TRUCIOLI SAVONESI spazio di riflessione per Savona e dintorni Da anni si
susseguono allarmi per l’invasione di commercianti extracomunitari
Affitti alle stelle di
negozi, bar, ristoranti? Non preoccupatevi,
arrivano i “marziani” La grande fuga.
Le associazioni di categoria impotenti e incapaci. Politici come le tre
scimmiette. A chi giova? Dopo la moria di alberghi, altro sfacelo. Ma siate
ottimisti!
di Luciano Corrado
Savona –
Non tutti hanno un archivio con la rassegna stampa, per documentarsi e
riflettere. Trarre conclusioni. Per dire basta alle illusioni e
agli illusionisti di turno. Sarebbe la testimonianza più
lampante, eloquente, di un’altra catastrofe che si sta
abbattendo inesorabile sul tessuto economico e commerciale della
Provincia di Savona. La “grande fuga” di commercianti,
esercenti. E’ già accaduto nel commercio ambulante. Lo specchio:
le bancarelle dei mercati settimanali. Dietro il banco
l’italiano è in estinzione. Se
potessimo tutti disporre di un’informazione più attenta,
scrupolosa, avremmo la possibilità di leggere un “documentario
savonese”: dal 1999 (prendiamo per scelta, dieci anni di cronaca
e di storia) sono stati pubblicati 137 articoli su quotidiani e
periodici in cui si “annunciava” il rischio estinzione di
attività ad opera di operatori “savonesi”. Il
motivo: la corsa senza regole e senza calmiere degli affitti dei
locali, soprattutto nei centri storici e nelle aree centrali.
Non solo, se i Comuni, con i soldi della comunità, spendono
consistenti somme per rifare passeggiate, lungomare, carruggi,
sottoservizi per qualificare zone di pregio; alla fine a pagarne
lo scotto maggiore sono gli stessi commercianti ed esercenti che
si ritrovano a pagare affitti non più sostenibili a fronte degli
incassi e degli utili aziendali.
I
proprietari degli immobili ritengono sia dinamica del mercato
far lievitare le richieste d’affitto. Senza tenere conto della
crisi, ma soprattutto della qualità della clientela, della sua
potenzialità di spesa, della dequalificazione turistica che ha
preso l’avvio col sopravvento della mostruosa moltiplicazione
delle “seconde case”. La
speculazione immobiliare avrà anche baciato tanta gente,
accresciuto i forzieri delle banche, ma alla fine ha corroso gli
investimenti alberghieri (abbiamo perso oltre la metà delle
strutture ricettive e non solo quelle che non avevano scampo).
Tutto questo è matematica e succede nell’intero ponente ligure. Altra
deleteria conseguenza: nel settore ricettivo savonese si sono
persi almeno 6 mila posti. Una sciagura di cui non si parla, se
non con la sordina. Per quale nobile ragione? Da
anni, dunque, suona invano l’allarme “fuga dai negozi”. Chi
riesce vende. Altri cercano di uscirne alla meno peggio. Si
susseguono proclami del tipo: <Pago oltre 1700 euro al mese per
90 metri quadrati, neanche in centro città>. <Pago 900 euro al
mese per 35 mq….).
Oppure ha chiuso questo o quel negozio e giù l’elenco. Gli
illusionisti, bamboccioni del momento (magari dopo aver fallito
nella carica di presidente di categoria, dopo essersi distinti
per saltimbanchi, dopo aver beneficiato di cariche pubbliche e
concessioni pubbliche, estese a famigliari) si prodigano per
farci sapere che, ad
Alassio, sono in arrivo decine di nuovi negozi di lusso.
Certo l’ottimismo è una linfa, purchè non sia quello che molti
albergatori hanno già vissuto sulla loro pelle.
Cosa è
successo? Mentre c’è chi ha continuato a lottare, rischiare,
rinnovare, altri (persino presidenti di associazioni locali),
grazie alla posizione ricoperta, hanno brigato per vendere
l’immobile-albergo. Hanno incassato (una quota in nero) e sono
“scappati” con il bottino miliardario. Spariti dalle cronache. Al
posto dell’albergo ci hanno offerto monolocali e bilocali che
restano disabitati 11 mesi all’anno. Leggetevi cosa dichiaravano
questi “paladini” quando ricoprivano presidenze! Le loro
lezioni. Altro che “furbetti del quartierino!” Tutte
notizie che la rassegna stampa delle Associazione di categoria,
da Confcommercio a Confesercenti, Albergatori, Bagni Marini,
Artigiani, la stessa Camera di Commercio, gli enti, può
documentare. Ora da Savona, da Varazze, Alassio, Loano, Pietra,
Finale, Celle, Laigueglia, Ceriale, Albenga. Non c’è problema di
scelta. Del
resto basta fare quattro passi nei centri storici e in alcuni
casi vedere la “desolazione commerciale” (due esempi
significativi a Ceriale e
Borghetto, che già nel 2004 detenevano il record delle seconde case
in base ai dati del censimento del 2001, con 7.747 a Borghetto,
6.641 a Ceriale appena superata da Pietra Ligure con 6.844,
Loano 6.842, Alassio 6.662). Da allora ad oggi, possiamo
aggiungere un buon dieci per certo di incremento, di case vuote. Non è
soltanto un problema di alternarsi di gestioni, cambi di
insegna, negozi sbarrati, in abbandono, altri rinnovati e
ristrutturati. La novità poco conosciuta, o meglio taciuta
(perché?) sono gli ingressi nell’attività di cittadini
extracomunitari. Negozi in pieno centro e sul lungomare che
hanno preso il posto di prestigiosi locali ed attività. Laddove
c’era il simbolo di una tradizione commerciale o famigliare,
troviamo, scopriamo, che si è insediato un cittadino asiatico
che vende “prodotti” da uno a cinque euro. Genere
“nazionalpopolareasiatico”. Il fenomeno è in costante crescita.
