TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni

 

A.N.P.I.  è il momento di cambiare

 

Io penso che la nascita dell’A.N.P.I. sia stata, dal ’45 e almeno fino ad oggi, una delle più sincere espressioni di aggregazione intorno a un periodo storico importantissimo per la nostra democrazia.

Una delle tante Associazioni nate nel dopoguerra, certo non l’unica ma sicuramente la migliore per rappresentatività, e che meglio di altre è stata in grado di parlare a un paese che usciva distrutto dalle tragedie che inevitabilmente porta con se una guerra come è stata quella del II° conflitto mondiale.

Una parte importante di questa storia novecentesca dell’Italia dal 1945 ad oggi ha dunque varcato i cancelli dell’A.N.P.I., si è riunita nelle sue sedi, si è reincontrata e si è raccontata al Paese.

E lo ha fatto con dedizione, lo ha fatto bene, come meglio poteva attraversando periodi politici non facili sia sul piano interno che internazionale, lo ha fatto con impegno come fosse una continuazione delle lotte precedenti.

Nell’A.N.P.I. ci sono state e ci sono ancora testimonianze che hanno vissuto e sono state protagoniste di intere pagine di storia, uomini e donne che con le loro costanti narrazioni, refrattarie alle tante mistificazioni, hanno permesso la ricostruzione veritiera degli anni bui e tragici del nazi fascismo.

Non sempre le congiunture politiche hanno aiutato in questo, non sempre questo loro impegno è riuscito a squarciare il velo omertoso sulle tante verità del periodo, e spesso l’umiliazione di non essere creduti ha avuto il sopravvento, come ben sappiamo dalle storie dei Lager Nazisti e Italiani, verità che non si potevano dire, fatti che non si potevano raccontare, crimini che non si potevano perseguire e “l’armadio della vergogna” è li a confutare questa tesi.

Ma quanti altri armadi ci sono ancora?

Di quanti armadi non sappiamo e non sapremo mai niente?

Gli equilibri precari in politica estera da conciliare tra chi voleva “l’ora X” e chi il “Partito Nuovo”, l’impellente stesura della Costituzione che doveva mediare tra ideali e prospettive diverse, la volontà comune di tutti i protagonisti politici della Resistenza di estirpare per sempre dall’Italia con quella Costituzione eventuali rigurgiti di totalitarismo, la necessità di ricostruire intere generazioni spazzate via dalla ferocia fascista, l’assenza di una cultura democratica radicata, la necessità di rifare un’Italia distrutta, tutto questo ha fatto si che molto non sia stato detto, e se qualcosa oggi può essere ricostruito lo si deve all’A.N.P.I. e agli Istituti Storici della Resistenza.

Quindi i meriti che hanno rivestito e che rivestono Associazioni come l’A.N.P.I. non può essere negato.

E proprio per questi motivi, perché questa ricerca della verità e dei fatti accaduti non si fermi bisogna porsi alcune domande sullo stato attuale dell’Associazione, porsi domande anche scomode per darsi delle risposte concrete e non solo demagogiche.

Che sarà dell’A.N.P.I. quando anche l’ultimo partigiano si arrenderà al naturale corso della vita?

Che sarà di noi più giovani quando non riusciremo più ad ascoltare la voce dei protagonisti?

Chi andrà nelle scuole, a parlare nei dibattiti pubblici sul periodo Resistenziale?

Avremo la forza valoriale per proseguire?

Resteranno in noi gli stimoli morali che creano l’entusiasmo aggregativo necessario per sensibilizzare la società sui valori democratici che abbiamo ereditato?

E ancora, non ci sentiamo in dovere di chiedere scusa ai vecchi partigiani per non aver saputo difenderla questa nostra democrazia dopo quello che hanno fatto per lasciarcela?

Non ci prende un pò di vergogna quando parliamo con loro di come ciò che hanno combattuto sia ancora all’apice del potere Istituzionale?

Francamente e per quanto mi riguarda sento di non aver fatto abbastanza per il mio Paese, di aver disatteso la fiducia della Resistenza, sento di dover abbassare la testa di fronte a quegli uomini e quelle donne che hanno fatto l’Italia democratica che conosciamo e che ci hanno lasciato gli strumenti Istituzionali e civici necessari a proseguire verso una società migliore.

Ma noi abbiamo disatteso le loro speranze, non siamo stati in grado di continuare l’inizio che ci siamo trovati già fatto.

A queste domande nessuno può arrogarsi il diritto di rispondere per tutti.

Ognuno deve farlo da solo e trovare la sua strada e darsi le sue risposte.

A queste domande non ho trovato risposte nei documenti congressuali dell’ANPI del giungo scorso, non ce ne sono.

E questo in prospettiva è un fatto preoccupante per la continuazione.

I documenti congressuali si torcono su noi stessi, non parlano al di fuori, alla società, al di là delle buone intenzioni e di nuove proposte organizzative da quei documenti congressuali si nota il ricalcare con poche novità delle stesse indicazioni del congresso tenuto nel 2006.

Pertanto se le stesse prospettive vengono riproposte anche se in forma più elaborata significa che un problema per l’ANPI esiste altrimenti si sarebbe andati oltre il dettato di 3 anni fa.

Ovviamente il mio è un pensiero enunciato a titolo personale, non parlo a nome della Sezione ANPI di Finale Ligure che per inciso è una delle più grandi della nostra Provincia e che ha introdotto notevoli innovazioni metodologiche e generazionali senza aspettare alcuna direttiva.

