Se
un paese si mobilita solo dopo le stragi. Se il nemico è individuato nei Cobas
<Io pendolare. Oggi la tragedia di Viareggio
domani disastri idrogeologici, sismici, rifiuti>
Alta velocità,Tav, trasporti. La politica deve scegliere tra ”pubblico” e
“privato”
Il luttuoso disastro ferroviario di
Viareggio può ben essere catalogato
come una vera e propria “tragedia
nazionale”, frutto di
superficialità e incuria nella gestione di uno
dei settori più delicati, come quello dei
trasporti, della nostra vita pubblica: è stato
facile, da più parti, individuare le cause
primarie di questo, come di altri disastri che
via, via si sono succeduti nel corso dell'ultimo
periodo. Si è parlato, giustamente, di carenza di risorse, di deficit di personale e di manutenzione, di privilegio di aspetti d'immagine nella gestione delle ferrovie come nel caso dell'Alta Velocità Milano – Roma (una linea che, per diventare redditiva, dovrebbe triplicare i passeggeri: obiettivo per il quale non c'è nessuna speranza), della vicenda della TAV. |
Addirittura l'ex-sindacalista che siede ai vertici
dell'Azienda ha additato, tra i suoi critici, i
COBAS che
sarebbero maldisposti soltanto perché non avrebbero firmato l'accordo sul
“macchinista unico”: un esempio, davvero, quell'accordo (negativo) di tentare la
sostituzione arbitraria della capacità di decisione dell'uomo con quella
della tecnologia.
Una decisione dell'uomo che, è bene ricordarlo, proprio a
Viareggio ha consentito, se possiamo permetterci accenni di
questo genere, di “limitare il danno” di fronte al rischio, seriamente corso, di
un “disastro epocale”.
Meno dibattute, invece, le ragioni di questo stato di cose
che “vengono da lontano” e trovano omologati i governi di centro – destra
(ovviamente quello attuale si trova, gioco forza, sotto i riflettori della
critica) e quelli di centro – sinistra: (come ben dimostra la cronaca dei fatti
di un periodo abbastanza recente della nostra storia): è bene ricordare questo
punto, non semplicemente per amore di polemica e/o di distinguo.
Il dato di fondo è quello dell'idea del
“privato” che prevale sul
“pubblico”: questo elemento
ci richiama alla questione vera, quella decisiva.
Il privilegio di un trasporto pubblico su ferro di tipo
“appariscente” con il Presidente del Consiglio con in testa il cappello da
capotreno, fa il paio con
l'abbandono del resto della rete ai contratti di servizio con le Regioni ( qui
ci sarebbe da ragionare sul federalismo, e sull'efficienza delle Regioni a
gestire comparti così delicati nella vita di tutti i giorni: una riflessione che
dovrebbe accomunare, ad esempio, trasporto e sanità, come i fatti di questi
giorni – anche nel comparto
sanitario – ci confermano con forza) che, in nome di un presunto risparmio che
invece finisce con il favorire un cumulo di logiche tutte negative, stanno
facendo andare definitivamente in malora la rete ferroviaria del paese.
Rovinando la vita quotidiana dei poveri pendolari (chi scrive ha esperienza
diretta, sotto questo aspetto: una esperienza assolutamente non smentibile) e
una gestione “privatistica” del trasporto merci,
alla cui acquisizione di particolari, approfondendo semplicemente la lettura dei
giornali in occasione dell'episodio di cui ci stiamo occupando, da far davvero
rabbrividire (pensiamo al tema dell'autorizzazione a viaggiare per carrozze –
merci di proprietà privata al riguardo delle quali lo stesso amministratore
delegato delle Ferrovie sa di non poter garantire nulla, proprio in tema di
sicurezza).
La politica è un nostro vecchio vizio e allora torniamo
alla politica, proprio per affermare che eventi di questo genere richiamano la
necessità di esistenza di una sinistra, progettualmente e politicamente autonoma
in una sua specifica soggettività,
prendendo le distanze prima di tutto proprio da questo disegno strategico di
ingresso del privato e della speculazione in settori strategici, come quello del
trasporto pubblico su ferro.
La rete ferroviaria italiana ha bisogno di un intervento
di fondo di ristrutturazione, adeguamento, ammodernamento in tutte le sue
componenti; ha bisogno di investimenti; dovrebbe essere terreno di un piano
strategico di intervento pubblico in economia; di una gestione centrale limpida
ed uniforme.
Partire da un piano di intervento pubblico di questo
genere, un vero e proprio “piano di settore” (ovviamente
ne servirebbero altri, in settori delicatissimi, di messa in sicurezza del
territorio: pensiamo all'assetto idrogeologico, ai rischi sismici,alla gestione
dei rifiuti ecc,ecc.) significa, in sostanza, prendere le distanze seccamente
dall'idea sbagliata della privatizzazione, della concessione acritica a logiche
speculative, impostare, finalmente, un diverso metodo di governo che finora è
clamorosamente mancato al centro-sinistra racchiuso, appunto, in logiche di
privatizzazione e teso ad esaltare valori presuntamente moderni e post –
materialisti, poi rivelatisi del tutto illusori. Così come sono illusorie le
idee sulla trasformazione della politica in sede separata,
in luogo di esaltazione della personalizzazione, di incredibili scontri
falsamente mascherati da conflitti generazionali (chi viene prima, chi viene
dopo) come sta tristemente avvenendo nel PD.
Ricostruire l'idea del “pubblico”, dell'interesse
collettivo, di un intervento di reale e concreto “governo” del territorio: ecco
una missione ben precisa per una sinistra che intenda riattrezzarsi per essere
protagonista nello scontro politico e sociale del paese.
Basta strologare a vanvera su “nuovo lavoro”
e quisquilie di questo genere, oppure di “ricostruzione morale e civile”,
citando a sproposito
Gramsci da
parte di dirigenti incolti e pressappochisti.
Occorre mettere mano a progetti concreti, che proprio
partendo da un punto di fondo che ci permetta di misurarci con un orientamento
di tipo generale, vadano alla realtà del Paese.
Questo del trasporto pubblico è soltanto, un esempio, di
tragica attualità che ci dice come dovremmo muoverci per reclamare, con una
grande campagna politica (che ci troverebbe a fianco dei lavoratori delle
ferrovie, al di là di distinzione di sigle o di apparati), una svolta profonda.
Savona, 1 Luglio 2009
Franco Astengo