Piazza Pulita: rottamare
le città per costruire il bello”
è il titolo del convegno che si
terrà oggi a Milano nell’ambito
dell’Eire, Expo Italia Real
Estate, scippando lo slogan all’Audis,
associazione aree urbane
dimesse, e che da diversi
anni cerca di far emergere
questo tema. Nel convegno si
parlerà principalmente di aree
dimesse, in particolari sedi
militari e non tanto di come
ridisegnare il volto delle città
partendo dall’idea di
riqualificare (magari anche
rottamando) alcuni quartieri per
creare insediamenti abitativi
più rispondenti alle esigenze
attuali, a partire da una
maggiore sostenibilità
ambientale, energetica e
sociale.
E che non è certo quella delle
continue nuove costruzioni che
sorgono ormai come escrescenze
delle città e che oltre a
consumare territorio,
determinano problemi di
urbanizzazione, e quindi
mancanza di servizi, cui troppo
spesso le amministrazioni non
riescono o non sanno far fronte.
Una tendenza che sembrerebbe
arrestarsi secondo i dati
diffusi dall’osservatorio
immobiliare dell’agenzia del
territorio (Omi) che rivela in
un suo rapporto un calo delle
nuove abitazioni iscritte al
catasto del 29,2% come dato
medio, ma con picchi che
raggiungono il 34% (rispetto al
2007) nei comuni di piccole
dimensioni.
Dati la cui attendibilità è
messa in forse sia dall’Ance,
che comunque dichiara di non
avere dati a disposizione, sia
da Assoedilizia che li dimezza,
portando le stime del calo delle
nuove costruzioni (ovvero quelle
pronte per essere vendute) ad un
-14%. Comunque sia l’input che
arriva anche come manovra
anticiclica per affrontare la
fase recessiva dell’economia è
quello a costruire nuove
abitazioni, come il lancio del
piano casa del governo, ancora
nei fatti non varato, ben
raffigura.
Quando invece l’abitato che
potrebbe essere recuperato è
tanto e riconvertire l’esistente
oltre a ridisegnare le città
esteticamente e verso una
migliore qualità del vivere,
potrebbe offrire l’occasione per
trasformare le città «da
idrovore di energia a luoghi di
risparmio energetico» come ha
dichiarato Roberto D’Agostino
presidente di Audis, in una
intervista al sole 24 ore di
qualche giorno fa.«Vi sono
diversi quartieri costruiti
negli anni che vanno dal 50 al
70, che non rispondono più alle
attuali esigenze abitative e che
vengono abbandonati, con il
rischio di creare dei buchi
all’interno delle città» ci ha
detto Marina Dragotto,
coordinatrice dell’associazione
per le aree urbane dismesse
«aree che si ripopolano grazie
alle comunità di immigrati che
garantiscono che queste aree
delle città non diventino
fantasma, ma che perdono la
struttura sociale originaria.
Questo vuol dire cambiare le
città ed è un tema su cui vale
la pena riflettere».
Un’ occasione persa con il
piano casa?
«Il piano casa, almeno nella
prima uscita, è tutto lasciato
sulle spalle di privati e finirà
per privilegiare chi ha la casa
singola, non certo chi abita in
un condominio. E gran parte
delle aree che andrebbero
rottamate per poi riqualificarne
sono proprio i quartieri
residenziali dove esiste una
proprietà privata molto
parcellizzata e dove è difficile
intervenire senza un intervento
del pubblico che faccia da
garante. Servono strumenti,
capacità di ridisegnare e un
obiettivo. Le Regioni stanno
riflettendo su questo, a parte
il Veneto, e spesso il motivo
per cui i piani regionali non
sono ancora usciti è perché si
stanno interrogando su come
mettere mano a questi nodi.
L’Emilia Romagna, ad esempio,
sta cercando di capire proprio
questo».
Quindi servono indirizzi e
incentivi da parte pubblica per
riqualificare le città?
«Sì , strumenti, indirizzi e
incentivi oltre ad un obiettivo
e alla volontà. L’Olanda, si è
data l’obiettivo di riportare un
milione di persone a vivere in
città, ma anche la Francia e
l’Inghilterra si stanno muovendo
per riportare grandi masse di
popolazione a vivere nelle città
e si stanno attrezzando per
raggiungerli».
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