TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni IL RENDICONTO DELLA CORTE DEI
CONTI Ogni anno, in seduta pubblica solenne, La magistratura contabile, nella seduta del
25/06/2009, ha posto l’accento: a) sulla spesa pubblica, gravata da una
corruzione che segue strade più consone ai tempi delle ormai desuete
bustarelle, mediante il pagamento di consulenze fasulle, indebiti
rimborsi elettorali o di rappresentanza, dazioni camuffate tramite
terzi; b) sull’evasione fiscale. Fermiamoci alla voce b). La denuncia
dell’evasione fiscale rintrona nelle orecchie come il gracchiare di un
disco rotto, visto come le istituzioni ce ne riempiono la testa da
decenni. Un passo avanti è stato fatto nell’individuare, non più e non
già nei piccoli evasori il baricentro del fenomeno, bensì in “interi
gruppi produttivi” (come indicato dal PM di Milano Alfredo Robledo), che
io tradurrei col termine “multinazionali”, in buona parte presenti nei
carnieri delle grandi banche. Vorrei a questo punto focalizzarmi sulle
esortazioni a combattere l’evasione tout court che anche Per non ripetere cose già scritte su Trucioli,
invito quanti ancora continuano a dar credito all’ossessiva lagna
sull’evasione fiscale a (ri)leggersi il chiarissimo articolo di Marco
Della Luna, “Evasione dall’idiozia”,* ripreso dal suo libro “Basta con
questa Italia”. Alla luce dell’altro suo libro “Neuroschiavi”,
che tratta di condizionamenti mentali, delle due l’una: o io sono
vittima di un lavaggio del cervello ad opera dei libri di Della Luna e
di vari altri autori, nazionali e stranieri; o la massima autorità di
revisione contabile dello Stato, Un legittimo dubbio a questo punto sorge: è mai
possibile che tutti i componenti delle Corte, che a tale prestigioso
incarico sono chiamati in virtù (si presume) di profonde competenze
specifiche, non siano a conoscenza del meccanismo del signoraggio
(primario, da parte della Banca Centrale, e secondario, da parte delle
banche commerciali)? La domanda ne genera una seconda: se conoscono
il meccanismo e non lo denunciano, come può configurarsi legalmente
questa omissione? E ancora, perché una verità così determinante sulla
salute dei conti pubblici viene ignorata e/o celata alla cittadinanza?
Cittadinanza giunta in molti casi allo stremo anche a causa
dell’accanimento con cui lo Stato, condonando a priori le banche e al
tempo stesso per pagar loro un “indebito debito”, ingiunge di essere
pagato dietro la minaccia di pignoramenti e/o detenzione in carcere,
come ad es. nei casi di insolvenza verso l’INPS e l’Ufficio IVA, facendo
a gara con le banche nel rovinare i contribuenti-clienti morosi. Con le
banche al tempo stesso libere di comportarsi come famelici enti
pubblici, pur senza esserlo, e colpevoli di appropriazione indebita dei
guadagni dei cittadini onesti, trasformati per legge in delinquenti. Se
è nata una banca degli organi, con disgraziati che arrivano ad offrire
pubblicamente pezzi del proprio corpo per sistemare pendenze con lo
Stato e/o le banche, significa che siamo ormai giunti alla barbarie. Naturalmente, è possibile che una o l’altra, o
entrambe, le forme di signoraggio siano un macroscopico errore di
valutazione da parte di quanti, peraltro in numero crescente, ne
disquisiscono. Quale migliore occasione, allora, da parte della stessa
magistratura contabile dello Stato, nella seduta annuale o tramite una
nitida pubblicazione, magari anche in forma privata a firma di uno dei
suoi augusti componenti, per smentire questa presunta menzogna? Non è possibile che un tema di questa rilevanza
venga ripetutamente agitato su libri di editori minori e pubblicazioni
