TRENODIA PER DANIEL BEC
Ancora al di qua del tempo senza tempo
al di qua dell’ultima linea d’ombra
(per citare uno dei tuoi autori più cari)
e del mare di bogliente vetro
e della fiamma di quel fuoco che ci affina
e dello stretto pertugio che hai attraversato
di quella foce o abisso o valico che ci
attende
alla fine del nostro breve o lungo viaggio
onde
cotanto ragionammo insieme
ancora ti parlo come se tu mi potessi
udire, amico, amico mio mille volte
perduto e sempre ritrovato nei momenti
in bilico tra speranza e disperazione,
ora tu vivi come in un sogno
oltre lo specchio opaco e terso,
atro e smagliante, umano e divino
di questa terra con i suoi fiori e frutti
meravigliosi e talora avvelenati.
E da nutrimenti terrestri e celesti
così impastati di piacere e dolore
in ogni cellula e fibra
hai tratto linfa per dipingere illuminazioni,
hai temprato il tuo stile
nel quotidiano esercizio di una pittura
severa, casta, essenziale nel suo tormentato
delirio poietico e amoroso.
Non so dove tu sia ora se non
dove hai impresso il tuo sigillo
d’artista puro e in chi nel ricordo
ti pensa e ancora vede i tuoi gesti esatti
e sente le tue parole rinascere nel sogno.
Non sei dunque nel nulla, amico mio,
non si è spenta la tua voce ancor che
fioca né l’immagine che mi viene
incontro se ti chiamo in silenzio.
No, non sei morto, Daniel,
tu ora vivi sempre giovane e ribelle
come il tuo amato Rimbaud
e ti risvegli felice come la giovane
Parca di Valéry là dove il peso
del corpo doloroso è solo il ricordo
della breve, intensa, indimenticabile
stagione che hai fino in fondo
sofferto e vissuto, amato e condiviso
senza risparmio come se fosse
la tua opera più bella e immortale….
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