versione stampabile

DENARO PER TUTTI A TASSO ZERO

  Marco Giacinto Pellifroni

 

Marco Giacinto Pellifroni

…e che la festa ricominci! Ecco l’ultima cartuccia della Federal Reserve americana: ultima non solo in ordine di tempo, ma in quanto non gliene restano altre in canna. Rimando per i dettagli alla mia traduzione dell’articolo di Matthias Chang, su questo stesso numero di Trucioli. Lungo, ma altrettanto istruttivo.

In sostanza, prendere dollari in prestito negli USA costa ormai poco più di zero, in aperta concorrenza con lo yen giapponese, la cui Banca Centrale ha recentemente tagliato il tasso di sconto allo 0,1%.

 

Sullo yen si è determinato, dai primi anni ’90, il fenomeno del carry trade, praticato dai grandi speculatori, istituzionali o meno: accendere prestiti in yen per trasferirli in nazioni dove il denaro rendeva di più e intascare la differenza. Ora si potrà fare lo stesso con il dollaro, prendendolo in America e investendolo altrove con maggior profitto.

Contro la speculazione, in termini generali, sono tutti concordi nella condanna. Ma non dobbiamo sottovalutare i rischi che sempre le sono connessi, con premi o perdite proporzionali al grado di rischio. Nel caso del carry trade, l’azzardo è legato a possibili quanto repentine rivalutazioni della moneta d’origine. Se, in prossimità della scadenza del prestito, lo yen si rivaluta, sono dolori: perché la restituzione va fatta in questa valuta, e si è costretti a comprarla a qualsiasi prezzo, per coprire il debito.

Qualcosa di analogo valeva per le vendite allo scoperto (short selling, oggi vietato negli USA), specie se naked, ossia in mancanza del titolo che si è finto di essersi fatti prestare oggi, per poi renderlo domani, puntando sul suo ribasso alla data della restituzione. Se il titolo, contrariamente alle aspettative, invece di deprezzarsi si rivaluta, non ci sono limiti al prezzo che si sarà costretti a pagare per poterlo restituire entro i termini contrattuali e non finire insolventi.

Vittima di questo trabocchetto è stato in questi giorni Adolf Merckle, uno dei maggiori businessman della Germania, suicida dopo essersi giocato il risultato di una vita di ripetuti successi imprenditoriali puntando un patrimonio sul ribasso della Volkswagen; le cui azioni però risalirono improvvisamente, dopo l’acquisizione massiccia da parte della Porsche. Merckle è uno dei tanti imprenditori, anche italiani, che negli ultimi anni si sono lasciati sedurre dalle sirene finanziarie, abbandonando la solidità dell’economia reale, con i ben noti risultati.

Nel mondo finanziario i movimenti repentini, in entrambi i sensi, sono delle mine in cui chiunque può inciampare, senza preavviso alcuno. Si pensi a quante lacrime e sangue è costato il brusco calo del prezzo dei prodotti energetici anche a società di comprovata solidità, e addirittura a Stati, come quelli mediorientali, Russia, Venezuela ed altri, la cui recente prosperità gravitava su quotazioni del petrolio e del gas in costante ascesa, per poi crollare a un quarto del loro valore nel giro di un trimestre, con conseguenti crolli in borsa, fughe di capitali, svalutazioni, asfissia del credito.  


Adolf Merckle
Se il prezzo eccessivo delle materie prime energetiche aveva penalizzato a breve termine le economie di tutte le nazioni, specie occidentali, che da esse dipendono pesantemente, d’altro canto ne avevano ricevuto una spinta verso la ricerca e lo sviluppo di fonti alternative, ben più pressante delle decennali perorazioni in tal senso che venivano dal mondo ambientalista, visto sempre e soltanto come Cassandra.
Ora, col greggio precipitato da $ 140 a 40, alcuni si sono forse illusi che il nostro stile di vita possa continuare come prima, e che gli eventi della prima metà del 2008 siano stati solo un breve incubo, senza sensibili conseguenze: basti pensare alla ripresa di vendita di SUV e pickup negli USA grazie al prezzo alla pompa tornato a valori del 2006.

