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La giunta Vaccarezza parte bene. Con Marson e Montaldo beffati i pronostici

Provincia, è tempo di massoni

E sarà un successo storico

La strategia di Claudio Scajola sta vincendo a piene mani. Era iniziata col presidente Bertolotto. Gli errori della sinistra. Il ruolo della “stampa amica


Angelo Vaccarezza
Savona –  I cronisti di politica savonese sono usciti con le “ossa rotte”. Dopo giorni di rincorsa al “ toto-giunta”, di “mister X”, la sorpresa” è rimasta inviolata fino all’ultimo, spiazzando tutti. Angelo Vaccarezza, ex giornalista pubblicista di Tele Trill dal 1986 al 1990, dal 1995 iscritto all’albo dei promotori finanziari, con diploma in perito commerciale, 44 anni il 30 luglio (sarà solo festa grande, non ancora patronale), ha dimostrato che i segreti del suo “fortino” sono inviolabili, inespugnabili. Nessuno giornale aveva azzeccato le sue mosse, le strategie, gli obiettivi.
Al punto che un fedele, tra i suoi “tifosi”, (Il Vostro Giornale-Ivg), ha annunciato, dopo giorni di silenzio e senza partecipare all’indovinello (scelta rivelatasi azzeccata, visto il finale) scriveva alle 13,56 di venerdì 10 luglio: <…Una conferenza stampa annunciata e di fatto mai avvenuta, che ha creato non poco imbarazzo tra gli stessi cronisti, proprio alla vigilia del primo consiglio provinciale…>.

E nei giorni precedenti, prima del voto, quando imperversava l’attesa del ricorso come conseguenza del “golpe dei giudici” (parole di Scandroglio, Vaccarezza escluso) ai danni della lista della Pdl, dalle colonne de Il Secolo XIX e La Stampa fiorivano le incazzature, le punzecchiature sull’imprevedibile comportamento del “for president”. Spesso irrintracciabile o “non affidabile”, fissava e disdiceva conferenze stampa, interviste, dichiarazioni, comunicati, appuntamenti.

Può accadere quando non si conosce il personaggio, limiti e qualità, furbizie del mestiere. La prova che in tutti questi anni non si è seguito, se non attraverso “le fonti di palazzo”, la vita della città di cui il neo presidente è amministratore di maggioranza dal 1988. Ora presidente e sindaco in carica.

Basterebbe leggere i verbali di alcune sedute consiliari, da quando (2001), Angelo Vaccarezza è diventato sindaco. Non andava meglio prima, col predecessore Cenere, al punto che tra i due ci fu un periodo di “guerra totale”. In ultimo la “benedetta” riappacificazione.

Un presidente della Provincia eletto da 57.262 elettori, su un totale di 247 mila cittadini con diritto al voto. Mai un numero cosi basso di suffragi nella storia di Palazzo Nervi. Eppure non serve, non è utile a questo punto rinvangare sul passato. O disquisire sulla “volontà popolare”. Non giova ricordare che, da consigliere provinciale, dal 1990 al 1997 (dimessosi), Vaccarezza aveva dato prova di disinteresse ed assenteismo per il governo della provincia. Vedasi la testimonianza di un predecessore, l’avvocato Alessandro Garassini. Oppure dell’altro concittadino, Piero Pesce, una vita al governo della Provincia.


Il Ministro Scajola e il Presidente Vaccarezza

Angelo Vaccarezza ha dimostrato di saper “snobbare” fino all’ultimo quell’informazione locale che gli è sempre stata “amica”,  “inviati speciali” inclusi. Risparmiato dal libro “Il Partito del cemento”, in una delle città più cementificate da “mattone amico” e rovinate della Riviera. Con la stessa rete stradale di un secolo fa. Con una periferia carente di marciapiedi, nonostante i nuovi insediamenti. Si veda la trafficatissima ed urbanizzata via Bulasce. Il clamoroso esempio della nuova area artigianale servita dalle stesse strade strette utilizzate un tempo dai carri. Una mostruosità ed un pericolo costante. Un danno persistente, da terzo mondo.

Il neo presidente della Provincia non può essere “processato” per il suo passato di primo cittadino che non si preoccupa delle future generazioni, ma raccoglie soprattutto i “frutti” clientelari del presente. Grazie anche alla “libera informazione”.

Oggi molte altre sfide lo attendono.

L’augurio, la speranza è che riesca a vincerle, facendo prevalere gli interessi della comunità, rispetto a quelli “particolari”. Con la collaborazione attiva della minoranza. Con il decisionismo della ragione e della coerenza degli impegni assunti.

A Loano non aveva i riflettori puntati dei media. Al governo della Provincia, anche la stampa che non “scava”, non disturba più di tanto il potere e il potente di turno, dovrà raccontare gli eventi, i fatti. Più difficili le distrazioni.

Intanto sembra fuorviante attribuire alla neo giunta l’immagine di “feudo conquistato” dal ministro Scajola. Cosa significa: che il presidente non muoverà foglia senza il consenso del “padreterno” imperiese? Semmai bisogna prendere atto che loro sono i vincitori della sfida elettorale persa da una debolissima lista di centro sinistra. Priva, tra l’altro, di imprenditori di successo e di professionisti di successo.

Quando i giornali sparavano titoli sul “toto presidente”, tirando in ballo, ad esempio, l’avvocato Fabio Ruffino, un galantuomo figlio dell’ex senatore Dc,  Giancarlo, si guardavano bene dal chiedere chi fosse l’ispiratore-suggeritore di quel nome. Poi ridicolamente abbandonato dal Pdl come un sacco di patate.

