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 I risultati di una ricerca nel boschi di Ormea. 500 anni di vita e 7 metri di circonferenza

La scoperta di un ingegnere:

i castagni più vecchi e imponenti d’Italia

Lo studioso savonese ha scritto anche alla Rai per segnalare la presenza della straordinaria area archeologica vegetale. Un museo a cielo aperto con centinaia di alberi monumentali. Un bosco unico in Italia ricco di storia

di Filippo Bonfiglietti*

Ormea è un paese dell’alta val Tanaro in una delle zone più romantiche d’Italia, tanto bella quanto poco conosciuta. Solo duemila abitanti, ma 124 chilometri quadrati di superficie, dominata dalla prima delle grandi Alpi, il Mongioie (2630 metri), una splendida dolomite nota quasi solo ai locali, con la prima zona carsica d’Italia (il cui complesso di Piaggia Bella, scoperto meno di cin quant’anni fa nel massiccio del Marguareis ha uno sviluppo di 40 km e una profondità di 900), con una fortezza fatta saltare in aria dai francesi a fine Settecento e, soprattutto, con i castagni di Chioraira.

Per non diffondersi troppo sul fatto che, dal colle di Caprauna, a 1379 metri di quota sulla provinciale tra Ormea e Albenga, si vede l’intero golfo di Genova fino a Cannes, inclusi la Corsica e l’Elba: una vista che toglie il fiato e che non si può avere da nessun’altra parte d’Italia, per lo meno nessuna che sia altrettanto facile da raggiungere.

I castagni di Chioraira, una frazioncina di Ormea a più di 1100 metri, abitata ormai solo d’estate, costituiscono una vera e propria zona archeologica vegetale e, insieme, anche un museo a cielo aperto: almeno un centinaio di alberi monumentali, alcuni dei quali si stima che abbiano più di cinquecento anni d’età. Davvero giganteschi, mostruosi per la loro dimensione, ma anche per la loro drammaticità.

E il fatto più notevole non sta tanto nella dimensione, nell’età e nella salute delle piante, quanto nel fatto che costituiscono un vero bosco dove le uniche piante importanti sono proprio loro.

I castagni monumentali di Ormea non sono solo a Chioraira: ce ne sono una quarantina a Porcirette, sulla strada che conduce alle case Rian e alla chiesetta della Madonna della Neve. Ne abbiamo visti alcuni a Prale Merlini e chissà quanti altri ce ne sono che non abbiamo visto o notato. Ma la concentrazione di Chioraira è la più importante.

Alcuni sono davvero immensi, con una circonferenza di sei o sette metri. Alcuni sono ridotti a semplici ceppi dai quali escono più di una diecina di rami – o meglio, tronchi – di dimensioni minori.

Altri hanno ancora la forma di albero, nonostante siano bucati, tanto che attraverso gigantesche fessure si vede una parte di bosco. Uno, alle porte di Chioraira, è tanto scavato che al suo centro sembra ci sia una tana di animali. Ma si tratta di alberi vivi, spesso con una chioma folta e pieni di castagne. Salvo una fila di alberi sul bordo di un prato, subito dopo Chioraira, che esibisce una selva di rami scheletriti su piante che tuttavia sembrano vitali pur avendo perso buona parte della chioma.

Qualcuno dice che moriranno presto a causa delle malattie che ai giorni nostri colpiscono i castagni per via dell’inquinamento generale. Qualcuno dice che moriranno presto perché non sono accuditi come si dovrebbe, perché le loro castagne non interessano più nessuno e perché quindi non vengono neppure potati come si dovrebbe. In più, queste piante appartengono spesso a proprietari molto piccoli, tanto che qualcuna appartiene addirittura a due o a tre proprietari, perché posta sul confine di diversi appezzamenti di terreno.

Nel passato, quando le castagne avevano un’importanza molto maggiore dell’attuale, c’erano molte cautele e liti per dividere equamente le castagne di un singolo albero fra i diversi proprietari.

Non va trascurato che le castagne erano un alimento fondamentale, fresche o secche che fossero: ne fanno testimonianza i tanti seccatoi sparsi in tutta la zona e ormai in disuso, salvo un paio.

Sono cose dei tempi in cui la dieta degli abitanti delle frazioni era basata proprio sulle castagne, oltre alle patate e ad altri alimenti della zona, come le poche uova, gli scarsi polli e il formaggio prodotto da persone del tutto inconsapevoli che la vita, altrove, potesse essere migliore. Così inconsapevoli che, non appena hanno capito e si sono trovati una via di fuga, se ne sono andati: all’estero o in altre parti d’Italia e, al minimo, nel capoluogo dove la vita poteva essere diversa.

E siccome nella trasmissione televisiva Rai avete celebrato alberi monumentali di altre parti del mondo, incominciando con una quercia da sughero della Sardegna continuando con i Baobab africani e arrivando alle sequoie del la California,

ho pensato che dovreste essere interessati anche a questi mostri che hanno solo due difetti: uno è di essere caserecci e non esotici; l’altro è che pochi, perfino a Ormea, sembrano davvero consapevoli del la loro unicità e del loro incredibile valore, che potrebbe attirare turisti da tutto il mondo. Forse a causa della lunga convivenza che fa considerare ovvio tutto ciò a cui si ha abitudine. Quindi, forse, non sono neppure accuditi come si dovrebbe. Ma certamente non sono conosciuti e non sono fatti conoscere come meriterebbero.

Raggiungerli è facile, perché basta seguire le strade asfaltate che portano a Chioraira e a Porcirette, partendo dalla piazza principale di Ormea. Il primo insieme cospicuo è a Chioraira, e s’incontra subito prima del paese. Ma un gruppo ancora più interessante, per dimensione degli alberi e per estensione, si trova subito sopra, in una località chiamata Rizzi.

Presumo che di Ormea si sappia poco o nulla e presumo che ci sia qualcosa in più, nella zona, che possa italiani, cittadini europei e del mondo.

Filippo Bonfiglietti

(Originario di Roma, Bonfiglietti è stato dirigente industriale in grandi aziende internazionali, uomo di marketing ed esperto di comunicazione)


Albenga e Corsica dal colle di Caprauna. In attesa di una giornata ancora più limpida


Il Mongioie


Il confronto con la casetta: sembra quella dei sette nani

Il più contorto

Il più drammatico