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UNA LINEA PER LE ISTITUZIONI:

ELEZIONE “SENZA VINCOLO DI MANDATO”

               

                    di Franco Astengo



Nei giorni scorsi abbiamo verificato il prodursi di un violento attacco, da parte del Presidente del Consiglio, al Parlamento istituzione fondamentale del nostro assetto repubblicano: assetto che è bene ricordarlo, non è mutato nel corso di questi anni caratterizzati da una tumultuosa transizione del sistema politico.

L'Italia è rimasta, infatti, una repubblica parlamentare, non c'è nessuna investitura diretta di alcuna figura istituzionale a livello centrale, il governo continua a ricevere la fiducia da Camera e Senato, il Presidente del Consiglio è incaricato dal Presidente della Repubblica.    

 Ciò premesso,a  memoria di tutti  e  nonostante il variare dei sistemi elettorali (il sistema elettorale non è costituzionalizzato: vale la pena ricordarlo, anche se siamo di nuovo all'abc) non ci troviamo ancora in un sistema “competitivo” di tipo bipartitico ed, anzi, non pare proprio che  la società italiana punti ad esprimersi in questa direzione: in ogni caso c'è un referendum pendente e vedremo cosa accadrà (nel frattempo occorre, comunque, muoversi per far fallire l'ipotesi referendaria).

Al momento rimane tutta da valutare la realtà dell'attacco sferrato dal Presidente del Consiglio al parlamento, utilizzando i metodi classici dell'antipolitica qualunquistica, in particolare rispetto al numero dei parlamentari: bersaglio vero o fuoco di sbarramento per allontanare altri argomenti che sarebbero difficili, come si sta dimostrando, da affrontare in campagna elettorale?

In attesa di sciogliere il dubbio c'è da notare che, da destra e da sinistra, la provocazione è stata raccolta: il PD ha avanzato di nuovo il progetto della cosiddetta “bozza Violante”, la Lega Nord  si è pure mossa nella stessa direzione, altri coltivano l'idea che un successo dell'ipotesi referendaria possa aprire la strada ad una nuova legge elettorale (ipotesi piamente illusoria, a nostro modesto avviso: ma tant'è).

Allora è il caso di fissare alcuni punti, proprio su questo terreno, per definire una linea istituzionale dell'opposizione di sinistra, in vista del prosieguo del dibattito.

Proviamo, dunque, ad enucleare alcuni elementi decisivi:

1)    Prima di tutto va conservato il carattere “parlamentare” dell'impianto istituzionale del paese, così come previsto dalla Costituzione Repubblicana, senza nessun cedimento al presidenzialismo, in alcuna forma;

2)    I poteri del Presidente del Consiglio sono già stati sufficientemente definiti nel corso di questi anni. Va evitato l'errore, già commesso, con le giunta regionali, provinciali e comunali, circa la disponibilità di un organo monocratico “dominus” nella composizione degli esecutivi. I ministri, per dirla in soldoni, debbono continuare ad essere nominati dal Presidente della Repubblica su indicazione del Presidente del Consiglio incaricato;

3)    Il punto vero di discussione deve riguardare il bicameralismo paritario e la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie. Il titolo V della Costituzione deve essere applicato, in questa direzione, e va eseguita una scelta in tempi rapidi, fermo restando che la fiducia al Governo deve essere votata dalla Camera dei Deputati;

4)    Qualsiasi progetto di riduzione del numero dei deputati deve essere accompagnato da un progetto di modifica della legge elettorale, non esclusivamente e necessariamente rivolto alla formula di traduzione dei voti in seggi (sulla quale pure ci sarebbe da discutere si parla di sistema tedesco, non sarebbe male riparlare di doppio turno: un primo turno utile per garantire la rappresentanza; un secondo per assegnare la governabilità) ma per verificare l'esistenza di tutte le condizioni per realizzare una vera “deputazione nazionale” (ampiezza delle circoscrizioni, numero di deputati da eleggere per circoscrizione, preferenze). Potrebbe apparire un dibattito da fine '800, ma è necessario svilupparlo al meglio, in condizioni come le attuali;

5)    Infine: il nodo forse più controverso, che riguarda la struttura stessa del sistema politico. E' nostra opinione che la struttura portante del sistema politico debba rimanere, nonostante tutto, formata dai partiti che debbono riprendere un ruolo rispetto alla società, ricoprendo un ruolo di “integrazione di massa”, di soggetto “intermedio” di collegamento e non semplicemente di sede separata garante della “governabilità”. Se siamo d'accordo su questo, allora, tornando al sistema elettorale, esiste una sola strada: quella di un proporzionale che garantisca non soltanto il pluralismo politico ma anche la rappresentatività geografica dell'intero Paese, nel rispetto del principio fondamentale dell'elezione “senza vincolo di mandato”.

Savona, li 29 Maggio 2009                                                    Franco Astengo