Ha molti risvolti, basta fermarsi a parlare con qualche
“testimone” in vena di sfogo e confidenze, di anonimato. Da
quello della “porta accanto” si scopre che il sub-ingresso
nell’attività è avvenuto a “peso d’oro”,
soldi in contanti, affitti ancora maggiorati. Come tirano
avanti, si chiede ancora quello della porta accanto, è un
mistero. Si scopre che anche nel suo negozio, diciamo di scarpe,
con due ingressi (budello e lungomare), si sono presentati
“cittadini stranieri”, con la “ventiquattrore”, per chiedere se
era interessato a cedere. Soldi cash. Nessun problema di
affitto, di garanzie. E’
verissimo, l’ha ricordato
Gianfranco Rigo, consigliere nazionale
della Federazione Italiana Agenti Immobiliari e segretario provinciale
dell’Unione Piccoli Proprietari immobiliari, che <è
il libero mercato
che fa il prezzo e per la locazione commerciale non c’è una
legge come accade con la 431 del 1996 per l’abitativo>. Sarà
un bene visto i risultati pratici della legge sull’equo canone.
E visto cosa succede in altri paesi europei. Eppure
andando avanti di questo passo cosa ne sarà del tessuto
commerciale delle nostre città? Dopo aver “condannato a morte”
il patrimonio alberghiero e ciò che rappresenta nel contesto
turistico ed economico, sociale, seppure per altre ragioni
toccherà alla “catena commerciale” e dei pubblici esercizi? Un
esempio, la prova del nove? Una pizzeria di un centro balneare,
con tanto di manifesto-rivelazione: la pizza margherita
dell’esercente asiatico si può gustare seduti al tavolo a
2,90 euro. Le
cessioni, la nuova realtà, l’esperto
Gianfranco Rigo la
attribuisce al “libero mercato”? Sono proprio sicuri gli agenti
immobiliari ed i piccoli proprietari che questa sia la strada
giusta, la terapia ideale per assicurare un futuro degno di
questo nome ai nostri figli, nipoti, alle generazioni che
seguiranno? Da una
parte si sbandiera che i porticcioli turistici ci vogliono per
rilanciare e riqualificare il territorio, dare nuove possibilità
di sviluppo, dall’altra come nulla fosse si assiste al
proliferare di negozi che dequalificano, di fatto impoveriscono.
Sono la spia vera e non fantasiosa, di un più generale degrado
del vero commercio, della legalità, della convivenza civile,
della gloriosa storia commerciale di tante aziende famigliari. I
Gianfranco Rigo, i
Franco Zino, i Pino Maiellano
possono raccontare quello che vogliono, barzellette comprese
(non sono certo loro i responsabili), ma sottovalutare come sta
accadendo da troppo tempo, non reagire come la situazione
impone, significa andare incontro ad una Caporetto. Dopo quella
alberghiera, è una nuova complicità, insipienza.
Affitti alle stelle, invasione e sconvolgimento del “commercio
fisso”, dopo quello “ambulante” ormai plateale (ai mercati
settimanali la proporzione - frutta, verdura e alimentari
esclusi- è ormai di 8 extracomunitari, a 2 italiani), dovrebbe
mobilitare le coscienze, le associazioni di categoria,
televisione e giornali.
L’informazione “modello
Berlusconi” ci insegna che, secondo chi governa, bisogna
sfornare soprattutto belle notizie. Sarà per questo che sulle
alture imperiesi, a Nava,
c’è un mercato ambulante ogni domenica e tutti extracomunitari.
L’unica bancarella italiana, la si trova saltuariamente.
Consoliamoci. Ogni tanto un articolo di denuncia, un reportage
di Rai-Regione, fuoco di paglia. Poi tutto come prima, in attesa
del finale. Tra discussioni salottiere o da tavolino, tra
cronisti di scrivania.
Luciano Corrado
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