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Nuovi scenari e previsioni in Liguria. Chi rischia il “posto al sole”

Soglia del 4%? La sinistra divisa

estromessa dal consiglio regionale

di Franco Astengo

 

 

Nel corso della prossima settimana, dal 21 al 28 Settembre, la Commissione Affari Costituzionali della Camera esaminerà un progetto di legge presentato dal PDL per l'introduzione dello sbarramento al 4% anche per le elezioni regionali, provinciali, comunali.

Naturalmente, dopo l'esperienza “bruciante” delle elezioni europee dove questa “soglia” fu introdotta a poche settimane dall'avvio della campagna elettorale, molti – specialmente a sinistra – leveranno la loro voce per denunciare l'ennesimo attentato alla democrazia. 

Una protesta fondata e con qualche ragione, al riguardo della quale però spero mi siano permesse alcune osservazioni un po' “controcorrente”.

Prima di tutto va osservato come non si sia di fronte, nel caso dell'introduzione delle clausole di sbarramento, ad un tentativo di ulteriore riduzione nella pluralità delle presenze all'interno del sistema politico italiano nel senso di una sua riduzione al “bipartitismo”: lo strumento usato in quella direzione è stato rappresentato dall'introduzione di un premio di maggioranza (senza soglia) con la legge elettorale del 2005 che, poi, alcuni incauti intendevano forzare per via referendaria,  consentendo la possibilità di conseguimento del premio per un solo partito.

Fortunatamente la proposta è stata respinta, nell'indifferenza della stragrande maggioranza degli elettori, e da lì si è avviata la crisi del “bipartitismo all'italiana”: una crisi definitiva che ha coinvolto anche la realtà del “bipolarismo”, pur consolidatasi negli ultimi 15 anni, ed oggi fortemente messa in discussione da ipotesi concrete di riallineamento del sistema che arrivano, prevalentemente dal mondo cattolico, come è dimostrato dall'andamento dell'assemblea della CEI di questi giorni.

La soglia di sbarramento (indipendentemente dalla sua entità) è presente, in modo palese o surrettizio (come in Spagna, dovuta all'ampiezza delle circoscrizioni) in molti paesi Europei: vale la pena ricordare, anche se forse potrà risultare superfluo, che il modello tedesco, cui molti guardano per una modifica sostanziale della realtà politica italiana, prevede una soglia del 5%, oppure il conseguimento di almeno 3 seggi nella parte uninominale della votazione.

Del resto, in Italia, l'adozione di soglie di sbarramento risale alla legge elettorale comunale e provinciale 81/1993 ( il 3%,, con la riserva, tutta italiana della possibilità di superamento da parte di coalizioni), e successivamente alla legge mista “maggioritario/proporzionale” (ricordata come “Mattarellum”) varata nello stesso anno e rimasta in vigore fino alle elezioni politiche del 2001 (vi era prevista, per la quota proporzionale che assegnava il 25% dei seggi, una soglia di sbarramento, a livello nazionale del 4%).


Quindi dovremmo esserci abituati: in realtà, a sinistra, si è vissuto per troppo tempo, sotto questo aspetto, in una sorta di silenzio, fidando sempre nella realtà della spartizione preventiva all'interno delle coalizioni che, via, via, si andavano formando sia a livello locale, sia a livello nazionale.

Si andava così dimenticando l'esigenza ineludibile di due elementi fondamentali  decisivi  per rappresentare una valida idea di presenza politica reale sul territorio: l'idea dell'unità a sinistra e l'idea di una forte capacità di rappresentanza dei propri settori sociali di riferimento da realizzarsi attraverso i programmi, i meccanismi di partecipazione, l'interscambio culturale.

Gli “strateghi del nulla” che avevano elaborato la “Lista Arcobaleno” clamorosamente fallita alle elezioni del 2008 (dal punto di vista della caduta elettorale, sicuramente la più precipitosa nella storia della Repubblica: ed è bene ricordarlo quando vediamo gli stessi personaggi agitarsi oggi nel tentativo di mantenere leadership assai improbabili) non avevano tenuto conto di questi elementi, erano rimasti in precedenza (soprattutto al livello locale) al caldo di coalizioni misurate all'insegna della governabilità e del mantenimento di posti di potere.

Non avevano pensato, minimamente, di muoversi nella direzione di una nuova soggettività politica, individuando  invece nel “cartello” e nel bilancino delle candidature la strada maestra del mantenimento del proprio “posto al sole” (sarebbe il caso di analizzare , ancora adesso, la composizione delle liste dell' “Arcobaleno” per recuperare la “chiave” di quella clamorosa sconfitta).

