TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni SCUDO FISCALE E SANATORIA
MULTE Sui provvedimenti del governo per il rientro di
capitali dall’estero e per una sanatoria di vecchie multe c’è una
pioggia di critiche e anatemi. Non mi unirò qui al coro, facendo
riferimento a quanto già scrissi nel mio articolo su Trucioli del 30
novembre scorso, dal titolo “Dei delitti, delle pene e del perdono”. “…ritengo che una misura di grande sollievo per
molte famiglie e single indebitati verso lo Stato e i suoi
satelliti, che ne esigono il pagamento attraverso l’esazione
coatta (Equitalia), sarebbe quella di azzerare almeno gli interessi di
mora e tutta la ridda di penali accessorie che aggravano ogni bolletta
morosa. Esattamente come fece il passato governo Berlusconi, col tanto
criticato condono. Lo stesso dicasi per tutte le cause tuttora in corso
per reati minori soggetti all’indulto: che senso ha svolgerle, in
Tribunali oberati da enormi arretrati, sapendo che si concluderanno con
un’assoluzione” e con l’ulteriore spesa di avvocati da parte dei
debitori? Ora ripropongo lo spirito di quell’articolo, di
cui ho sopra riportato una parte significativa, per quanto riguarda le
multe (che crescono a ritmi usurari se non pagate entro i termini) e
anche per lo scudo fiscale. Per giustificare questo atteggiamento
contrario agli strilli di tutta l’opposizione, ritengo sia necessario
tentare di esaminare le cause all’origine dei fenomeni, nell’uno e
nell’altro caso. Multe: se commettendo
un’infrazione, questa è sanzionata con un’ammenda di X euro, non è
moralmente giustificabile che per la stessa infrazione vengano via via
richieste penali di mora per 10 o 20 volte X. Questo in quanto: a) la
maggior parte delle sanzioni sono sproporzionate alle colpe, grazie a
ricorrenti “giri di vite”, come l’ultimo riguardante il codice stradale;
b) gli enti autorizzati a comminare multe hanno “scoperto” che è un
comodo e rapido modo di far cassa, sopperendo ai decrescenti contributi
dello Stato (zelante e puntuale soltanto nel pagare gli interessi su un
inesistente e truffaldino debito pubblico, e silente sulla rapina
legalizzata delle banche nazionali nei confronti dei cittadini, cui
pretendono di prestare soldi che non hanno, e a interesse); c) enti
pubblici, banche e utilities hanno ormai carta bianca nel
procedere a pignoramenti, sequestri e persino custodie cautelari in
carcere per chi sgarra. Chi ha l’agio di pagare le multe entro i termini
non conosce l’angoscia di milioni di italiani che hanno la sventura di
finire nella morsa di sanzioni che non riescono a pagare. Le misure
proposte da qualsiasi governo per alleviare le pene per infrazioni non
gravi non possono che essere salutate con sollievo e senso di umana
solidarietà, anche in ragione della diffusa iniquità delle sanzioni. Scudo fiscale: qui c’è da
chiedersi come mai c’è questa tendenza a far espatriare i propri soldi.
Sia chiaro che non mi riferisco a denaro guadagnato illecitamente e che
ora verrebbe riciclato legalmente. Mi riferisco a quegli imprenditori
che non trovano giusto né morale pagare di tasse più di un ragionevole
30%, come ebbe a dire anni fa lo stesso Berlusconi. Quando i prelievi
fiscali e contributivi sono iugulatori, è fisiologico che si cerchi di
eluderli. È lo stesso motivo per cui stanno vistosamente diminuendo i
lavoratori dipendenti e cresce il plotone dei precari e delle partite
Iva forzate: se voi foste un imprenditore, e constataste che, per 100
che date a un dipendente dovete sborsare 220, non sareste tentati di
offrire ai prossimi aspiranti lavoratori un impiego a termine o un
inquadramento autonomo, che vi costa infinitamente meno? Ma torniamo agli utili aziendali. Se questi
vengono gravati di tasse almeno doppie di quel 30% suaccennato, chiunque
cercherebbe di eluderne una parte e metterla al sicuro dalle
persecuzioni che uno Stato sperperone mette in atto per spolpare i
contribuenti fino all’osso. Lo Stato oggi non fa che rimediare in parte
a tutti i soldi che ha risucchiato dal mondo del lavoro, con un minimo
aggravio sui capitali di ritorno. L’errore non è tanto nello scudo fiscale, che è
solo una conseguenza dell’avidità dello Stato, che in questo modo
implicitamente la riconosce; l’errore sta semmai nel continuare con
pervicacia a distogliere annualmente decine di miliardi in favore di una
banca centrale alla quale NON sono dovuti, strangolando il popolo pur di
essere ligio a questo suo presunto dovere (“le banche innanzitutto”!). Pur nel guazzabuglio di cifre che
periodicamente i media ci comunicano, spesso con notevoli divari tra
loro, leggo sul Secolo XIX di un recente discorso di Mario Draghi, che
giudica esorbitante il disavanzo dello Stato, con un rapporto
deficit/Pil di “ben lo 0,48%” al netto degli interessi sul debito
pubblico, “mentre in precedenza non aveva mai superato lo 0,42%”.
Orbene, se pensiamo che l’attuale rapporto è del 9,3%, al lordo degli
interessi sul debito, ci rendiamo conto di quale sia la fetta
spropositata che opprime i conti dello Stato a causa di detti interessi,
ossia della voce che sino allo scorso anno ha portato il bilancio
statale da avanzo in disavanzo (insomma da conti in nero, attivi, a
conti in rosso, passivi) e quest’anno da un modesto a un esorbitante
disavanzo. Si noti che l’odierno disavanzo è dovuto, più che alle uscite
statali (la voce deficit al numeratore), pur cresciute nonostante il
netto calo del tasso di sconto, alla drastica diminuzione del Pil (che
sta al denominatore). In conclusione, se togliessimo gli interessi
sul debito, lo Stato italiano sarebbe oggi quasi in attivo, ossia in
avanzo (come lo è stato fino al 2008), e riuscirebbe a far fronte a
tutte le spese correnti e alle infrastrutture; mentre le esigenze di
cassa e quindi le tasse sarebbero enormemente inferiori, e i capitali
avrebbero minori motivi per espatriare e sottrarsi alla morsa del fisco.
E forse anche le multe verrebbero comminate in minor misura da enti meno
famelici; e sarebbero pagate senza mora da contribuenti meno
dissanguati. Del resto, che evasione e corruzione dei
pubblici funzionari siano proporzionali agli importi delle tasse è un
fatto arcinoto. E l’apparato inquisitorio e poliziesco meglio sarebbe
impegnato, anziché a tallonare imprese e cittadini, a stroncare la droga
dilagante a prezzi sempre più abbordabili anche dai giovanissimi, con
una popolazione dipendente valutata in oltre un milione e un giro
d’affari di cento miliardi –esentasse- in mano alla criminalità
organizzata, che oggi spaccia a prezzi calanti, puntando sui volumi di
vendite. Di fronte a scenari così allarmanti, anche per la tanto
declamata sicurezza civica, come stupirsi che il cittadino col fiato sul
collo di mille controllori, distolti dalla lotta alle varie mafie, si
senta, come suol dirsi, “cornuto e mazziato”?
https://www.truciolisavonesi.it/articoli/numero178/pellifroni.htm Marco Giacinto Pellifroni
26 luglio 2009 |