TRUCIOLI SAVONESI spazio di riflessione per Savona e dintorni
BRAVA MARCEGAGLIA
A quanto pare, anche il Berlusca concorda, visto con quale
galanteria fuori dal protocollo (ma quando
Chiudo qui questo mio excursus in puro stile berlusconiano: del
resto, mica ne ha l’esclusiva lui. Mi mantengo però
sull’argomento che la fascinosa Emma ha affrontato,
indirizzandosi proprio al cavaliere: la coesione sociale, che
minaccia di frammentarsi, se il governo in carica, tronfio dei
suoi consensi, si ostina a non varare misure per evitarlo.
Condivido la foga con cui la nostra Emma ha esortato il premier
a mettere a frutto il patrimonio di consensi che è riuscito ad
accumulare, per riequilibrare i divari intollerabili tra le
varie fasce di reddito, in progressivo e accelerato
allontanamento reciproco, come i due continenti al di qua e al
di là dell’Atlantico.
Emma parla di riforme, cui metter mano, rese ancora più urgenti
dalla crisi senza precedenti che stiamo vivendo. Ma le riforme
che B ha in testa non credo siano le stesse che intende la sua
interlocutrice.
Le riforme di B sono: giustizia (secondo criteri personalistici:
ad es. l’abbreviamento dei termini di prescrizione, chissà
perché!); federalismo (non per convinzione, ma per le pressioni
leghiste, vedremo con quali risultati); bavaglio alla libera
espressione, a cominciare da Internet (alla faccia della parola
libertà nell’acronimo
PdL), mantenendola invece dove non si dovrebbe (leggi:
intercettazioni telefoniche ad uso dei magistrati, specie dopo
la divulgazione delle sue raccomandazioni telefoniche di
aspiranti attrici); esautorare il parlamento, definito pletorico
e inutile, e accrescere i poteri dell’esecutivo, per avere le
mani ancora più libere dai lacci della democrazia; cambiare
Le riforme di Emma sarebbero invece: aiutare le imprese,
comprese e anzi in primis
quelle medio-piccole, che sono l’ossatura della nazione e
rischiano di scomparire; tagliare le spese dell’amministrazione
pubblica e della politica; ridurre lo strapotere delle banche,
che non stanno svolgendo il loro compito statutario, ossia
concedere prestiti (“soldi veri”) a condizioni accettabili a chi
ne abbisogna per impieghi produttivi, invece di elargirli per
speculazioni finanziarie e immobiliari; ridurre il carico di
tasse esorbitanti su stipendi, salari e imprese; prolungare la
cassa integrazione e dotare tutti coloro che perdono il lavoro
di un sussidio di disoccupazione per sopravvivere. Tenendo ben
presente che chi rimane senza reddito può cedere alla
tentazione, o all’imperativo, di innescare proprio
quell’attentato alla coesione sociale, sia in forma individuale
che organizzata, che tanto preoccupa
In America, dove un cospicuo numero di persone sono uscite dal
circuito produttivo e di consumo, finendo in tendopoli nei
sobborghi cittadini, all’eventualità di sommosse generalizzate
aveva ben pensato Bush, spalleggiato da quel sinistro figuro che
è stato il suo vice per otto anni, tenendo in
standby squadre di militari reduci dall’Iraq, addestrate allo scopo.
Ė probabile che misure simili siano state attuate, senza
clamore, anche qui da noi. E speriamo di non doverlo scoprire
quando, l’autunno prossimo, il numero di persone senza più un
lavoro raggiungerà, secondo le previsioni, un numero ben
superiore all’attuale, di per sé già molto critico. I primi
segnali ci sono comunque già stati.
Sta di fatto che per ora, né dal governo né dalle banche (che,
come denuncia lo stesso Tremonti, non hanno capito lo scopo dei
suoi bonds) sono arrivati fondi alle imprese, se non dietro garanzie
ipotecarie o fideiussioni personali da parte di genitori o
parenti (nel caso di piccole e medie imprese).
Non so se la richiesta che le banche utilizzino i fondi messi a
loro disposizione dal governo per evitare il fermo o la chiusura
irreversibile di tante fabbriche, anziché tenerseli in cassa per
abbellire i bilanci, sfregiati da titoli tossici, corrisponda a
una riforma; né che lo sia una misura transitoria per permettere
a chi resta senza niente con cui campare di non dover essere
costretto a rubare. Più che riforme le chiamerei atti di
solidarietà, o quanto meno di attenuazione di una situazione di
crescente tensione sociale che un governo non può permettersi di
stare a guardare, sperando nelle italiche capacità di
arrangiarsi.
Marco Giacinto Pellifroni
24 maggio 2009
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