Ma questo mio pensiero è garantito che sia largamente condiviso anche fuori dalla mia città, e i sostenitori di questa linea applicata a Finale ligure sono oramai sparsi un po dovunque.

Io credo quindi che l’ANPI debba cambiare, e lo debba fare profondamente e anche in fretta se vorrà continuare ad essere catalizzatore di nuove intellettualità e di nuove energie, se vorrà aggregare le giovani generazioni.

L’ho già detto al Congresso Nazionale del 2006 ed è rimasto solo nelle intenzioni, lo ribadisco oggi sperando che un nuovo corso inizi nei fatti e non resti solo un proposito, non restino chiacchiere perché di chiacchiere si muore.

Un proposito soltanto, come spesso avviene, e come avviene nel comitato Provinciale, non in grado di eleggere un Presidente da quasi tre anni per chissà quali motivi, e già questo sarebbe motivo sufficiente per azzerare in toto una classe dirigente, tutto è affidato alla buona volontà di pochi ai quali tutti dovremmo essere riconoscenti, e su questa mancanza della più alta rappresentanza dell’ANPI Provinciale, su questo punto incomprensibile e dannoso, chi legge queste righe si aspetti un deciso confronto in futuro, volto alla ricerca interna e non a quella esterna per quanto autorevole possa anche presentarsi.

L’ANPI con la sua struttura oramai geriatrica non ha più nulla da consegnare alla storia, questo lo ha già fatto e le strade, le montagne e le piazze di tutta Italia sono piene di testimonianze scolpite sulla pietra e sul marmo di monumenti e cippi commemorativi di ciò che è stata l’ANPI.

Quindi l’ANPI non deve più dimostrare nulla a nessuno di ciò che i suoi rappresentanti sono stati ma capire che è necessario parlare a chi non c’era, delegando ai più giovani responsabilità che oggi gli sono negate, misurandosi con la modernità che viviamo, e per farlo non basta annunciare l’utilizzo di Internet, quello è solo un mezzo per allargare la comunicazione.

L’ANPI deve iniziare a parlare un’altra lingua, non può più restare chiusa in se stessa parlando di battaglie o episodi eroici, perché tutto questo può anche compiacere qualcuno ma poi ci si sveglia e si scopre che le manifestazioni sono vuote e che l’Italia è in mano a una destra autoritaria.

La nostra Associazione, l’ANPI, dovrebbe quindi iniziare a parlare un linguaggio comprensibile per i giovani lasciando che si impossessino di quei valori che la Resistenza ha consegnato, valori che vanno trasportati e declinati nella modernità dei tempi che i ragazzi vivono oggi, ragazzi che hanno però bisogno di confrontarsi con chi è anagraficamente più vicino a loro.

Questi giovani, i nostri figli e nipoti,  che sono molto migliori di come vengono descritti, quando gli parliamo del nonno partigiano e della Resistenza, guardano perplessi e una volta passato il racconto famigliare che più li tocca la loro attenzione si dissolve.

Quando qualche protagonista della Resistenza parla nelle scuole noi dobbiamo iniziare a chiederci che cosa resta in quei ragazzi che ascoltano quando suona la campana di fine lezione, quando tornano a casa.

Il più delle volte non resta nulla e tra un SMS e l’altro la presenza dell’ANPI rimane un diversivo al quale sono spesso obbligati  a presenziare durante l’orario scolastico.

Come fare quindi per far si che le parole dell’ANPI non rappresentino per loro solo un momento di stacco dalla monotonia didattica?

A questo servono risposte, sta qui il futuro dell’ANPI e non in gruppi dirigenti che perpetrano se stessi.

Un futuro che non si realizza con la proliferazione nel chiuso di stanze polverose di comitati d’onore, di presidenza, di segreterie o commissioni interne decise non si sa da chi e per fare cosa, può essere di conforto a qualcuno partecipare a tutto questo, ma si resta inchiodati alla partenza sui nostri ricordi.

Noi restiamo inchiodati al pavimento mentre quelli che corrono sono altri, e sono coloro ai quali l’ANPI può dar fastidio mentre si apprestano a riscrivere la storia.

Ecco perché l’ANPI deve cambiare, per poter rinvigorire culturalmente quei valori di libertà, di democrazia e di verità che oggi come non mai vengono messi di nuovo a rischio.

Sventolare le Bandiere e indignarsi non basta più.

La lotta armata di ieri contro il nazi fascismo è finita, oggi i valori da conquistare o da difendere sono altrettanto importanti ma sono altri, la solidarietà verso lo straniero, la libertà d’informazione, la dignità del lavoro, la lotta contro la mercificazione a cui è sottoposta la donna, il sostegno alle famiglie, i diritti civili, la difesa della Costituzione, dello Stato laico, il rispetto del diverso.

Queste sono le battaglie da fare oggi, battaglie che il nuovo autoritarismo di una destra arrogante e pericolosa sta già vincendo e in questa “Resistenza del nuovo millennio”, del nuovo secolo, l’ANPI non può per sua natura ricercare visibilità soltanto nelle commemorazioni, ma essere presente nella società e nella politica con dei “nuovi partigiani”.

L’ANPI deve essere lì dove c’è bisogno della sua rappresentatività ideale, deve esserci e deve presentarsi non come voce solitaria di una nobile storia, ma come parte dell’alternativa democratica della quale il nostro paese ha gran bisogno.

E’ questa la funzione che dovrebbe assumere l’ANPI di oggi.

 

MAGLIO DOMENICO

ANPI DI FINALE LIGURE