 Eppure, la ricerca e lo sviluppo di fonti alternative sarebbe un poderoso traino di nuova forza lavoro, e rientra(va?) nei programmi del presidente USA eletto Barack Obama; e i prezzi alle stelle del greggio erano un potente incentivo a mettere in pratica questi propositi. Oggi, invece, hanno subito un notevole rallentamento, esteso persino alle ricerche di nuovi giacimenti petroliferi, che non sono convenienti quando il greggio scende sotto i $ 70-90 al barile.

Come si vede, se non era un bene il greggio troppo alto, non lo è neppure il suo contrario. E l’accoppiata tra petrolio a buon mercato e denaro a costo zero punta nella stessa direzione che ha determinato le bolle precedenti, specie le ultime due, alimentatesi a vicenda: immobiliare e finanziaria. Ma la risposta potrebbe essere simile a quella del Giappone, con la gente che non consuma e che risparmia, anche con tassi di interesse bassissimi. 

Studiare con occhio critico le quotazioni delle materie prime  energetiche aiuta anche a leggere in chiave diversa certi avvenimenti: ad esempio la disputa Russia-Ucraina lascia trapelare la riluttanza della Russia a vendere il suo gas a questi prezzi di mercato, lasciandolo nel sottosuolo fino a tempi migliori; o la campagna mediatica mondiale sui mutamenti climatici, per inserire tra le energie “alternative” anche il nucleare (il cui calore di scarto andrebbe comunque ad aggiungersi a quello delle esistenti e nuove centrali termoelettriche convenzionali, rimanendo intrappolato dalla coltre di CO2 prodotta da queste ultime).*

L’articolo di Chang e notizie similari da altre fonti lasciano temere che la successiva, estrema opzione cui i Prestasoldi Occulti potrebbero ricorrere, per rimettere in moto un’economia che non voglia saperne di indebitarsi nuovamente, sia un tipo di “bolla” molto sui generis: quella di una guerra di vasto raggio, ossia l’opzione “di ultima istanza”, che consenta di distruggere per poi ricostruire, grazie a loro massicci prestiti a interesse, nonché per mettere a punto quella pulizia etnica che dia un drastico taglio al numero di esseri umani sul pianeta.

L’orrore che si sta consumando a Gaza, progettato a tavolino 6 mesi prima e attuato con bombardamenti anche con armi proibite** su popolazioni civili inermi, ha tra i motivi immediati il sequestro dei giacimenti di gas nel mare prospiciente la striscia di Gaza, sottraendone i proventi ai poveri palestinesi, loro legittimi proprietari***; ma sembra anche una sorta di anteprima di quello che i Prestasoldi Ombra, in gran parte ebrei, stanno allestendo per perpetuare la loro presa sul mondo, indifferenti e anzi ben felici dell’alto prezzo in vite umane che il loro piano ci costerà. Non ci resta che pregare per un bis del processo di Norimberga. Per loro, stavolta. Nonché per Bush, Cheney e compari neocon.

 

 

Marco Giacinto Pellifroni                                                          11 gennaio 2009

 

 *http://www.legambiente.eu/associazione/rassegnaStampa/articolo.php?id=6069. Questo articolo, apparso su La Stampa del 7/01/2009, non conferma il catastrofismo climatico sin qui sbandierato. E non lo conferma neppure l’attuale rigido inverno. A questo punto, non resta che sospendere prudenzialmente il giudizio, in ambedue i sensi

 

** Foto pubblicata dal Times di Londra: Israele usa bombe al fosforo bianco, vietate dal diritto internazionale.

*** Vedi l’articolo “War and Natural Gas: The Israeli Invasion and Gaza's Offshore Gas Fields di Michel Chossudovsky su: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=11680