UNA
CHIOSA TRA POLITICA E ANTIPOLITICA:
STA
SCAVANDO COME LA VECCHIA TALPA
(Populismo di marca
berlusconian-dipietrista e tale Orazio Licandro
del PdCI
di
Franco Astengo
Chiediamo scusa a quanti si
troveranno di fronte, per l'ennesima volta,
questo nostro intervento e noteranno, tra
l'altro, con fastidio che si continua a trattare
dei soliti temi, in particolare della paurosa
caduta di qualità nell'agire politico
complessivo, almeno nel nostro Paese.
Eppure accadono fatti molto
gravi, che non è possibile tacere o evitare di
sottolineare, senza cadere nell'ignavia più
colpevole.
Tutti siamo coscienti della
gravità dell'attacco alle istituzioni
democratiche in atto, a partire dalle
dichiarazioni del Presidente del Consiglio
dell'altro ieri, cui è seguita una reazione del
tutto insufficiente da parte dell'opposizione,
all'interno della quale, tra l'altro (e lo
ripeto) si scambiano le posizioni assolutamente
strumentali e complementari del Presidente della
Camera, come un possibile riferimento per
contrastare l'evidente deriva presidenzialistico
– populistica verso cui si sta avviando il
sistema politico italiano.
In questo quadro il
presidente della Regione Puglia,
Vendola,
candidato alle Europee per
Sinistra e Libertà,
ha lanciato una proposta rivolta a tutti i
partiti dell'opposizione, dentro e fuori il
Parlamento, dall'UDC
sino al
PCL
per discutere la costituzione immediata di un
“tavolo per la democrazia”
attorno al quale discutere le iniziative da
prendere su questo terreno, indipendentemente e
al di là della campagna elettorale (tra l'altro
incombe un referendum, dal cui esito – speriamo
negativo – potrebbe sortire un altro pezzo di
riduzione delle capacità della già debole e
fragile democrazia italiana).
Non discuto il merito della
proposta, che pure presenta una sua validità e
qualche controindicazione (nell'opposizione
esistono, infatti, posizioni diverse proprio a
proprio del referendum con assurde ed
autolesionistiche tendenze verso il “si” in nome
di una presunta “vocazione maggioritaria” che,
proprio, in questo momento non può essere
assolutamente rivendicata quale autosufficienza
di partito, da parte di alcuno).
Mi riferisco, invece, ad
una risposta negativa venuta alla proposta del
“tavolo della democrazia”, da parte della
segreteria nazionale del
PdCI,
a nome di tal
Orazio Licandro,
che sostiene che “è finita la stagione delle
riunioni di apparato, e che bisogna dare la
parola alle masse, ecc,ecc,).
Più o meno così, ma il senso
è questo.
A questo punto, care
compagne e cari compagni, è arrivato il
populismo di marca
berlusconian-dipietrista:
a considerare una riunione dei vertici dei
partiti come una riunione di apparati che
soffocherebbero alla fine, la spontaneità delle
masse.
Vertici dei partiti di cui
fa parte anche l'estensore della nota, cui
abbiamo fatto riferimento.
Se si ha una tale concezione
del proprio ruolo, se si pensa che i soggetti
politici siano totalmente staccati dal contesto
democratico ed i loro incontri e le loro
riunioni semplici passaggi d'apparato, se non
c'è uno scatto d'orgoglio in frangenti come
questi, la capacità di porsi come punto di
riferimento, di riattivare un circuito di
militanza, di legittimazione reciproca tra base
e gruppi dirigenti, se non si torna a fare
cultura politica, allora vuol dire che davvero
siamo all'antipolitica ed il solo modello
proponibile è quello che ci viene dagli schermi
televisivi.
Il
PD, fra l'altro,
accettando in pieno il modello presidenzialista,
risponde a questo stato di grave crisi della
Repubblica, soltanto attraverso dichiarazioni -.
stampa, senza riunire i propri organismi,
analizzare la situazione, scegliere senza
esitazione la strada della difesa della
democrazia, organizzare (sì organizzare, senza
spontaneismi di facciata) la reazione nel Paese.
Così stanno le cose,
purtroppo e, aggiungo, anche l'idea della
riduzione dei parlamentari deve essere misurata
con lo stesso segno: non parliamo dei 100, la
cui maggioranza sarebbe controllata soggetto per
soggetto, ma anche di una diminuzione più
contenuta che impedirebbe la rappresentanza
territoriale, la pluralità delle posizioni
politiche, svilirebbe il ruolo della Camera (630
è un numero sorto dalla valutazione di
circostanze progressivamente verificatesi nella
storia del nostro Paese: a partire dai
508
rappresentanti di collegio eletti nel
1861,
al momento dell'Unità d'Italia senza il
Veneto, Roma, Trento e
Trieste.
Se ne può discutere, ma i punti di partenza
debbono essere proprio quelli già indicati della
rappresentanza territoriale, della pluralità
delle posizioni politiche e dell'efficienza dei
lavori).
Il momento è davvero brutto
e l'antipolitica pare stia scavando come faceva
un tempo la vecchia talpa.
Savona, 23 Maggio 2009
Franco
Astengo
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