INCULTURA
ISTITUZIONALE O VOGLIA DI AVVENTURE:
“NUOVA
REPUBBLICA” CON I PACCIARDI E I GELLI?
di
Franco Astengo
Tutti i protagonisti della vita politica, gli
osservatori, i mezzi di comunicazione di massa
hanno seguito con grande attenzione ( e
preoccupazione, almeno da un certo punto di
vista) il durissimo attacco verbale sferrato dal
Presidente del Consiglio, nel corso
dell'Assemblea di Confindustria, alle
prerogative fondamentali delle istituzioni
rappresentative.
Ci
troviamo, almeno a nostro modesto parere, al
limite della legalità costituzionale, almeno
sotto l'aspetto delle relazioni tra i diversi
soggetti delle istituzioni repubblicane.
Accompagnata da un grande clamore giornalistico
e televisivo sembra salire l'onda montante di
una trasformazione radicale della realtà
politica del Paese, attuata proprio in nome
dell'anti-politica e dell'anti-parlamento (i
toni sono quelli del 1924), con
l'obiettivo di annullare il ruolo dei corpi di
intermediazione politica e sociale ( i partiti
che, in verità, ad annullarsi ci hanno già
pensato da soli; i sindacati, le associazioni) e
di ridurre “ad unum” la classica
suddivisione dei poteri (non a caso, ancora una
volta, nell'invettiva del Premier, parlamento e
magistratura si sono trovati accomunati),
stabilendo modalità di relazione diretta tra “il
capo” e “le masse” (da realizzarsi, com'è ovvio,
specialmente attraverso il mezzo televisivo) e
riducendo Camera e Senato a luoghi di mera
ratifica,privi di rappresentanza (tra l'altro
100 parlamentari, significherebbe materialmente
l'impossibilità di dar voce all'intero
territorio nazionale, non solo alla pluralità di
opinioni e sensibilità politico – culturali
presenti nel dibattito).
A
questo punto è davvero il caso di chiedere a
tutti di riflettere meglio su quella ulteriore
modifica della legge elettorale in senso
semplificatorio e maggioritario che verrebbe
fuori da un eventuale successo del referendum
previsto per il 21 Giugno, verso il quale
dovrebbe essere presa da tutti i sinceri
democratici la decisione di un totale
boicottaggio.
Così
come qualcuno dovrebbe ripensare alla presunta “vocazione
maggioritaria” del proprio partito.
In
questo quadro provocano ulteriori elementi di
preoccupazione le dichiarazioni rilasciate dal
Presidente della Camera, e apparentemente (ma
solo apparentemente) rivolte alla difesa del
Parlamento.
Abbiamo letto, infatti, con attenzione frasi del
tipo “ potere di controllo”, oppure
“interlocutore”.
E'
il caso di ribadire con grande forza le funzioni
fondamentali che la Costituzione assegna a
Camera e Senato: la rappresentanza politica del
Paese (deputati e senatori, è bene ricordarlo,
sono eletti senza “vincolo di mandato”, mentre
si sta cercando di modificare i regolamenti nel
senso del costituire un blocco
governo/maggioranza opposto alla minoranza, in
luogo del confronto “governo/parlamento” come
costituzionalmente corretto); l'esercizio della
potestà legislativa (torniamo al discorso sui
“decreti legge” e al tema della “tripartizione”
dei poteri cui abbiamo già accennato); la
concessione della fiducia al Governo, in
entrambi i rami.
A
questo modo la Costituzione ha disegnato un “Parlamento
specchio del Paese” e, al di là delle
modificazioni d'uso avvenute nel corso degli
anni, è alla Costituzione, intesa proprio in
questo senso, che è necessario tornare.
Cosa
si vuol dire, invece, con “potere di controllo”
(che con quello di indirizzo è assegnato ai
Consigli Comunali, dopo l'applicazione della
legge 81/93 dell'elezione diretta del Sindaco,
in un quadro di svilimento complessivo dei
consessi elettivi)? E “interlocutore” (a quale
dialettica si pensa debba esserci tra governo e
parlamento. Oppure si prefigura già un governo
eletto diversamente, senza necessità del voto di
fiducia)?
Si
prefigura già una “Nuova Repubblica” (da
Pacciardi a Gelli?) interamente
presidenzialista, all'interno di un ordinamento
che per brevità definiremo di stampo populistico
(magari con un binario preferenziale per le
leggi di iniziativa popolare)?
Siamo già a questo punto come fanno intendere
non solo le parole del Presidente del Consiglio,
ma anche quelle del Presidente della Camera,
apparentemente rivolte in altra direzione?
Si
tenga conto i punti interrogativi segnano
semplicemente una “riserva di speranza”, e non
di più.
Per
concludere: Incultura istituzionale o voglia di
avventure?
Savona, li 22 Maggio 2009
Franco
Astengo
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