TRUCIOLI SAVONESI spazio di riflessione per Savona e dintorni VOTO
DI SFIDUCIA
Sere fa, ad un talk
show di Bloomberg TV, erano presenti personaggi al massimo livello del
nostro mondo politico e industrial-finanziario: il ministro Sacconi e vari
CEO, come Tronchetti-Provera, Passera, Bernabè, Colaninno, nonché
cattedratici universitari. Tutti esponevano senza titubanze i propri punti
di vista, comunicando grande competenza e professionalità. Sino a un paio
d’anni fa, avrebbero ispirato una fiducia nel loro talento ai limiti della
fede.
Oggi però, come in
un universo parallelo, dietro lo schermo scorrevano le mie immagini mentali
di altri CEO d’Oltreatlantico, recentemente precipitati, in un voto di
sfiducia collettiva, dalle stelle di sontuosi uffici
corporate
alle stalle di audizioni davanti al Senato e al FBI, dove, con
la bocca secca, sono stati chiamati a discolparsi di reati moralmente, se
non legalmente, gravissimi, materializzati in quelle armi di distruzione
finanziaria di massa che sono i derivati.
Spenta
M- Esattamente.
Specie in questi mesi di crisi, s’è intensificata la lotta tra chi ha dei
fondi propri da buttare nell’arena e rinnovarsi, mettendo in difficoltà chi
invece ha scarso accesso al credito. Si determina così una lotta impari, di
Davide contro Golia.
B- Posso intuire
che lei questo accesso al credito non ce l’abbia…
M- Proprio per
questo sono qui. Ho sconfinato qualche volta dal fido e le banche mi hanno
chiuso i rubinetti.
B- Ormai le banche
sono tutte collegate ad una centrale rischi; e se uno sgarra con una,
automaticamente si bloccano anche tutte le altre.
M- Agite in branco,
in altre parole.
B- Diciamo che ci
tuteliamo a vicenda. Ma per chi si trova nelle sue condizioni ci sono le
finanziarie.
M- Già è difficile
non far fallimento con gli interessi di un mutuo bancario; figurarsi con
quelli delle finanziarie. Marciano sul 15%, se va bene, a stretta ruota del
TAEG. Chi vi ricorre ha molte più probabilità di avviarsi verso la chiusura.
B- Vedo però dal
suo profilo che i suoi genitori vivono in casa di proprietà.
M- Sì, al mio
paese. Ma come faccio a chiedergli di metterla in gioco, alla loro età, con
un’ipoteca?
B- Onestamente,
caro signore, non vedo alternative. O si impegna la casa avita o dovremo
darle risposta negativa.
M- A questo punto
non posso fare a meno di farle una domanda: voi mi chiedete una garanzia per
prestarmi centomila euro. Ma questi soldi, voi li avete?
B- Ma come si
permette? Siamo una delle primarie banche italiane…
M- Primaria o meno,
la vicenda dei mutui
subprime mi ha spinto ad informarmi un
po’ sul vostro conto; come fate voi sul mio, del resto.
B- Ah, bella
questa! Lei vuol dunque mettersi alla pari con una banca? Ma se non ha
nemmeno i soldi per tirare a fine mese! Mi scusi, sa…
M- Se è per questo,
voi non li avete neanche per arrivare al due del mese: prestate 100 quando
avete in cassa 2. E soldi neppure vostri, ma dei vostri depositanti.
B- Lei sta
superando ogni limite. Abbiamo fior di capitale sociale alle spalle che,
altro che il suo misero mutuo!
M- Come mai allora
la vostra capitalizzazione in Borsa è franata a livelli infimi? Non sarà
perché gli investitori sono bruscamente passati dalla fede di ieri alla
sfiducia di oggi, tanto da fidarsi ormai solo della garanzia dello Stato? Le
dice nulla la corsa verso beni rifugio come l’oro e i titoli di Stato?
B- È di dominio
pubblico che nessuna banca al mondo può reggere davanti ad una corsa agli
sportelli. Proprio come in Borsa, se tutti si mettono a vendere.
M- Questo proprio
perché la vostra ingordigia vi ha fatto abbassare la riserva frazionaria ad
un valore simbolico, con una leva di 50, come ho già detto, rispetto a
quanto avete in cassa come depositi dei clienti.
B- Le piaccia o no,
questo è il modo di operare di tutte le banche, ed è del tutto legale.
