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Cosa accadde tra il 2004 e il 2005 al “Simone Stella” di Loano. Elenco dei testi   

In tribunale i maltrattamenti all’asilo nido

E il perito depone con la figlioletta in braccio

Un processo difficile, con racconti e confessioni shock. Ma anche dinieghi


Un giorno in tribunale per una vicenda dimenticata: bimbi forse maltrattati e dalle testimonianze in aula “bimbi discriminati” per la loro estrazione sociale. Famiglie povere o abbienti, belli o brutti, puliti o malandati.

La cronaca di un processo che non lascia indifferenti. Non è un problema di assoluzioni o condanne. E’ una storia di presunti maltrattamenti all’asilo nido di Loano. E ancora, lo spaccato di “metodi educativi” al campo solare.  Forse sarebbe più appropriato parlare di pedagogie educative assai poco consone.

Le due maestre educatrici, sul banco degli imputati, in attesa della sentenza, negano, si difendono. I bimbi sono troppo piccoli per raccontare una “verità” comunque difficile da spiegare.

Ed ecco che in una delle udienze (dove non sono mancate le lacerazioni persino all’interno, scontro pesante tra giudice e pubblico ministero) arriva in aula il consulente dell’accusa. Venerdì mattina, ore 9,30, 10 luglio.

Non si assiste ad una scena comune, come vedremo tra poco. Si siede, inizia una deposizione complessa, spigolosa, impegnativa. Fino al momento dell’irruzione di una nota di colore davvero inusuale. Il perito è una giovane mamma. Arriva da Torino. Prima di entrare nella stanza riservata ai testi ha lasciato nello spazioso atrio, affidata ad una giovane, una carrozzella, la sua bimba dorme. Quando inizia a piangere a dirotto, il messo avverte il giudice. Udienza interrotta, la mamma esce in tutta fretta e rientra tenendo tra le braccia la figlioletta. Si è calmata. Non piange più.

Il perito mamma riprende il posto, seduta, prosegue l’esame e la relazione, in sintesi. Lei al servizio della giustizia, cerca di spiegare cosa significhi eccesso di autorevolezza educativa, agitazione motoria, atteggiamenti verbali violenti di educatrici, l’ansia e le preoccupazioni dei genitori, metodi educativi come chiudere i bimbi nei bagni, alzare troppo la voce in loro presenza. Scuoterli.

Tutto questo sarebbe accaduto all’asilo nido di Loano. Eppure non ha mai avuto  cattiva fama. Anzi, c’era la lista d’attesa per trovare posto.

Il processo, con la lunga sequenza di udienze, documenta  in questa fase, che qualcosa di anomalo tra quelle mura deve essere accaduto. Sarà la “verità giudiziaria”, magari non quella reale, che alla fine dirà se le imputate Federica Puzzo (difensore avvocato Formato) e Irvana Cadeddu (avvocato Salvini) si siano macchiate di un reato da pelle d’oca. L’articolo 572 del codice penale: maltrattamenti a minori.

L’udienza si svolge davanti al giudice monocratico Laura Russo (l’anno scorso aveva sollevato un “conflitto” trasmettendo gli atti al presidente del tribunale dal quale era stata riconfermata). Il Pm, intestatario del fascicolo, è Chiara Paolucci;  venerdì sostituita, per malattia, dal collega Giovanni Ferro.

Il calendario prevede l’audizione, quale teste, di Emanuele Caglieris, all’epoca dei fatti, 2004-2005, presidente della Fondazione Simone Stella. Si è trasferito in Brasile, dopo aver abbandonato la sua agenzia nel centro storico di Loano. Impedito all’udienza perché deve assistere un figlioletto che non ha ottenuto il “visto”.

Russo: <Non è la prima volta che viene citato, all’ultimo momento comunica questo nuovo impedimento. Lo riconvochiamo per il 2 dicembre prossimo…sperando sia la volta buona…>.

E’ Caglieris che per primo aveva segnalato a voce e poi con lettera di aver assistito ad un “maltrattamento”. Lo scappellotto, anzi tre, ad un bimbo. Per mano, sembrerebbe, di Federica Puzzo. Il difensore Formato cerca di mettere a fuoco un dubbio: quali erano stati i rapporti tra Caglieris presidente e l’educatrice Puzzo, tra giugno 2004 e febbraio 2005? Dissidi? In aula non risultano.