su Internet, senza che una autorevole smentita intervenga, se lo ritiene
falso, a sedare un sentiment che contribuisce a corrodere “la
fiducia nelle istituzioni e la speranza nel futuro a generazioni di
giovani, ai cittadini, alle imprese”, proprio come recita il testo
declamato dal Procuratore Generale della CC Furio Pasqualucci? Il tacere
una verità così eclatante e macroscopica –ammesso naturalmente che sia
una verità-, come il signoraggio, non va controcorrente alle sue stesse
esortazioni, visto che l’evasione fiscale delle banche si configura
proprio come “una tassa immorale e occulta, pagata coi soldi prelevati
dalle tasche dei cittadini”? Ho volutamente inserito la formula dubitativa:
“ammesso che sia una verità”, in quanto, in omaggio alla filosofia
neoscettica di cui mi considero cultore, non concedo lo status di
assioma a nessun enunciato. Gli assiomi li lascio alle religioni
dogmatiche e alla propaganda politica, quindi ammetto il beneficio del
dubbio su ogni mia asserzione, salvandomi così dal possibile
brainwashing cui ho fatto cenno più sopra. D’altro canto, e sulle stesse basi, non
riconosco come assiomatiche le posizioni assunte dall’economia ufficiale
quando ci bombarda, ad nauseam, con la bufala del debito
pubblico. Nessun economista mai si perita di scalfire la sua
implicita natura di verità assoluta; tanto assoluta ed ovvia da non
necessitare di dimostrazione. Siamo ai livelli dell’assunzione in cielo
della Madonna o della sua immacolata concezione; o dell’infallibilità
del papa pontificante ex cathedra: tutti dogmi, stabiliti in
concilii svoltisi secoli dopo i presunti eventi. Bene, passando dai
concilii ecclesiastici ai rendiconti della CC, se il signoraggio
corrisponde al vero, lo si evidenzi come concausa delle ridotte entrate
erariali; se non lo è, se ne confuti l’esistenza. E, se esiste, si
sottolinei anche che, oltre ai mancati introiti per evasione fiscale,
le banche ci opprimono con gli interessi sul fantomatico debito
pubblico, in ragione di 70-80 miliardi l’anno! Agiscono quindi sia sul
fronte delle entrate che delle spese dello Stato, diminuendo le prime e
gravando sulle seconde come 3-4 finanziarie. Solo in tal caso ci toglieremo tanto di
cappello di fronte ai tanti cappelli che popolano l’aulico consesso dei
magistrati contabili preposti a vigilare, tra l’altro, sulla presenza o
assenza di tutti i contribuenti, ciascuno nella giusta misura,
nonché sulla congruità delle uscite. Ce lo toglieremo due volte se quei magistrati
metteranno in evidenza che l’entità della corruzione e dell’evasione è
proporzionale alla convenienza di chi le pratica, e cioè al carico
fiscale che lo Stato pone sulla schiena dei cittadini e delle imprese.
Insomma, se allo slogan “pagare tutti per pagare meno”, tanto caro al
grande esattore Vincenzo Visco, si sostituisse il suo inverso “pagare
meno per pagare tutti”, forse regredirebbero sia la corruzione che
l’evasione. Lo vedo invece, al fianco di Bersani, sciorinare la sua
trita tesi, stigmatizzando gli “allentati controlli” e quindi
l’insoddisfacente tosatura dei cittadini. E costoro sarebbero esponenti
di un partito di sinistra, pur proteggendo i grandi evasori fiscali e
accanendosi sui piccoli evasori, spesso tali per non soccombere (per non
dire dell’enfasi liberista dei post-comunisti su privatizzazioni e
liberalizzazioni, sempre dei piccoli, s’intende, mentre “allentavano i
controlli” sui grossi coalizzati in cartelli!). C’è da stupirsi, allora,
che molti italiani abbiano loro voltato le spalle? * “L’evasione nuoce agli onesti, ma le tasse
giovano ai ladri”, pubblicato sul n° 191 di Trucioli dell’8 marzo
scorso. Marco Giacinto Pellifroni
28 giugno 2009 |