Nessuno si era chiesto a chi giovava un Marco Bertolotto con  porte spalancate nell’ufficio di Scajola ad Imperia, mentre un ingenuo Giovanni Lunardon, segretario provinciale del Pd, non si rendeva conto che a quella “regia” bisognava contrapporre  solo dialogo e anche rinunce. Come confermano gli avvenimenti successivi.

Pochi credevano che le capacità del regista vincente si sarebbero estese da Imperia, a Sanremo, fino al “forte rosso” di Savona. In troppi devono aver sottovalutato le intuizioni, le capacità, le relazioni, di quel ex democristiano che alla “corte di Berlusconi” ha fatto carriera più di ogni altro. E che detiene un immenso potere.

Proprio in quel di Savona sarebbe bastato osservare la sorte toccata al parlamentare Enrico Nan. O all’ascesa al potere di Franco Orsi.  Oppure, come ha rivelato Uomini Liberi, a quel Filippo Marino  che faceva affidamento ad un futuro assessorato provinciale avendo in mano addirittura un impegno sottoscritto da Vaccarezza. Doveva essere assessore esterno, proprio lui considerato il più fedele delfino dello sconfitto Nan. E ancora, quel Federico Delfino, persona stimata, capogruppo in consiglio comunale a Savona, docente universitario, che avrebbe avuto assicurazioni come “presidente in pectore”, per volontà del “re imperiese”. Infine Ico Mozzoni, rimasto fuori dalla giunta, forse l’unico che sarà ricompensato. Niente assessorato, ma futuro incarico di “peso”.

Claudio Scajola ha dimostrato di conoscere bene la “terra” savonese. Dopo l’operazione Bertolotto, ha portato a buon fine, mantenendo fino all’ultimo la riservatezza dovuta, il “colpo” non meno clamoroso dell’”ingaggio” di Paolo Marson, eletto a presidente dell’Acts per volontà della sinistra, soprattutto del sindaco-commercialista Federico Berruti.

Marson titolare del più avviato studio legale della provincia di Savona. Non da oggi ha rapporti con il Comune di Loano, per cause delicate (vedi la sorte infinita della controversia per l’acquedotto privatizzato San Lazzaro che ha già fruttato parcelle per 80 mila euro, briciole).

Marson ha risanato l’ACTS, pur con qualche travaglio, e nel futuro dell’azienda trasporti si intravede sia la fusione con la Sar, sia un ulteriore “abbraccio” con la Rt-Trasporti  della Provincia di Imperia. Altri parlano di grande privatizzazione all’orizzonte.

Infine, tornando a Scajola, le grandi, ormai solide alleanze, con un paio di imprenditori di successo savonesi (leggi Orsero e Noberasco). A cui si aggiunge un ottimo rapporto di stima, ammirazione e fiducia per Luciano Pasquale, storico direttore dell’Unione Industriali, presidente del “forziere Carisa”.

Meno imprevedibile, seppure tenuto rigorosamente riservato fino all’ultimo, l’ingresso del commercialista Silvano Montaldo, vero uomo di fiducia (sotto ogni aspetto) di Claudio Scajola. Del resto Montaldo, tra i politici-targati del centro destra ponentino, è senza dubbio il migliore, il più preparato, ambientalista senza paraocchi. E’ stato un bravo sindaco di Laigueglia . Uomo del dialogo quando, a Laigueglia, erano in ballo le sorti della città, all’epoca del sindaco Giuseppe Giuliano, fratello di Boris, incorruttibile commissario di polizia in Sicilia, martire della mafia.

Giuliano, un sindaco che nell’ambiente massonico rivierasco aveva ricoperto ruoli importanti (maestro venerabile). Come del resto viene dato in quota massoneria, seppure di altra obbedienza, Montaldo.

Alla stessa stregua l’appartenenza massonica, con cariche di spessore nel passato, da parte di Paolo Marson. E nello scacchiere delle nuove nomine ci sono altri “fratelli muratori” già designati. Non è  il caso di continuare nell’elenco. Non siamo tra quelli che considerano la massoneria un “nemico pubblico”. Una setta. Certo, in provincia di Savona c’è stato un passato da dimenticare sul fronte massonico-politica-affari. Sedici tra gli inquisiti della “Teardo story” erano massoni appartenenti a tre diverse obbedienze. Alcuni, tra i maggiori imputati, risultarono iscritti anche a due logge.

Come documentano le interviste e la breve storia di Trucioli resta pura follia mettere tutti i massoni in un calderone. E’ vero, sarebbe a volte utile conoscere le loro “liste” – come accade per Lions e Rotary- perché significherebbe più trasparenza. Nei settori pubblici, ad iniziare dalle Asl, ospedali, uffici pubblici, banche, nei gangli vitali dello Stato e dell’economia, dei partiti.

La grande sfida del presidente Vaccarezza – tra l’altro resta sul responso elettorale la spada di Damocle della Corte Costituzionale e dei ricorso del Comunisti Italiani – sarà quella di dare soluzione alle grandi emergenze savonesi laddove ha fallito la litigiosa sinistra. Quella inconcludente, a volte settaria, più a suo agio nella casta e nei privilegi, piuttosto che tra i bisogni del cittadino. Altre volte vittima dell’utopia.

I voti e le elezioni non si perdono per  un caso. Né per colpa di un singolo (della serie Lunardon), ma di un sistema che ha smarrito il senso della realtà, fino a generare il mostro della sfiducia e della diserzione alle urne di elettori che alla sinistra affidavano le speranze di essere governati da persone capaci, oneste, non dai più “trafficoni” o dai protetti del “signore”.

Luciano Corrado