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DE-DOLLARIZZAZIONE:

SMANTELLAMENTO DELL’IMPERO FINANZIARIO-MILITARE AMERICANO

La svolta di Yekaterinenburg

 By prof. Michael Hudson

(Traduzione dall’inglese di Marco G. Pellifroni)


Michael Hudson

Nella città russa di Yekaterinenburg, nota sin qui per la strage della famiglia degli ultimi zar, s’è svolto lo scorso 15-16 giugno un incontro tra il presidente cinese Hu Jintao e il suo omologo russo Dmitry Medvedev ed altri alti funzionari delle 6 nazioni della SCO (Shanghai Cooperation Organization), comprendente Russia, Cina, Kazakhstan, Tajikistan, Kyrghyzstan e Uzbekistan, alla presenza di osservatori da India, Iran, Pakistan e Mongolia. Successivamente si sono aggiunti funzionari dal Brasile per discussioni commerciali nell’ambito del BRIC (Brasile, Russia, India, Cina).

Tutti costoro hanno assicurato la diplomazia USA che non è loro scopo lo smantellamento dell’impero militar-finanziario americano, quanto di discutere di aiuti reciproci, ma in forme che escludano il dollaro come veicolo per i loro scambi commerciali. Tuttavia, i diplomatici USA possono ben chiedersi cos’altro ciò realmente significhi, se non una mossa per rendere obsoleta l’egemonia americana. A tanto ammonterebbe, infatti, un mondo multipolare. […]

L’incontro ha motivato solo uno sbadiglio collettivo da parte della stampa USA e occidentale, nonostante la sua agenda preveda di sostituire lo standard globale basato sul dollaro con un nuovo sistema di difesa militare e finanziaria. […]

Questo indirizzo aveva cominciato a prender corpo durante l’ultimo G20 per divenire ancora più esplicito al Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo il 5 giugno scorso, quando Medvedev invitò Cina, Russia e India a “costruire un ordine mondiale sempre più multipolare”. Tradotto in altre parole: abbiamo raggiunto il punto limite nel finanziare l’accerchiamento militare americano dell’Eurasia, permettendo nel frattempo agli USA di acquistare le nostre esportazioni, aziende, azioni societarie e complessi immobiliari in cambio di moneta-carta di dubbio valore.

“Il sistema unipolare artificialmente tenuto in vita” ha dichiarato Medvedev “si regge su un grande centro di consumo, finanziato da un deficit crescente, e quindi da debiti crescenti, da una valuta di riserva non più solida, e da un apparato dominante di valutazione di asset e rischi [le agenzie di rating, NdT]. Alla radice della crisi finanziaria globale sta il fatto che gli USA producono troppo poco e spendono troppo.” Particolarmente scandaloso è la loro spesa militare, come quelle per i recenti aiuti alla Georgia, per lo scudo missilistico NATO in Europa orientale e per la crescente presenza americana nei paesi petroliferi e in Asia Centrale.

Ciò è consentito dalla facoltà degli USA di stampare dollari ad libitum. Il disavanzo americano tra import e export, l’acquisto di compagnie e immobili esteri, e tutte le spese del Pentagono fuori degli USA si traducono in dollari che finiscono nelle banche centrali straniere, con una sola alternativa: o riciclare quei dollari negli USA comprando i Buoni del Tesoro americano, o lasciare che il “libero mercato” spinga all’insù le loro valute rispetto al dollaro, mettendo così le loro esportazioni fuori mercato e causando in casa propria disoccupazione di massa e insolvenza delle imprese.

Quando la Cina e altre nazioni riciclano i loro flussi di dollari acquistando BOT americani, non fanno un’operazione volontaria, in quanto non dettata dalla fiducia nell’economia USA o da una scelta di investimento, bensì dalla semplice mancanza di altre opzioni. Il “libero mercato” in stile USA inchioda le nazioni ad un sistema che le costringe a incamerare dollari senza limiti. Ora esse hanno deciso di uscirne.

L’alternativa che le nazioni vogliono è, secondo Medvedev, un’istituzione finanziaria totalmente diversa […] dove non ci siano nazioni dominanti sulle altre.

