti dai
temi di Matematica assegnati agli Esami di
Maturità). L’abuso di linguaggio di basso
livello è invece quello che ha l’apparenza
dell’innocenza (e dell’ignoranza) ma che
occulta, un disegno criminoso di disinformazione
che mistifica attraverso il
potere
suggestivo della parola, la realtà stessa.
A volte l’abuso di linguaggio
mistifica
la Storia stessa. Un tipico abuso è la
terminologia recentemente invalsa di chiamare “Leggenda
nera” l’inquisizione. E’ sufficiente leggere
i dati forniti dal pio Pierre de Vaulx – Cernay
per capire che di leggendario c’è, purtroppo,
ben poco.
Lo stesso titolo “Histoire
de l'hérésie des Albigeois et de la sainte
guerre entreprise contre eux (de l'an 1203 à l'an
1218) / par Pierre de Vaulx-Cernay ” è già
illuminante, ma quanto descritto toglie ogni
dubbio dalle prime pagine. Lo potete scaricare
(34 Mb) e leggere gratis dal sito
http://gallica.bnf.fr inserendo Vaulx Cernay
nel motore di ricerca interno. La poca
dimestichezza con un Francese “arcaico” è
premiata da una lettura “vera” e fedele visto
che gli orrori descritti sono redatti
minuziosamente da
un pio abate e dedicati ad Innocenzo III che
volle lo sterminio dei Catari. E siamo ai soli
inizi di questa pratica di intolleranza e nel
contempo un sistema “legittimato” per accrescere
a dismisura il potere e le ricchezze del papato.
Un tipico esempio di abuso “innocente” da
parte della stampa riguarda il termine “piromane”.
Come se un volgare “incendiario”
fosse necessariamente assimilabile ad una
personalità
psichiatricamente patologica.
“Oggi gli studenti del “Marconi” sono scesi in sciopero contro i tagli
annunciati dal Ministro Moratti…”.
In realtà, anche i bambini piccoli sanno
benissimo che quando papà sciopera, perde non
solo l’intera retribuzione della giornata, ma
anche gli
assegni di famiglia per chi ha a suo carico
e comprendono così che lo sciopero è per papà un
atto di una certa gravità. E’ vero che ci sono
stati scioperi a
raffica con intenti manifestamente defatigatori per Azienda e utenti
di chi era “super pagato”: ma l’Alitalia non è
finita bene, o sbaglio? |
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Poi c’è chi non
sciopera mai
perché dei
poveri vecchi
che penano in
una casa di
riposo, non
meritano
maggiori
sofferenze, e,
per quanto ho
osservato, non è
perché il
contratto di
lavoro, che pure
è un “contratto
capestro”, non
preveda
possibilità di
ricorrere allo
sciopero. |
Infine abbiamo i nostri
studenti in corteo mentre io (grato alla loro
“maturità civica e sociale”) chiudevo le
finestre e ne approfittavo
cinicamente per provare qualche nuova
esperienza di laboratorio. Ma … mi chiedevo,
sarò pignolo a pensare che il termine “sciopero”
sia un abuso di linguaggio, visto che lo
studente non ha un rapporto lavorativo e retribuito con chicchessia? Ma
questo abuso di linguaggio sul quale un
giornalista iscritto a un Albo (quindi con un
pedigree
indiscutibilmente esclusivo)
indulge,
nasconde semplice
ignoranza
linguistica e di un concetto
elementare
o nasconde fini di disinformazione pilotata
da una regia occulta?
Altro abuso di linguaggio
riguarda l’impiego del termine “precario”
(termine che
non esiste
nel libro “Le
parole del Diritto del Lavoro”) e
l’accezione del termine “licenziamento”.
Mi domando (pensando alla buonanima di quel
tremendo e coltissimo prete che mi insegnava
Latino); ma “precario”
è allora un termine sicuramente
abusato
“ad usum domini”: gioca ancora sul potere
suggestivo della parola: vuole
mistificare ed indurre a un giudizio.
“Precario” è colui che ha un rapporto di lavoro
“a tempo
determinato” (quindi con una data
d’assunzione e una data di fine rapporto). La
legge lo consente? Mi sembra di sì, per cui se
non ti viene rinnovato il contratto
è
possibile che sia cessata la
necessità
della tua opera. O forse il termine “precario”
nasconde, nel Diritto, occulti significati che
mi sono sfuggiti? Non disgiunto dal termine
“precario” il termine “licenziamento”.
Tiene banco in questi giorni il licenziamento
degli N precari della scuola per ogni regione. Ma mi chiedo si licenzia “personale
a tempo indeterminato” (allora non c’è abuso
di linguaggio) o semplicemente non viene
rinnovato un
contratto
a tempo determinato? In questo secondo caso
il termine “licenziamento”
è nuovamente un abuso di linguaggio e la
disinformazione ingenerata
mistifica
un concetto semplice: sgradevolmente,
drammaticamente, dolorosamente, semplice per
tanti giovani Colleghi.
In realtà
nessun
licenziamento è messo in atto … E’ meglio che
termini qui, … non vorrei, pensandoci, trovare
altri “abusi di linguaggio”: sarebbe come
prendere coscienza piena di vivere in una realtà
sociale manovrata da oscure regie.
Salvatore Ganci
http://www.salvatoreganci.it
http://www.foglidicounseling.it
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