TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni


LA STRADA LASTRICATA DI SASSI:

FALLITO IL “PARTITO ACCHIAPPATUTTI"

 di  Franco Astengo

 

Savona- La crisi del PD è precipitata (improvvisamente, tardivamente, intempestivamente?) e molti commentatori ed analisti stanno esaminando, addirittura, l'eventualità di una scissione, mentre l'improvvisata struttura del partito sembra proprio in difficoltà a fornire, nei tempi giusti, una risposta efficace alla gravità della situazione: reggenza, congresso, assemblea costituente, appaiono tutte soluzioni fragili, incapaci di arrivare al cuore del problema rappresentando lo strumento adatto per costituire la base per quel concetto di “comunità militante” che appare essere l'elemento mancante all'interno di questa formazione politica.

Tutto accade, per non dimenticare, all'interno di una crisi economica internazionale di vastissime dimensioni, di un imbarbarimento progressivo nei rapporti sociali che corrisponde quasi geometricamente alla strutturalità della vittoria della destra, di una fase di attacco agli strumenti della democrazia rappresentativa che arriva a sfiorare l'essenza del dettato costituzionale, per  approdare a quell'idea di “populismo di destra” che corrisponde al potere personale che detiene l'attuale Presidente del Consiglio, in diretta corrispondenza con l'identità di fondo del suo partito oggi – appunto – fortemente maggioritario in tutto il paese.

Non è nostra intenzione esercitarci sull'idea della scissione del PD: tanto più che mai le scissioni, nella sinistra italiana, sono apparse “salvifiche” se non ai loro proponenti.

Sarebbe però il caso di contribuire ad avviare una analisi sulle cause di questo tracollo: per tracollo, tanto per intenderci al meglio, non pensiamo ai dati elettorali, bensì al modo in cui si è arrivati alle dimissioni del segretario nazionale, in un clima evidente di crisi di nervi che corrisponde – altrettanto evidentemente – ad una fragilità congenita del partito derivante, a nostro modesto avviso, non tanto e non solo alla “maionese non riuscita” tra ex-DS ed ex-Margherita come qualcuno ha denunciato (sotto questo aspetto vanno comunque evidenziate alcune dichiarazioni, piuttosto ingenue, di personaggi provenienti dall'antica galassia democristiana che, appunto, pensavano nel PD di ritrovare una sorta di rinnovata DC: dimostrazione della volontà di ignorare una storia profonda e radicata della sinistra italiana, che si pensava di poter annullare dall'oggi al domani all'interno di un non meglio precisato “sogno americano”).

Restando, comunque, ad una analisi strettamente consegnata al terreno politico ci pare di ravvisare un elemento fondamentale che ha determinato questa fragilità congenita e, adesso come adesso, insuperabile: l'idea della “vocazione maggioritaria” e della riduzione a tendenziale bipartitismo un sistema politico, storicamente articolato, come quello italiano.

Una “vocazione maggioritaria” che ha portato ad un uso anomalo di uno strumento come quello delle “primarie”,del tutto stravagante nel nostro panorama, pensando di sostituire il corpo militante proprio con il “popolo delle primarie” e il dibattito politico da articolarsi in diverse sedi decisionali con le “convention”.

L'idea di un partito “acchiappatutti” non tenuto assieme da alcun tipo di collante, né di tipo personale, né di meccanismi basati su realistici incentivi selettivi, né da una capacità di riferimento ad istanza programmatiche non generiche, ma rivolte concretamente – come sarebbe stato necessario- a proporre una alternativa complessiva al neo-liberismo e alla riduzione del rapporto tra politica e società, nel senso del “decisionismo governativista”.

A questo processo negativo ha corrisposto una profonda debolezza della sinistra italiana rimasta fuori dal PD, incapace di assumere una posizione autonoma e trascinata dall'intreccio di ipermovimentismo e ipergovernativismo che ha caratterizzato l'ultima fase di vita di Rifondazione Comunista nel gorgo dell'impossibilità di esprimere una qualche possibilità di rappresentanza politico – istituzionale sul piano generale.

La risposta a questa condizione negativa non può che essere quella della costituzione di un soggetto politico di sinistra, capace di riprendere la tradizione migliore che abbiamo alle spalle, di ragionare in termini di “integrazione di massa” , di “democrazia partecipata”, di “rappresentanza istituzionale”, ponendosi il tema del governo come alternativa, con al centro l'articolazione di un omogeneo sistema di alleanze, realizzabili superando appunto l'illusione dell'autosufficienza e del deserto a sinistra.

L'obiettivo di una soggettività di questo tipo, comporterà il pagamento del prezzo di una scissione del PD?

Non siamo in grado di ipotizzarlo: quello che possiamo affermare per certo è che la fase di transizione che dura da circa vent'anni non si è ancora conclusa, almeno a sinistra, perché non si è voluto tener conto della necessità di esistenza di un partito di sinistra coerente con la propria storia e la propria realtà sociale di riferimento.

Attenzione, tanto per concludere: non basta un partito laburista, anche se il mondo del lavoro (in tutte le sue articolazioni) rimane il privilegiato soggetto di riferimento, serve un modello più ampio, capace davvero di traguardare un progetto di trasformazione complessiva.

Quali sassi lastricheranno la strada per arrivare ad un risultato concreto, in questa direzione? Saranno i sassi di una dura opposizione politica e sociale, lasciando ad altri le nuvole di un sogno velleitario che non corrispondeva al dato di realismo che l'esercizio della politica sempre, doverosamente, impone.

Savona, 20 Febbraio 2009                                                                  Franco Astengo