Inoltre furono sottovalutate (anzi auspicate) micro-scissioni a sinistra, che risultarono, alla fine decisive: la sinistra nel 2008, suddivisa in 5 liste ( Arcobaleno, PCL, Sinistra Critica, Socialisti, Bene Comune) realizzò infatti il 5,43% (una quota di sicurezza, in caso di presentazione unitaria con al centro l'idea di una nuova soggettività politica, anche considerando qualche piccola fuga di scontenti comunque, in altre direzioni).

Ancor peggio il risultato delle Europee 2009: la scissione del PRC alla vigilia, l'impossibilità di “parlarsi” fra i due tronconi principali (Sinistra e Libertà e Lista Comunista), la riduzione a tre dei concorrenti (con le due liste già citate si è presentato, si pure in sole tre circoscrizioni, il PCL) ha dato l'esito del 7,04% (pochi voti in più rispetto al 2008, considerato l'alto tasso di astensione, ma una percentuale di tutto rispetto, che ha dimostrato come una presentazione elettorale maggiormente “unitaria” avesse consentito a molti, oltre ovviamente alla natura diversa del contendere tra Politiche ed Europee, di smaltire la sbornia del “voto utile”).

Risultato concreto, però: zero, via zero, in termini di rappresentanza politico – parlamentare.

Cancellazione totale: prevedibile anche a livello regionale, se passerà lo sbarramento e a sinistra si continuerà nell'andazzo consueto.

Eppure l'occasione potrebbe essere colta: prima di tutto aprendo una riflessione seria sui contenuti, in ragione di alcune necessità insopprimibili ed urgenti che nascono dal fare della Costituzione il nostro programma politico (scriveva Andrea Manzella, qualche settimana fa, sulle colonne di Repubblica: non fare della Costituzione soltanto un elemento “difensivo”, ma assumerne i contenuti come vero “programma politico”).

In questo senso si troverebbero soluzioni ai dilemmi più importanti che stiamo portandoci appresso, dalle grandi questioni internazionali, ai temi dell'economia, a quelli dell'etica e della laicità dello Stato.

Esiste, inoltre, un aspetto di diversità da sottolineare rispetto all'esempio della “Linke” tedesca cui molti fanno riferimento: la “Linke” si trova a dover agire, e ne rappresenta un soggetto “chiave” dal punto di vista politico, in un quadro di rinsaldamento dell'unità nazionale tedesca dopo la riunificazione tra Est e Ovest; un partito della Sinistra Italiana dovrebbe, invece, misurarsi con un problema reale di messa all'ordine del giorno della divisione del Paese, al riguardo della quale (ed in chiave europea) proprio l'applicazione della Costituzione del '48 rappresenta la  miglior difesa.

Un grande “programma comune della sinistra” , basato sui concetti – chiave della Costituzione Repubblicana potrebbe rappresentare il primo passaggio decisivo per una diversa presenza di soggettività nel panorama italiano; in secondo luogo, esistono alle nostre spalle, i riferimenti teorici e storici indispensabili per una operazione politica di grande respiro (dalla “terza via “ ingraiana, alla questione morale di Berlinguer, alla capacità di programmazione di Riccardo Lombardi, al rigore etico di origine azionista: tutte le componenti chiamate in causa possono riconoscersi in una storia, in un disegno, in un progetto); in terzo luogo rappresenterebbe una novità importante un partito che riprendesse in mano l'ipotesi dell'integrazione di massa, dell'articolazione di una “forte” struttura interna; di una democrazia fondata sul dibattito vero e non certo sull'illusione delle primarie o del “far parlare tutti” per 3 minuti, in modo che tutti urlino e nessuno ragioni.

Naturalmente non saranno le prossime elezioni regionali del 21-22 Marzo 2010 il terreno sul quale sviluppare un discorso del genere, che ha bisogno di tempi non brevi (la fine della legislatura, se non ci saranno interruzioni violente in precedenza) per “programmare” l'indispensabile rientro in Parlamento.

La via, però, di una presentazione unitaria a sinistra che si proponga, in un quadro di forte autonomia programmatica e politica, di superare la soglia del 4% nel maggior numero di regioni potrebbe rappresentare un avvio di ragionamento attorno al discorso più complessivo che abbiamo cercato di delineare in questa occasione.

Forse sarebbe il caso di pensarci...

Savona, 19 Settembre 2009                                                      Franco Astengo