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IL LIBRO DEL MESE

 a cura di Massimo Bianco

 NE' QUI NE' ALTROVE

Una notte a Bari


Gianrico Carofiglio
È con grande piacere che torno a parlare a distanza di oltre un anno di Gianrico Carofiglio. Un autore dotato di un bel modo di scrivere, semplice eppure elegante, a un tempo serio e spiritoso, un autore ricco di autoironia e che sa mettere alla luce tutto sé stesso a costo di farsi del male. “Né qui né altrove”, sottotitolato “Una notte a Bari” (Laterza editrice) è il suo ultimo romanzo. Carofiglio è sempre stato autore dai numerosi spunti autobiografici, per convincersene basta confrontare i numerosi elementi comuni a tutti i suoi testi. D’altronde lo ha detto lui stesso che nell’avvocato Guerrieri, lo splendido personaggio protagonista di tre sue opere, c’era qualcosa (parecchio) di lui. E anzi, è proprio nei momenti in cui si ha l’impressione che parli soprattutto di sé stesso, che la trilogia dell’avvocato Guerrieri convince di più.
Se però i personaggi del passato erano pur sempre fittizi, questa volta Carofiglio ha deciso di puntare su uno scritto apertamente autobiografico.

Non che il suo nome e cognome venga mai citato, tuttavia leggendolo risulta presto chiaro che lo scrittore io narrante altri non può essere che lui. Naturalmente senza tener conto che dopotutto si tratta pur sempre di un romanzo, da definizione, “genere letterario narrativo, in prosa, in cui si tratta delle vicende, realistiche o fantastiche, di uno o più personaggi.” Le bugie migliori sono quelle che hanno un fondo di verità e siccome i romanzi sono pur sempre anch’essi bugie e per di più in grande stile, i migliori sono quelli che hanno un fondo di verità. Quanta però sia esattamente questa verità non deve mai essere dato sapere. Come dice l’io narrante del testo, si tratta sempre:

<<Di cose realmente accadute e di cose che avevo aggiunto ai ricordi, senza saperlo e senza volerlo, perché quella delle storie è una malattia subdola e inguaribile.>> E dunque come si dice in un altro punto del testo e in un diverso contesto:

<<“È una bella storia. Non saprò mai se è vera o se te la sei inventata.”

“Hai ragione. Non lo saprai mai.”>>

Alla lettera quest’ultimo commento è riferito solo a un breve ricordo che il protagonista espone a un amico, ma può valere per l’intero libro e, perché no, per qualsiasi racconto e romanzo, suo o di altri, perché chi scrive lavora di fantasia, certo, ma perfino nel più creativo ed estroso racconto di fantasy o fantascienza può esistere una componente autobiografica, inimmaginabile per il lettore.

“Né qui né altrove” trae spunto dall’incontro tra tre vecchi amici che non si vedevano da circa vent’anni, anche perché uno vive da tempo negli Stati Uniti. Una rimpatriata che si svilupperà nel corso di un’intera notte, da trascorrere insieme per un’ultima volta. Il racconto è ambientato a Bari, città natale di Carofiglio, e degli umori del capoluogo regionale pugliese ne è impregnato, ma come dice il titolo, in un certo senso non si svolge né lì, né altrove. Un po’ perché, come ci fa capire la storia, la felicità non si trova restando o fuggendo ma cercando dentro sé stessi e un po’ perché, in fondo, la trama potrebbe essere ambientata ovunque, volendo in realtà rappresentare un viaggio nei ricordi di qualsiasi essere umano. Si tratta a ogni modo di una notte in cui verranno a galla molte verità, anche scomode. Il libro narra del tempo che passa, delle persone che invecchiano, delle amicizie che finiscono, degli amori che tramontano, dei dolori e delle angosce che ci si porta dentro, dell’incapacità di comprendersi, delle ipocrisie che condizionano le nostre vite.

È una storia malinconica, come tutte quelle che raccontano degli anni che scivolano via inesorabili, scritta con una prosa posata, tranquilla e introspettiva. Non è però cupa e triste, come qualcuno potrebbe temere, perché l’autore è un maestro nell’evitare i falsi pietismi strappalacrime e nel conservare sempre quella certa leggerezza di fondo e quella sottile dose di autoironia che stemperano il tutto. Alcuni passaggi riescono perfino a risultare assai spiritosi e a strappare qualche sorriso.

E poi il libro è ricco di spunti. Ad esempio come quando se la prende coi falsi luoghi comuni su noi italiani. <<Viene qualcuno dall’estero e inevitabilmente si finisce per parlare del fatto che, incredibile, gli italiani (addirittura i meridionali) rispettano il divieto di fumare. Ogni volta che sento questo discorso mi viene voglia di dare una testata al responsabile.>>

Oppure ci rammenta quanto i media pontificano sul bullismo per mero interesse. <<Una sera – avevo poco più di tredici anni – stavo andando alla pizzeria vicino a casa, appunto a comprare le pizze, ed ero di buon umore, oltre che distratto, come sempre. Un ragazzo, che nella zona era conosciuto come “u sghign”, per via di un incisivo mancante, mi venne addosso deliberatamente con la bicicletta mentre attraversavo la strada. Dopo averlo evitato per un pelo, dissi qualcosa per protestare. Quello si fermò, scese dalla bicicletta e, senza una parola, mi diede un pugno nell’occhio. (…) Schiaffi, pugni, calci. Sulle gambe, nella pancia, in faccia. Cercando di ripararmi dai colpi io dicevo: perché?

Perché lo fece? Ovviamente non c’era un vero motivo, nel senso di un motivo valido. Lo fece per il gusto di farlo, visto che poteva farlo.>> A quell’epoca però, erano gli anni ’70, nessuno lanciava allarmi sul bullismo.

Già che ci siamo c’è un passo che dovrebbe solleticare noi liguri, assai orgogliosi della “nostra” focaccia o di altre leccornie, come la farinata. <<La focaccia barese si prepara mescolando farina di grano tenero, sale, lievito e acqua. Ne deriva un impasto piuttosto liquido, che si versa in una teglia rotonda, si condisce con olio, pomodori freschi e olive e poi si cuoce nel forno a legna. Proprio perché l’impasto è liquido, i pezzi di pomodoro e le olive sprofondano nella pasta, creando e riempiendo dei piccoli crateri morbidi, che diventano le parti più buone della focaccia (…) deliziosamente unto. La focaccia è una delle cose più buone al mondo. Mi trattengo dal dire che è la più buona per mantenere un minimo di prospettiva e per evitare il delirio campanilistico. Ci sono quelle sottili e croccanti, quelle alte e soffici, quelle con l’aggiunta delle patate o del rosmarino e molte altre varianti. Anche se la vera focaccia è quella con pomodori, olive, bordi bruciacchiati e basta.>> A me è venuta una gran voglia di assaggiarla. A voi no? Ma fermiamoci qui, altrimenti finisce che il libro lo trascriviamo per intero.

La vicenda è raccontata attraverso il dialogo serrato tra i tre personaggi e attraverso una serie di flashback che mettono in luce alcuni momenti chiave della loro giovinezza. Quello che alla fine ne viene fuori è un quadro intimista ma assai affascinante. Si tratta in definitiva di un romanzo bellissimo. Né qui né altrove ci conferma una volta per tutte che Gianrico Carofiglio è un grande scrittore.

Massimo Bianco