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L’Islanda: un precursore

                  Don Scott                

traduzione di Marco G. Pellifroni

Questa settimana propongo la lettura dell’articolo che segue, da me tradotto dall’inglese. Lo ritengo molto istruttivo, visto che l’Islanda, proprio per la sua piccolezza (ha meno di 300.000 abitanti), sta fungendo da laboratorio finanziario in vivo, sulla pelle dei suoi cittadini, abbindolati dalle brame di banchieri senza scrupoli. Nelle prossime puntate esamineremo il problema come visto da altri autori di fama internazionale. L’Islanda è un monito per tutti noi e una lezione tragicamente esemplare dei danni della finanziarizzazione ossessiva che il mondo ha subito ad opera di pochi criminali, purtroppo tuttora ricchi e impuniti, nonostante le reiterate promesse contrarie di Obama .

Author Image for Don Stott L’Islanda è nel caos più totale. È in bancarotta, e la sua valuta, la corona, è stata abbandonata da pressoché il mondo intero; mentre in patria ha perso due terzi del suo potere d’acquisto. Durante i suoi 1100 anni di storia, l’Islanda è stata estremamente povera, dipendendo dalla pesca come sua unica risorsa vitale.

La sua popolazione è frutto di matrimoni tra consanguinei, il che non giova al suo patrimonio genetico. Ovviamente, gli islandesi non avevano alcuna esperienza finanziaria o di investimenti, ma solo di pesca. Mirando a Wall Street, le tre maggiori banche islandesi, con assets di pochi miliardi di dollari, li fecero lievitare a $ 140 miliardi nel giro di soli tre anni e mezzo. Fu definita “la più rapida espansione di un sistema bancario mai osservato”.

Le tre banche seguivano Wall Street come un’ombra, e prestavano denaro per acquistare azioni e immobili. Mentre la Borsa americana raddoppiava, quella islandese esplodeva del 900%. Nel 2006, a Reykjavik i prezzi delle case erano raddoppiati, e la famiglia media islandese era tre volte più ricca di quanto non fosse nel 2003.  Tutta questa presunta “ricchezza” era legata all’attività di investment banking. Ci suona familiare? Naturalmente, l’intero castello crollò con un grosso botto, quando lo scorso ottobre le tre investment banks dichiararono fallimento.

I pescatori avevano smesso di pescare e si erano messi a fare compra-vendita di azioni e immobili. Negli ultimi anni molti islandesi si erano impegnati in speculazioni, che sembravano pure aver successo, sulle orme di ciò che molti in America e nel resto del mondo si erano improvvisati a fare. Essi compravano cose che non si potevano in realtà permettere. Dal momento che la corona si prestava ad interessi del 15,5%, perché non comprare euro e yen  al tasso del 3% e speculare sulla differenza [fare cioè il carry trade. NdT]? In base a questo semplice artificio, gli islandesi contrassero enormi prestiti in yen ed euro. Poi la corona crollò, ma i debiti in quelle valute estere rimasero. Ora essi possiedono case valutate $ 500.000 gravate di debiti per $ 1.500.000, o Range Rovers da $ 35.000 di cui devono ora pagare $ 100.000. Di recente, ci sono stati parecchi incendi in Islanda, naturalmente dolosi, per far pagare il conto alle compagnie di assicurazione. Accadrà anche qui [negli USA], e già ci sono i primi segnali.

In Islanda svettano un bel po’ di torri e palazzi per uffici in vetro e acciaio, per lo più non terminati e desolatamente vuoti, oltre che gravati da montagne di debiti.  Fenomeno più o meno comune ad altre parti del mondo, ma sviluppatosi in Islanda molto più rapidamente.  La maggior rapidità dello scoppio della bomba è dovuto alle piccole dimensioni di questa nazione e alle vette sproporzionatamente alte raggiunte dalla sua speculazione.  Camminando per Manhattan, i negozi, le strade, i taxi vuoti sono più che evidenti, e lo stesso si riscontra in altre grandi e piccole città del mondo. La bomba esploderà più tardi in questi posti, ma attenti: l’Islanda potrebbe essere il loro prototipo.

Gli islandesi hanno scoperto che scambiare pezzi di carta non è un’impresa produttiva. Un manipolo di ragazzi, improvvisatisi esperti finanziari, si imbarcavano in prestiti esteri a breve di decine di miliardi di dollari. Poi li re-imprestavano a se stessi o agli amici per l’acquisto di assets come squadre di calcio, auto, case, ecc. Poiché anche nel resto del mondo gli assets salivano, grazie a loro simili, che pagavano prezzi folli per qualsiasi cosa, sembrava che gli islandesi facessero ottimi affari. Un po’ come nella famosa barzelletta di uno scambio tra un cane e un gatto, ai quali ciascuno dei loro padroni assegna un valore di $ 1 miliardo. È accaduto lo stesso alle banche islandesi con  $ 1 miliardo di nuovi assets. In piena sintonia con tanti altri presunti geni finanziari in giro per il mondo.

In effetti, l’Islanda rappresenta l’estremo di ciò che sta accadendo a livello mondiale, solo che lì il processo di finanziarizzazione è avvenuto in tempi record, e così il successivo crack. Quando i traders hanno avuto il primo sentore di ciò che stava per succedere in Islanda, potete facilmente indovinare cosa hanno fatto: hanno venduto alla svelta, facendo un sacco di soldi. Qualcuno pensa che gli insiders di AIG, Citibank ed altre società fallite non sapessero in anticipo ciò che stava per accadere? Ma certo che lo sapevano! Di conseguenza si disfecero delle azioni delle loro stesse aziende prima del crollo e intascarono valanghe di soldi; tenendo naturalmente ben segrete nella privacy delle loro lussuose sale riunioni queste anticipazioni del disastro.

Eppure l’Islanda appariva così ben messa agli occhi del mondo! Come Madoff, del resto. Così ben messa da investirci massicciamente, al 15,5% di interesse. Le banche tedesche profusero in quelle islandesi $ 21 miliardi. Quelle olandesi $ 305 milioni. Le svedesi $ 400 milioni. Gli investitori inglesi ci riversarono oltre $ 300 miliardi da fondi pensione, ospedali, università ed altre istituzioni pubbliche. L’Università di Oxford ci ha perso $ 30 milioni. È triste che il 99% del mondo crede che siano possibili cose che non possono esserlo; e che gli “esperti” non possano sbagliare, accreditandoli di ricchezza ed assets.

Alcuni anni fa, in tempi ben diversi dall’attuale, un pensionato e sua moglie, che avevano acquistato dollari d’oro a $ 301 e d’argento a $ 7,50 cadauno furono abbindolati da un tipo simile a Madoff, che glieli fece vendere e investire con la promessa di un ritorno del 10% annuo. Persero tutto.

Non sono richieste né cieca fiducia né doti di “esperti” per acquistare oro e argento. Essi sono semplicemente un modo di proteggere ciò che si ha dall’inflazione criminale delle valute mondiali, quali che siano. Non si svaluta solo il dollaro. Non lasciatevi ingannare dalla sua apparente “forza”. È forte soltanto in confronto ad altri pezzi di carta, che sono tutti stampati con allegra spensieratezza dai governi [rettifico: dalle banche centrali private. NdT] di tutto il mondo.  Quanti si vantano che i loro certificati di deposito bancario rendono il 4%, anziché il 2%, ricordano quei proprietari di barche che si vantano che la propria barca ha un buco più piccolo di quella del proprio vicino e quindi affonda più lentamente.

 Don Scott                                                                                            17 aprile 2009

 

Dal sito: www.whiskeyandgunpowder.com