M- È legale come
tutto ciò che è conforme alle leggi varate dal Parlamento, certo. Ma è
discutibile se sia altrettanto lecito, secondo morale.
B- Cosa ci sarebbe
di immorale, secondo lei?
M- Che non c’è
parità contrattuale tra i due contraenti. Non c’è pari responsabilità. A me
chiedete in pegno la mia casa, mentre voi non mettete in gioco nulla di
solido a garanzia. Prova ne sia che, se tutti vi chiedessero il riscatto,
andreste in bancarotta: me l’ha appena confermato. Se invece noi mutuatari,
magari in massa per una recessione innescata proprio dalla vostra
insolvenza, non riusciamo a pagare le rate, non esitate a fare una raffica
di esecuzioni impossessandovi di migliaia di alloggi e trasformando così il
nulla che avete finto di darci in ricchezza solida. Vi è riuscito così di
imitare Gesù, quando trasformò l’acqua in vino. Un vero miracolo, ma a
nostre spese; per cui lo chiamerei più propriamente usurpazione.
B- Vedo che,
aspettandosi un rifiuto, s’è preparato un bel discorsetto; preso magari da
Internet, che ormai ospita sempre più idee balzane del genere. Ma ora le
dico io una cosa: il suo ragionamento porta solo al dissesto economico e
sociale.
M- Ah sì? E in che
modo?
B- Semplicemente
con la prassi che si instaurerebbe, di chiedere prestiti alle banche per poi
non pagarli, tenendosi però la proprietà di quanto si è acquistato, anzi
direi rubato, con quei prestiti: che so, un’auto, una vacanza, una casa.
Sarebbe il regno di bengodi, come quello di Pinocchio. Ma quanto durerebbe?
M- Questo infatti è
quanto gli americani si sono illusi di poter fare per oltre un ventennio,
stimolati a farlo proprio dalle loro banche. La mia risposta parte da quanto
ho già detto: che i prestiti devono avvenire in condizioni di parità.
Prestate solo quello che avete. E allora avrete tutti i diritti di chiedere
anche a me un sottostante a garanzia.
B- In questo modo,
lo sviluppo degli ultimi decenni non avrebbe potuto aver luogo, per penuria
di liquidità.
M- Infatti, ci
siamo sovraesposti e oggi ne paghiamo le conseguenze; o meglio voi vorreste
che fossimo noi tutti a pagarle anche per voi. E poi, lo chiama sviluppo
quello degli ultimi 20-30 anni? Fatto ipotecando coi debiti, anche verso la
natura, il futuro nostro e dei nostri figli? Attingendo al potere d’acquisto
e al patrimonio di noi tutti? Un’economia a debito perenne, su cui voi
ingrassate, è tanto più perversa quanto più è gravata di quegli interessi
che voi lucrate, in aggiunta ad un capitale che non avevate e che viene
estratto dal patrimonio nazionale, parte grazie al lavoro da noi svolto per
produrlo, parte ingenerando inflazione.
B- Quindi lei ci dà
dei parassiti. Intanto lei però è qui a chiedermi un prestito, smentendo i
suoi stessi sofismi. Questa banca non ha i soldi che lei mi chiede, giusto?
Quindi, niente prestito, mi dispiace.
M- Infatti, io sono
costretto a rivolgermi a chi è abilitato, da norme di privilegio, a
concedere prestiti, sia pure fasulli. Non ho altra scelta.
B- Allora, alla
fine viene nel mio carruggio…
M- Certo,
l’alternativa sarebbe la chiusura della mia attività e la disoccupazione.
Ergo, adeguarsi o perire.
B- Allora non sputi
sul piatto dove mangia…
M- O dove vorrei
mangiare, visto che mi nega di farlo. Aggiungo soltanto che il credito è una
funzione vitale dell’economia e non dovrebbe esser lasciato in mani private.
Dovrebbe essere di competenza dello Stato, con interessi legali. E pubblica
dovrebbe essere la moneta, senza che lo Stato paghi interessi a chicchessia.
Solo così lo Stato cesserebbe di essere il vostro esattore, attraverso le
tasse, in buona parte devolute per pagarvi gli interessi su un debito
pubblico costruito ad arte per fare i banchieri sempre più ricchi e la gente
sempre più loro succube e spremuta dal fisco, che le divora sette mesi di
lavoro su dodici. E io non sarei ora qui ad elemosinare un prestito, per poi
pagarvi due volte: con le rate del mutuo e con le tasse.
Marco
Giacinto Pellifroni
18 gennaio 2009 |