«Pd, non possiamo "morire di primarie"»
la bufera di albisola, celle e quiliano. intervengono martino, gemelli e lunardon
L'appello di Becce: il confronto torni sui contenuti. Ma il partito è bloccato sul rigido schema ex ds-cattolici
IL SECOLOXIX
Savona. «Non si può morire di primarie, perdendo un pezzo ogni volta». E ancora: «Fermatevi. Tornate a confrontarvi sui contenuti». È un appello in piena regola, quello di Luca Becce: un invito ad uscire dai personalismi e a tornare alla politica vera. Di fronte dello spettacolo che sta andando in scena nella sua città di origine, l'ex politico e amministratore ha scelto di scendere in campo. Cosa accade nel Pd? Le anime laica-ex ds e cattolico-democratica si scannano. Le vicende di Quiliano, Celle e, soprattutto, quanto accade ad Albisola sono eloquenti: a qualcuno appaiono la cartina di tornasole di una "fusione a freddo" che rischia il fallimento. Di più: serpeggia il dubbio che la rigidità dello schema ex ds-cattolici - e, di conseguenza, l'estenuante mediazione che si traduce nella paralisi dei contenuti - uccida nella culla la formazione di una identità condivisa nuova, nella quale abbia parte anche quel mondo riformista che non si riconosce né nella tradizione cattolica né in quella ex comunista. Lasciando campo aperto ai personalismi.
«Ad Albisola si fanno le primarie - dice Becce - per scegliere il candidato sindaco e 2 dei 5 candidati, non premiati dalla competizione, escono dal Pd. Se le primarie sono questo, caro Pd, meglio smetterla subito perché, di questo passo, tra pochi mesi il Pd si sarà estinto, stroncato dal "virus democratico"». Prosegue Becce: «La rottura di Albisola appare come una rottura tra persone. Sembra che sul territorio si stia affermando l'idea che nel Pd si sta solo se prevale la propria visione». Sottolinea: «Ho svolto attività politica e amministrativa ad Albisola dal 1975 al 1995. La giunta di cui ho fatto parte, dal 1992 al 1995, nella quale sedevano anche Nello Parodi e Massimo Trogu, credo sia stata la fucina dalla quale è nata la maggioranza che ha governato Albisola sino ad oggi. Qui c'è il paradosso: proprio ora che si sta nello stesso partito, si concretizza la rottura? A nessuno dei contendenti sfugge che questa è la strada della sconfitta sicura, ma per autodistruzione». Tuttavia, Becce è convinto che la catastrofe non sia inevitabile: «Credo che quell'unica possibilità risieda nella esplicitazione vera dei punti politici, programmatici di ciascuno, evidentemente non emersi dalle primarie albisolesi. Se si è lavorato insieme sino ad oggi, come possono esistere improvvise differenze inconciliabili? Provate a dirvi tutto in pubblico, davanti a chi ha a cuore le sorti di Albisola. Chi vince le primarie non vince solo per se stesso; chi perde, deve comunque dare il proprio contributo. Se così non è, se questo patto non ha funzionato, meglio riconsiderare il percorso».