Quando le spese militari estere [guerra in Vietnam, NdT] portarono in deficit le finanze USA, determinando l’uscita dal gold standard nel 1971, alle banche centrali venne a mancare il tradizionale metallo giallo con cui compensare gli sbilanci nell’import-export. L’alternativa fu di acquistare BOT americani, equiparandoli all’oro. Le banche centrali ora sono stipate di $ 4 trilioni di questi BOT nelle loro riserve, e questi prestiti obbligati hanno finanziato la maggior parte dei deficit domestici americani da più di 3 decenni ormai! Poiché circa la metà delle spese del governo USA sono per operazioni militari, relative ad oltre 750 basi, nonché ad operazioni in paesi petroliferi, il sistema finanziario internazionale è strutturato in modo che esso finisce per finanziare il Pentagono e gli acquisti americani di asset stranieri, che rendono assai più dei BOT giacenti nelle banche centrali.

Il nodo politico che le banche centrali devono affrontare è pertanto quello di evitare di aggiungere altri dollari alle loro riserve, finanziando così ulteriori deficit di spesa degli USA, incluse le operazioni militari intorno ai propri stessi confini.

I paesi SCO e BRIC progettano di fare scambi commerciali tra loro nelle proprie valute, beneficiando così di quel mutuo credito che sinora gli USA hanno riservato a se stessi. […]

Queste nazioni guardano agli USA come ad una nazione senza leggi, sia finanziarie che militari. Come altrimenti definire una nazione che sancisce delle regole valide per terzi –su guerra, restituzione dei debiti, trattamento dei prigionieri- ma le ignora essa stessa?

Gli USA sono oggi il più grande debitore mondiale, ma hanno evitato la sofferenza degli “aggiustamenti strutturali” imposti alle economie degli altri paesi debitori. Il tasso di sconto [pari a zero, NdT] e la riduzione delle tasse, alla faccia degli esplosivi deficit commerciali e di bilancio, sono il colmo dell’ipocrisia nel contesto dei programmi di austerity cui Washington costringe altre nazioni tramite l’IMF ed altri mezzi coercitivi.

Gli USA dicono alle altre economie in sofferenza di svendere le loro aziende pubbliche [un diktat cui l’Italia aderì con entusiasmo dal 1992, Ndt] e risorse naturali [idem, vedi l’acqua NdT], di alzare i tassi di sconto e le tasse, di fare tagli al welfare per spremere soldi per pagare i creditori [ancora le banche, NdT], ma a casa propria il Congresso blocca l’acquisto di Unocal da parte della cinese CNOOK, col solito pretesto della sicurezza nazionale, così come altri proposti acquisti da parte di fondi sovrani del Dubai e di altri paesi. Gli investitori stranieri sono invece stimolati ad acquistare elefanti bianchi come il Rockefeller Center, con le successive perdite di milioni di dollari. […]

Gli stranieri vedono l’IMF, la Banca Mondiale e il WTO come surrogati in un sistema finanziario sostenuto dalle basi militari e dalle portaerei americane che costellano il mondo. Ma queste sono le vestigia di un impero USA non più capace di governare mediante la sua forza economica. […]

Infatti, non si vede come gli USA possano redimere i $ 4 trilioni che essi devono ai governi stranieri, alle loro banche centrali e ai fondi sovrani, istituiti proprio per gestire questa inondazione di dollari. […] È dal 13° secolo che si è ricorsi alla guerra per regolare gli sbilanci nei pagamenti tra le nazioni dominanti e i loro debiti pubblici. I finanziamenti degli Stati tramite l’emissione di bond si sono fatti soprattutto per condurre guerre. Ciò lega direttamente i debiti per le guerre alla bilancia dei pagamenti e ai tassi di sconto. […]

Le nazioni riunite a Yekaterinenburg stanno quindi per varare adeguate misure per evitare di essere gli involontari recipienti di ulteriori dollari. Considerando che l’egemonia globale USA non può continuare senza la capacità di spesa che quelle stesse nazioni consentono, esse stanno cercando di accelerare l’esito che Chalmers Johnson chiamava “i dolori dell’impero” nel suo libro omonimo,* ossia la bancarotta dell’ordine globale militar-finanziario degli USA. Se Cina, Russia e i loro alleati non allineati riusciranno nel loro intento, gli USA non potranno più vivere dei risparmi altrui (sotto forma dei loro stessi dollari riciclati), né disporre di denaro per spese e avventure militari senza limiti.

Funzionari americani avevano chiesto di partecipare al meeting come osservatori, ma fu loro opposto un secco NO: una sillaba che gli americani si sentiranno ripetere sempre più spesso in futuro.

 

* Sull’argomento, sviluppato anche nell’altro libro di Johnson “Gli ultimi giorni dell’impero americano”, tenni una conferenza all’associazione Domenica Est a Finalpia il 6 luglio 2003, dal titolo “Da un mondo America-dipendente ad un’America mondo-dipendente”.

 Michael Hudson                                                      13 giugno 2009