TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni
SALVATAGGI AZIENDALI: UNA PATOLOGIA
(Bailout
Fatigue Sindrome)
Il capitalismo
americano s’è rotto; almeno un po’ rotto. Qualcuno ricorderà la
storiella degli anni ’80 sul water-closet acquistato dal Pentagono a
$ 600. Storiella apocrifa, ma che divenne un simbolo
dell’inettitudine e nella grandeur degli organi governativi. Se i
rappresentanti da noi eletti, pensava il pubblico di allora,
sperpera $ 600 per un w-c, in quanti altri modi queste teste vuote
saranno capaci di sperperare i soldi dei contribuenti?
Ci fu, all’epoca,
una grande e diffusa indignazione per numerosi altri, e purtroppo
veri, modi di dissipare il denaro pubblico che vennero via via alla
luce. Questo in quanto all’epoca il governo qualche volta riusciva
persino a non sforare il budget e gli stessi americani facevano
altrettanto, spendendo meno di quanto guadagnavano; e le società
finanziarie mal gestite finivano talvolta per fallire e i CEO
colpevoli di truffaldina negligenza ricevevano il benservito anziché
stipendi multi-milionari.
Oggi, invece, il
Pentagono potrebbe davvero spendere $ 600 per un w-c e nessuno
farebbe una piega. Infatti, la maggior parte di noi contribuenti
approverebbe con sollievo la spesa di $ 6oo per dotare di w-c ogni
nostro rappresentante a Washington, se, in cambio, il Ministero del
Tesoro la smettesse di regalare miliardi di dollari a società
finanziarie meritevoli soltanto di finire giù per lo sciacquone
degli stessi w-c, mentre pagano centinaia di migliaia di dollari in
trattamenti termali per i loro
top executive.
Ma non basta.
Quegli stessi executive
che hanno “hiroshimizzato” il sistema finanziario americano,
riducendolo a un cumulo di rovine fumanti, fanno ora la fila per
ricevere miliardi di dollari di
bonus pagati coi nostri
soldi.
Questa è
un’impudenza di dimensioni epiche, persino per Wall Street.
L’elite di Wall
Street ha trascorso tanti anni ad abbeverarsi alla mangiatoia dei
suoi clienti ed azionisti che proprio non riesce a perdere il vizio.
Costoro
dimenticano che un bonus l’hanno già avuto: il mantenimento del loro
posto di lavoro, grazie ai soldi dei contribuenti. E questo è già un
bonus straordinario. Cosa
ne direbbero di un po’ di gratitudine, persino di un briciolo di
umiltà?
A titolo
illustrativo, prendiamo un
top executive a caso, Chuck Prince, CEO di Citigroup [massima
banca mondiale prima del crollo] dal 2003 all’anno scorso. In
questi anni, egli ha presieduto alla costruzione di quel castello di
carte che sarebbe poi rovinosamente crollato. Mentre si avvertivano
i primi scricchiolii e Prince dichiarava di assumersi la “piena
responsabilità” delle prime perdite di capitale, lo stesso si
intestava un assegno di $ 38 milioni e lo metteva all’incasso nella
sua stessa banca!
Mentre le perdite
di Citi sfondavano i miliardi di dollari, i milioni sul conto di
Chuck continuavano, e continuano, a fruttargli interessi. Qui c’è
davvero qualcosa che non funziona.
Certo, Chuck non
ha l’obbligo legale di rendere quei soldi agli azionisti e/o ai
dipendenti di Citi… solo un obbligo morale, e gigantesco. In altre
parole, non c’è un particolare motivo per cui egli debba
riconsegnare il denaro preso, se non quello che, in primo luogo, non
se l’è meritato.
Prince dovrebbe
sentirsi obbligato a rendere quel denaro agli impiegati che hanno
perso il proprio posto. Un rapido conto ci dice che, restituendo il
maltolto di $ 38 milioni, egli potrebbe staccare un assegno di $ 730
ai 52.000 lavoratori di Citi in procinto di ricevere una lettera di
licenziamento. Un Buon Natale a tutti da san Chuck!
Ovvero, egli
potrebbe tenersi i suoi soldi, come hanno fatto tutti gli altri
“criminalmente negligenti” CEO suoi pari. Ma se errare è umano,
tenersi dei soldi non meritati è altamente disumano. Ma chi lo sa,
forse anch’io farei altrettanto: dopotutto, anche se $ 38 milioni
non valgono più come una volta, ci puoi sempre comprare un sacco di
palle da golf [passatempo
preferito da Chuck]!
Un mio caro amico
guadagna, come ricercatore scientifico nella lotta al diabete, $
42.000 l’anno. Il suo contributo alla società non è forse
essenziale, ma ha comunque il suo peso: certamente maggiore del
contributo sociale collettivo dei 50 più pagati CEO in
altrettante società finanziarie di Wall Street.
Altrimenti detto,
se i top guns di W-S
domani si mettessero in fila per il pane –magari con sopra il
caviale- il mondo non ne soffrirebbe minimamente. Naturalmente, lo
stesso potrebbe dirsi di molte altre professioni, inclusa la mia [analista
finanziario]. Ma la differenza tra la maggior parte di noi e dei top guns di W-S è che noi non abbiamo concorso alla disfatta che ha distrutto il benessere economico di milioni di individui, né andiamo piagnucolanti a pretendere che le nostre rovinose pagliacciate finanziarie meritino bonus multi-milionari.
Eric J. Fry
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