Se era toccato al perito del Pm, dottoressa Erminia Moretuzzo di Torino, parlare dei suoi incontri con quattro bimbi e i rispettivi genitori, un ruolo importante l’ha assunto la teste Monica Bongiovanni di Loano. Lei è stata educatrice, a sua volta, dal 1997 al 2001, poi è diventata vice presidente della Cooperativa Quadrifoglio, presidente Consiglia Natale. Dalla cooperativa dipendevano le due educatrici.

La lunga, minuziosa, serena, deposizione del perito, ha confermato in sintesi che se soltanto quattro delle 13-14 famiglie interessate hanno accettato il “confronto”-esame, in almeno due casi la consulente della pubblica accusa ha ravvisato la conferma di asseriti maltrattamenti.  Il perito ha esaminato l’ipotesi di sberle da parte delle educatrici o dell’educatrice, urla, conseguenza di incubi notturni, stati di angoscia. Un riferimento particolare ha riguardato la Cadeddu.

L’origine di quello che diventerà un complesso “caso giudiziario” l’ha ricordato nella poderosa testimonianza Monica Bongiovanni. Lei conosceva bene le due educatrici, con una aveva anche lavorato insieme. E’ stata una deposizione difficile, ma tutt’altro che omertosa. Ha iniziato ricordando la lettera del presidente Caglieris del 16 febbraio 2005. Poi una riunione ristretta del Cda della cooperativa presente l’avvocato di fiducia.  La Puzzo è stata allontanata, ma il giudice del Lavoro l’ha reintegrata.  Ora opera all’asilo di Finale Ligure, come educatore in soprannumero ha precisato la Bongiovanni.

La Cadeddu diede le dimissioni, ma ci fu persino una raccolta di firme di genitori affinché tornasse al suo posto. Insomma c’era chi non condivideva le accuse. Tra l’altro ha ricordato l’avvocato Salvini risulta che avesse sia un ottimo rapporto con i genitori, sia con i servizi sociali del Comune. C’è chi la descrive benvoluta, apprezzata. Ma è emerso che avrebbe chiuso i bimbi nel bagno come metodo educativo. Di carattere assai autoritario.

Una domanda del Pm, Ferro, fa emergere che è ancora la Cadeddu ad attuare comportamenti discriminatori. Accadeva ha ricordato la Bongiovanni, per quanto mi consta, al campo solare. Dunque in un altro contesto. Come poteva mantenere di fronte a questo spaccato il ruolo di coordinatrice nei rapporti con i servizi sociali del Comune?  La Bongiovanni spiega: <Ne abbiamo parlato con la Cadeddu, le ho fatto presente, ma il suo tono di voce, alto, a volte eccessivo, restava quello. Forse non si rendeva conto>.

La Puzzo che era stato la prima ad essere convocata, dove in Cooperativa gli mossero le contestazioni, pare abbia reagito col silenzio. Nessuno prima di Caglieris si era reso conto delle problematiche? Ufficialmente no. Neppure a Magliolo, a Finale. Nessuno aveva parlato di trattamenti discriminatori. Tra gli “sfigati” ha ricordato Ferro, tra i “brutti come cessi” e  “belli”, figli di…>.

Storia incredibile, si fa per dire. Accadeva nella civilissima Loano.

Per questo la pubblica accusa ha chiamato a testimoniare tutti coloro che possono dare un contributo di chiarezza, di giustizia. Ecco i testi: Silvia Schembi, Pamela Barberi, Simona Piazza, Luciana e Franco Grassano, Jessica Ferrigno, Emanuele Caglieris,  Maurizio Maccharella, Angela Gandolfi, Domenico Spiniello, Daniela Di Pasquale,  Mariola Silvia Bocchio Barbotta, Jolanda Fyguera Aurea De Cabezas, Carlos Mendoza, Giorgia Spirito, Sonia Conte, Franca Cipollina, Luisa Canale, Valeria Occelli, Raffaele La Pira, Laura Stella, Maurizio Zucchini, Monica Bongiovanni, Consiglia Natale, Antonio Staltari, Alicia Insalaco. In udienza sono stati fatti, come possibili testi, i nomi di Chiara Burastero, Debora Rocca. Si è accennato ad educatrici socie delle cooperativa e quelle non socie. Prossima udienza il 6 novembre, quindi il 3 dicembre. Siamo soltanto a metà cammino.

Nel dibattimento è presente anche la parte civile. La Cooperativa Quadrifoglio si è costituita, affidandosi all'avvocato Maria Tagliero che sta seguendo passo dopo passo il processo. E forse, è il caso di ricordare che siamo al primo grado di giudizio. Potrebbe esserci un appello. Il terzo grado in Cassazione. E, a seconda del responso, un nuovo ed ultimo grado. Parliamo di anni.

R.T.