Illusione, sogno o realtà?
Ecco cosa offrono le ultime cronache turistiche…
E’ l’ora dei centri
termali
Con quella bocca può
dire ciò che vuole!
Intanto un quattro stelle
della famiglia di Massimo Rembado è in arrivo a
Ranzi
Savona – Il turismo
rifiorirà grazie ai centri termali? Centri
benessere? che non è proprio la stessa cosa. La
“gran cassa” delle notizie positive,
ottimistiche, fiduciose segnala da un paio
d’anni, con puntuale insistenza, che siamo
prossimi ad una svolta. C’è un primo elenco dei
centri termali e di benessere. Il primo che
appare davvero dietro l’angolo, è quello del
Gran Hotel di Alassio. Un altro,
invece, è già operativo presso il “Royal”
hotel di Spotorno. Altri, si dice, sono
in fase di realizzazione, o ancora si tratta di
annunci che si susseguono nel tempo.
Pubblichiamo l’ultima
lenzuolata dei centri termali savonesi riportata
da Il Secolo XIX del 25 aprile 2009
(vedi).
Assai più concreta e vicina
sembra, invece, la realizzazione di una
struttura alberghiera (quattro stelle) sulla
panoramica collina di Ranzi, in frazione
Santa Libera. Ottima idea, ottime probabilità di
successo (vedi articolo, sempre de Il Secolo XIX
del 30 aprile). Ottimo ed affidabile, a quanto
si dice, la famiglia di Massimo Rembado
che porta avanti l’iniziativa
imprenditoriale-alberghiera.
Cosa manca in questa
“mappa” di sviluppo? Un approfondimento, diciamo
pure di cronaca, di valutazione di dati di fatto
dei centri termali o di benessere.
Intanto bisognerebbe
capire, per non parlare di illusionisti di cui
le cronache dei giornali, con il loro archivio,
sono ricchissime. Un annuncio, una “sparata”,
non del cronista, ma di chi la lancia, non costa
nulla. Nessuno, tra qualche anno, andrà a
verificare cosa è successo davvero, come è
andata a finire il progetto, l’opera annunciata.
E’ uno sport, quello degli annunci di progetti
superpraticato; come è abituale la mancata
verifica, la dimostrazione, con l’archivio,
della solita “patacca”.
Questo è un problema di
metodo poco commendevole. Non è una novità.
Ma passiamo alla sostanza.
Quando si parla di centri di benessere, centri
termali, ci sarà qualcuno che prima di investire
i suoi soldi, si sarà fatto fare uno studio di
sostenibilità? Che sia in grado di dire,
mettendo nero su bianco, su quali elementi di
valutazione e di proiezione pensa che sia un
investimento produttivo? Parliamo della nostra
riviera ligure, ma basterebbe dare uno sguardo,
ad esempio, alla ben più nota località termale
di Merano per capire cosa significa fare
investimenti in questo settore.
Oppure chiedere cosa è
accaduto, ad esempio, ad un investimento
alberghiero in quel di Pigna, nell’entroterra
ventimigliese. Cosa è accaduto in investimenti,
finiti in fiasco, in un paio di casi sulla
riviera imperiese. Può darsi che si trattasse di
incapaci, ma mancano certezze a questo
proposito. Neppure la presenza di “maghi” del
benessere a livello nazionale ha portato il
successo sperato.
Quali sono i costi, quali
le probabilità di remunerare l’investimento, in
quale contesto si possono creare sinergie?
Citiamo Merano (dove è stato fatto negli
ultimi anni un grosso investimento proprio in
questo settore), ma ci sono altre realtà in
tutta Italia.
C’è qualcuno che può
documentare uno studio di sostenibilità
economica-turistica in questa nostra area di
Liguria, in questo nostro contesto
socio-urbanistico?
Risulta a qualcuno- non a
parole – che gruppi imprenditoriali a livello
nazionale ritengano che i centri termali e
benessere in provincia di Savona siano forieri
di investimenti produttivi, dunque suscettibili
di bilanci in attivo? Oppure si conosce qualcuno
che è disposto ad investire in centri termali e
di benessere sapendo che andrà a rimetterci?
Intanto emerge in modo
palese che ogni volta che si parla di nuovi
hotel, sempre di quattro stelle, in una
provincia indiscutibilmente ed
irreversibilmente dequalificata dalla scelta
politica delle “seconde case” a pioggia, non si
citano mai previsioni sull’indice di occupazione
delle camere, senza il quale non si va da
nessuna parte. E non si può chiedere
all’albergatore di fare opere di carità, se deve
operare con percentuali di occupazione
insostenibili (accade sotto il 50 per cento).