Il dibattito è aperto. Luca Martino (responsabile enti locali del Pd) e Alessandra Gemelli (coordinatrice del Pd albisolese), attaccano il dimissionario Guido Di Fabio e dicono che il Pd non è un autobus da cui scendere e salire in base alle proprie convenienze. «La scelta di dimettersi è immotivata e molto grave dal punto di vista politico. Il Pd è il progetto politico che ha innovato la scena politica italiana con l'obiettivo di unire i diversi riformismi: il riformismo laico e della sinistra e il riformismo di matrice cattolico-democratica. Le primarie sono lo strumento democratico che il Pd ha individuato per scegliere i candidati da presentare alle elezioni». Proseguono: «Ad Albisola è accaduto esattamente questo». E poi: «Il presupposto fortemente affermato da tutti i candidati era la comune volontà a contribuire al confronto di idee delle primarie per poi sostenere con forza il candidato prescelto dagli elettori del Pd. Per questo la scelta di Di Fabio è grave, perché tradisce gli elettori, innanzitutto quelli che hanno votato per lui alle primarie». Per sciogliere ogni dubbio, aggiungono: «È chiaro il peso e la rilevanza politica della cultura cattolico democratica, che avrà un ruolo decisivo nella definizione della proposta programmatica e nella costruzione della squadra di governo». E tuttavia proprio questo sembra essere il nervo scoperto: lo schema dei continui pesi e contrappesi tra laici e cattolici che blocca una nuova sintesi. Il segretario provinciale Giovanni Lunardon: «Le primarie non sono la panacea di tutti i mali, non sostituiscono la politica, e tuttavia le primarie sono un potente mezzo per conferire forza alla scelta di una nuova classe dirigente. Ma certo chi perde si impegna a rispettare l'esito della competizione e a sostenere il vincitore». Aggiunge Lunardon: «La vicenda albisolese tuttavia mette in evidenza non il buono o il cattivo funzionamento delle primarie, ma un nervo scoperto della politica oggi: come e perché si aderisce ad un partito. C'è qualcosa in questo atto così importante che va oltre le pur legittime ambizioni personali o finisce tutto lì? Questa è esattamente la sfida del Pd. Il tentativo di ridare un senso alla politica a partire non tanto da un programma ma da un pensiero nuovo». Sottolinea: «Per fare questo c'è bisogno di tempo, di fatica, di pazienza e di un nuovo idealismo per costruire oltre il tunnel della lunga transizione italiana una moderna identità collettiva per una nuova generazione di riformisti. In questo tentativo non serve il piccolo cabotaggio così come è vano cercare di tenere tutto perché la rete non si spezzi. Serve il coraggio di nuovi pensieri lunghi, il coraggio di lasciare indietro la nostalgia per partiti che non ci sono più per investire sul futuro». Conclude il segretario: «Ad Albisola si può ripartire. Ma sarebbe un passo falso farlo rinnegando le primarie. Consapevoli che discutiamo della prossima amministrazione ma anche della nuova casa, per nulla transitoria, dei riformisti italiani».
Antonella Granero
Di fabio, dimissioni polemichesu quiliano si spacca il prc
in consiglio comunale
Albisola. L'ultima frattura nel consiglio comunale di Albisola si è consumata l'altra sera, quando il vicesindaco Guido Di Fabio ha rassegnato fra le polemiche le sue dimissioni, restituendo le deleghe, abbandonando la giunta del sindaco Lionello Parodi e passando nel Gruppo misto con l'obiettivo di votare a seconda delle pratiche in esame senza seguire le linee dell'amministrazione.
Ma la decisione di Di Fabio (che segue di poche settimane il clamoroso addio al Pd da parte di Massimo Trogu e arriva dopo la sconfitta alle primarie che hanno incoronato Luigi Cameirano come candidato del Pd) ha scatenato la dura risposta da parte di Luca Martino, responsabile enti locali del Pd, e di Alessandra Gemelli, coordinatrice del circolo albisolese (vedi a lato).
«Dietro la nuova immagine che il Pd si era dato - ha detto Di Fabio in consiglio - non sono stati perseguiti quegli obiettivi di cambiamento e di apertura verso i cittadini. Non assumendosi la responsabilità del suo ruolo di garante, il sindaco ha fatto sì che si evidenziassero vecchi metodi e strategie che nulla hanno a che vedere con il bene di Albisola, ma che rappresentano un numero ristretto di personaggi politici che i cittadini non vogliono più».
Nel corso del consiglio comunale si è proceduto anche con la surroga del consigliere di maggioranza Pietro Carlo Mazza, che aveva presentato le dimissioni. Al suo posto ha fatto il suo debutto nel parlamentino albisolese Marco Roselli, primo dei non eletti.
Intanto a Quiliano il candidato designato dal Pd, Alberto Ferrando, potrebbe ricevere l'appoggio di Rifondazione comunista. Le trattative fra i due gruppi per valutare eventuali punti di contatto nel programma erano iniziate tempo fa e sono tuttora in corso. Ma sulla questione intervengono il segretario provinciale, Marco Ravera, e la responsabile enti locali del Prc, Giuliana Cornetti: «Teniamo a precisare che il Prc ad oggi non ha siglato alcun accordo elettorale con il Pd a sostegno della candidatura di Ferrando. Un'eventualità che difficilmente si concretizzerà considerato l'orientamento del Partito Democratico su scala provinciale sempre più volto al centro».
G. V.