Non si dice mai che un
investimento alberghiero (non residence) deve
contare su una stagione di lavoro di almeno otto
mesi. Si può essere professionali e
concorrenziali fin che si vuole, ma è il
contesto complessivo che fa da volano. La sola
struttura non è sufficiente a produrre
stabile richiamo. L’albergo non è il ristorante
dove si va una volta ogni tanto, saltuariamente.
L’hotel deve avere un circuito virtuoso continuo
e che può scaturire soltanto dal generale
contesto virtuoso.
In provincia di Savona o
nell’imperiese, abbiamo creato queste premesse?
Gli albergatori possono contare su quali
calamite? Abbiamo, per caso, la peculiarità
delle Cinque Terre? Abbiamo un entroterra
valorizzato, al di là delle bellezze naturali?
Non si dice che senza
queste “pregiudiziali” è
difficile pensare a strutture a quattro stelle,
con personale qualificato, che abbiamo serie
prospettive di resistere sul mercato delle
vacanze. sulla qualità del turismo, quelle che
offre garanzie e non illusioni.
Il datore di lavoro per
dare garanzie al lavoratore deve avere probabili
certezze sulla produttività aziendale che
scaturisce appunto dal tasso di occupazione
delle camere nell’arco dell’anno. Il prezzo
praticato (sul mercato) è un’altra componente.
Che non può non terne conto della richiesta,
della qualità complessiva del servizio. Ma senza
il faro dell’”occupazione camera”, il futuro
diventa un terno al lotto. E l’imprenditorialità
sana, vera, non è un gioco a scommesse, non è
una roulette.
Chi dovrebbe farsi carico
di uno studio (serio e documentato), meglio se
si ricorre a società specializzate con
esperienza nel settore, sui costi, ricavi,
potenzialità, fattibilità di centri termali in
questa provincia? Se parliamo di albergatori, ci
sono le associazioni di categoria. Se parliamo
di imprenditori, abbiamo l’Unione industriali.
Se parliamo delle banche (anche come
finanziatrici) non mancano i punti di
riferimento. E la Carisa di Savona, col
nuovo presidente Luciano Pasquale, perché
non si fa promotrice, capofila di una società
che traina il settore? Con i soldi propri,
ovviamente. Dia insomma la spinta, il buon
esempio di fiducia nel fare. Non solo proporre.
E la Camera di Commercio quale ruolo deve
avere, al di là dei convegni? Anche per questo
ente vale la lezione-memoria dei ritagli stampa.
Di cosa è accaduto e cosa si è promesso in tanti
anni. Gli annunci, a decine.
E’ troppo lungo
approfondire la disamina, tanto per fare un
esempio, emersa dall’investimento della nuove
terme e nuove complesso alberghiero di Merano.
Chi ha potuto seguire tutti gli eventi, con
annessi e connessi, si sarà fatto un’idea
precisa. Quali erano le previsioni iniziali,
cosa sta accendo ora. E Merano ha alle
sue spalle una storia termale. Una Provincia
autonoma (Bolzano) che investe, come
priorità, sull’alta montagna (masi, agricoltura,
bestiame e turismo agreste) e sul fortissimo
sostegno alla riqualificazione alberghiera. Con
la ferma strategia di depotenziare e scoraggiare
sotto ogni aspetto, lo sviluppo del mattone come
“seconda casa”. La trasformazione residenziale
di alberghi. E’ possibile, ma solo per essere
destinati a “prima casa”.
Ben vengano iniziative
termali di spessore e di sostenibilità anche
sulla Riviera savonese, tuttavia serietà vuole
(poi si può sempre fare carnevale, intanto il
cittadino dimentica, non ricorda, tutto passa)
che si dia voce e spazio alla ragionevolezza dei
numeri, delle statistiche, delle previsioni pur
fondate sull’ottimismo, sulla fiducia, ma legate
ad un discorso reale e realistico, sulle (non
ipotetiche) potenzialità di sviluppo
economicamente sostenibile da parte chi investe
il suo denaro.
Altrimenti, come è accaduto
finora, tra dieci, venti, 30 anni, sfogliando la
cronaca locale dei giornali rileggeremo che nel
2009 Il Secolo XIX o La Stampa
hanno fatto l’elenco delle “ricette per
rilanciare il turismo” savonese. Come accade
da oltre 30 anni a questa parte.
Gli articoli e gli annunci di oggi, sono
fotocopia di allora. Basta mettere a confronto
le pagine di cronaca. La pioggia,
la frenesia dei “quattro stelle” che ha pervaso
l’imprenditorialità, mentre quelli esistenti
chiudono o fanno “miracoli” (sotto ogni aspetto)
per tirare avanti. Anche il personale ne sa
qualcosa, sulla propria pelle.
Per una volta si pratichi
davvero obiettività e serietà. Per non spacciare
illusioni senza fondamenta. Ognuno nel proprio
ruolo, cercando la verità dei fatti, bucando il
velo della reticenza, dei silenzi.
L.C.
|